Il traffico di Roma? Manca il coraggio. Vietiamo la sosta lungo le strade principali
Manca il coraggio delle decisioni impopolari. Un esempio su tutti: la chiusura alle auto private di via dei Fori Imperiali
Il traffico caotico è da moltissimi anni il problema principale della Capitale, quindi sembra un problema irrisolvibile. Ma è davvero così?
Conoscere le cause e immaginare le soluzioni
Le cause del traffico romano sono molteplici, a partire dalla forma radiale della città, che fa gravitare su un centro, che ospita le più importanti attività amministrative ed economiche, un territorio vastissimo, cresciuto a “macchia di leopardo” e frammentato in tanti quartieri periferici di origine spesso abusiva. Poi la rete di trasporto pubblico, lenta e inefficiente che ha spinto verso il mezzo privato un numero sempre crescente di cittadini, ai quali si sono aggiunte, negli ultimi anni, molte donne lavoratrici che, essendo costrette a svolgere più compiti nell’arco della giornata, sono poco propense, anche per ragioni di sicurezza, a scegliere il trasporto pubblico.
Nodi di scambio e sosta selvaggia
Il resto del problema consiste nell’assenza di nodi di scambio intermodali dove lasciare l’auto per salire sul mezzo pubblico e nelle migliaia di auto parcheggiate lungo i bordi delle vie cittadine che, nelle zone commerciali, vengono ridotte ad angusti budelli dalla doppia fila selvaggia. Alcune di queste cause azzerano la velocità commerciale dei mezzi pubblici di superficie, peraltro scomodi e scadenti, spingendo i cittadini romani verso il mezzo privato, nonostante il crescente costo del carburante. Fanno eccezione le linee metropolitane che però, per le difficoltà e l’alto costo di realizzazione, sono ancora troppo poche per essere decisive.
Automobile comunque
Si pensava che l’impennata del prezzo del carburante avrebbe ridotto il traffico ma non è stato così perché l’automobile continua a essere il mezzo preferito da tutti, con l’eccezione della coraggiosa schiera di coloro che scelgono il disagio e il rischio di recarsi al lavoro con moto e scooter. A questi elementi “strutturali” si sommano i fattori “culturali”: della pigrizia, che induce molti a utilizzare l’automobile anche per spostamenti brevi e la concezione dell’automobile come “status symbol”.
Espiazione quotidiana
Il traffico romano è una sofferenza quotidiana, che diventa insopportabile nei giorni di pioggia o nel periodo natalizio. L’ora di punta è una punizione quotidiana per coloro che percorrono le vie consolari, il GRA, la Tangenziale est, il tratto urbano della Roma – L’Aquila e molte vie tristemente note per essere sempre presenti nel notiziario “Luce Verde” che ripete stancamente la stessa litania di strade bloccate.
Il problema, evidentemente, non è di facile soluzione ma una domanda siamo costretti a farcela: se le cause sono note e se il problema si presenta da decenni nello stesso modo e negli stessi punti critici, come mai nessuno riesce ad affrontarlo? Dobbiamo pensare che Sindaci, assessori, esperti e dirigenti, che si sono avvicendati in questi trent’anni al capezzale della città malata di traffico, siano tutti incapaci? Certo che no.
Amministrazioni pavide o senza idee
Ma se non sono mancate le capacità, cos’è mancato finora? Il coraggio e la perseveranza. Manca il coraggio delle decisioni impopolari che potrebbero attenuare il problema, anche se sono spesso proprio le decisioni impopolari a raggiungere i risultati insperati. Un esempio su tutti: la chiusura alle auto private di via dei Fori Imperiali. Una scelta affrettata, con soluzioni discutibili e danni collaterali per le attività commerciali di via Labicana. Ma oggi le auto non intasano più via dei Fori Imperiali. Lo stesso avvenne, negli anni ’70, con la chiusura alle auto di piazza Navona.
Critiche e lamentele infinite dei commercianti dell’epoca, ma oggi nessuno di loro vorrebbe tornare indietro. Manca dunque il coraggio delle scelte e la perseveranza nell’attuarle, che concretamente significa porsi un obiettivo preciso e irrinunciabile e perseguirlo con tutte le proprie energie, magari con una task force ad esso dedicata. E’ quello che stanno facendo gli amministratori capitolini?
