Il violino nero, Maxence Fermine
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
La trilogia dei colori di Maxence Fermine sono tre volumetti: il primo è bianco, come la neve e la poesia giapponese di bellezza sorprendente; il secondo è nero, come l’intensa musica di un violino e gli occhi di una donna; il terzo è oro, come il sole e il sogno folle di un apicoltore.
Azzardando dei denominatori comuni, in tutti e tre i libri vi è un uomo che segue una passione, una donna misteriosa, un amore difficile da realizzare, e un secondo uomo la cui storia va ad intrecciarsi con quella del primo.
Ambientato alla fine del ‘700, Il violino nero è la storia di Johannes Karelski, un giovane e virtuoso violinista francese con una curiosa inclinazione dello spirito che talvolta rasenta la follia. Fin dal suo primo concerto che tiene nella chiesa di Saint Louis-en-l’Ile a Parigi, si dimostra un bambino prodigio e diventa ben presto famoso. Ma da quel momento in poi inizia a sentirsi così solo, avvolto dal fumo della solitudine, della gioia incompresa e dell’inquietudine di chi conosce se stesso e vorrebbe esprimerlo nell’unico modo che conosce: la musica. E’ costretto a smettere di prendere le lezioni, i maestri sono sorpresi ma sanno di non potergli insegnare ciò che già sa: quando Johannes poggia l’archetto sul suo violino diventa un tutt’uno con lo strumento e lo sente vibrare dentro di sé.
Appena ventenne viene chiamato a combattere nella Campagna d’Italia voluta da Napoleone, nel corso della quale rimane ferito e impara a sue spese la bruttezza e la crudeltà della guerra. Presidiando la maestosa e sfarzosa Venezia conosce Erasmus, un vecchio liutaio che lo accoglie e lo cura. Erasmus è cresciuto nella bottega dei mitici Stradivari e dedica la vita all’ebbrezza che gli procurano le sue passioni: la mattina fabbrica o restaura violini, il pomeriggio distilla grappa, la sera gioca a scacchi. E’ proprio in casa sua che Johannes vede appeso un piccolo capolavoro di ebano, il violino nero, che porta con sé un terribile segreto, una storia di mistero e magia, di amore e di dolore. Durante una partita a scacchi giocata su una preziosa scacchiera, Erasmus racconta a Johannes di Carla Farenti, una giovane nobile veneziana, nota per esprimere in un canto dalle divine sonorità la profonda innocenza della sua anima, con una voce da soprano mai udita da orecchio umano. L’amore ossessionante e la volontà di risentire la voce incantatrice di una donna che lui, semplice liutaio, non potrà mai avere, fanno sì che Erasmus costruisca uno splendido violino nero come gli occhi e la chioma di Carla, in un’appassionata e diabolica scommessa con se stesso e la sua arte: trasformare la musica in vita. La favola oscura e nera come l’ebano accomunerà i due uomini…
“Voi l’avete mai suonato?”
“Solo una volta. Tanto tempo fa. Da allora non l’ho più toccato. E’ come l’amore. Quando hai amato una volta – e mi riferisco all’amore vero, al grande amore – fai di tutto per dimenticartene. Non c’è niente di peggio che esser stati felici una volta nella vita. Da quel momento in poi tutto il resto ti rende infelice, anche le cose più insignificanti”.