Modificare l’immodificabile
La conformazione della città è difficilmente modificabile per l’alto costo che comporta, come dimostra il fallimento dello SDO (sistema direzionale orientale) idea guida del vecchio Piano Regolatore, che puntava a modificare l’assetto centripeto della città spostando le attività amministrative del centro storico lungo il cosiddetto Asse Attrezzato. Ma intervenire sul posizionamento di molte attività pubbliche che attraggono il traffico spostandole sulle direttrici delle linee di trasporto su ferro sarebbe indispensabile. Come sarebbe indispensabile realizzare, a supporto di questa scelta, una serie di nodi di scambio. Anche liberare le principali vie cittadine dalla sosta sarebbe decisivo, come avviene in molte città del mondo nelle quali la sosta lungo le strade principali è assolutamente vietata. Sono ovviamente città dotate di un servizio di trasporto pubblico efficiente e confortevole e costellate di parcheggi pubblici pluripiano.
Il circolo vizioso da interrompere
A Roma il trasporto pubblico non conviene perché è lento, ma è lento perché circolano troppe auto con una sola persona a bordo e il flusso degli autobus, che viaggiano praticamente vuoti, è ostacolato dalle auto in sosta in doppia e tripla fila. Un circolo vizioso che bisogna interrompere. Servono scelte coraggiose, con soluzioni tecniche e organizzative che favoriscano la fluidificazione del traffico e che da un lato dissuadano dall’uso del mezzo privato e dall’altro offrano alternative valide, come la diffusione a prezzi popolari del car sharing.
Qualche provocazione utile
Forse si dovrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di impedire alle auto con meno di due persone a bordo di raggiungere le zone centrali e semicentrali, inducendo gli automobilisti a condividere mezzo e tragitto. Magari utilizzando una “App” dedicata, come quella di “bla bla car” che per lunghi percorsi mette in connessione utenti registrati al sito che condividono le spese di carburante. Se vuoi raggiungere il centro con la tua auto devi trovare altre persone che condividano il tuo tragitto. Meno auto in circolazione e maggiori relazioni sociali. Idea astrusa? Forse, ma perché non sperimentarla? E in tema di sperimentazione, considerati i bilanci fallimentari dell’ATAC, perché non sperimentare un lungo periodo di gratuità dei mezzi pubblici di superficie per tutti?
Mobility manager e smart working
Lo “smart working” ha reso usuale un’organizzazione del lavoro prima sconosciuta. Qualcuno in Campidoglio sta studiando come ottimizzarlo per ridurre in modo programmato il traffico cittadino? E quante aziende pubbliche si sono dotate in modo efficace ed utile del “mobility manager”, reso obbligatorio dal “Decreto Rilancio” del 2020, per localizzare al meglio il proprio personale, offrire un trasporto collettivo ben organizzato o una flessibilità di orario in grado di ridurre il picco di traffico delle ore di punta?
Costi e benefici
Poi c’è il “pacchetto” delle soluzioni tecniche necessarie a fluidificare il traffico negli incroci più intasati e nei punti meno scorrevoli delle grandi arterie. Attuarle ha un costo? Forse, ma probabilmente è inferiore a quello dei milioni di ore di vita perse nel traffico da migliaia di cittadini; per non parlare del costo dell’inquinamento sulla salute collettiva. L’individualismo elitario del “one man one car” sta uccidendo la Capitale che necessita di scelte che cambino il nostro modo di pensare e di vivere la città, utilizzando le opportunità offerte dalla tecnologia e dai mutamenti sociali, con idee innovative e coraggiose. Incluso il ritorno alle relazioni umane degli anni ’60 quando i mezzi pubblici affollati erano anche luoghi di incontro e di vivaci discussioni. L’inizio del cambiamento è sempre faticoso ma alla fine porta un vantaggio per tutti. Chissà se il Sindaco Gualtieri è d’accordo o preferisce la serena sonnolenza dello status quo.