Immaginiamo Roma senza traffico privato. Ecco le città che ci stanno già provando
L’idea di una città che rinuncia al traffico privato, o lo riduce a numeri simbolici, è già realtà in molte capitali europee. Ma Roma è Roma

Roma, via Fori Imperiali
Roma ha un suono preciso. Non è solo quello delle campane che rintoccano a Trastevere, o dei passi che risuonano sulla pietra dell’Appia Antica. È anche — e forse soprattutto — il rumore sordo e costante delle auto. Quelle ferme in coda sul Lungotevere, quelle parcheggiate (male) sotto le chiese del centro, quelle che attraversano le piazze storiche come se fossero corsie preferenziali. Roma è una città bellissima, ma soffocata. E immaginare una Roma senza traffico privato non è un esercizio di stile: è un’ipotesi sempre più necessaria.
Il progetto Capitale: città sostenibile, vivibile, condivisa
L’idea di una città che rinuncia gradualmente al traffico privato, o lo riduce a numeri simbolici, è già realtà in molte capitali europee. Ma Roma è Roma: 1.300 km² di estensione, decine di quartieri cresciuti senza pianificazione, una rete del trasporto pubblico da tempo sotto pressione, e un’eredità monumentale che condiziona ogni singolo scavo o tracciato. Eppure, proprio per questo, la sfida è interessante.
Un progetto di città sostenibile a Roma, oggi, dovrebbe puntare non solo sull’infrastruttura, ma soprattutto sulla cultura. Una rivoluzione gentile, fatta di scelte quotidiane: meno auto, più trasporto collettivo; meno velocità, più presenza. Questo non vuol dire eliminare del tutto la mobilità privata — almeno non subito — ma ripensarla radicalmente. E farlo a misura di quartiere, di cittadino, di turista, di studente, di genitore.
Se sparissero le auto: cosa accadrebbe, davvero?
Proviamo a immaginarla, questa Roma del futuro prossimo. I vicoli del centro tornerebbero a essere percorsi da chi cammina o pedala. Niente più sirene in lontananza, clacson esasperati o motorini che sfiorano i tavolini. Le piazze riprenderebbero il loro ruolo originario: luoghi di incontro e sosta, e non solo crocevia per chi deve attraversarle.
Le scuole sarebbero raggiunte a piedi o in bicicletta, con marciapiedi larghi e protetti. I bambini, forse, tornerebbero a giocare sotto casa. I percorsi tra una basilica e un museo diventerebbero più fluidi, accessibili, silenziosi. Anche i monumenti stessi cambierebbero volto: meno anneriti dai gas, meno isolati da barriere di traffico, più integrati nella vita urbana.
I quartieri oggi periferici — da Centocelle a Tor Bella Monaca, da Primavalle a Spinaceto — avrebbero tutto da guadagnare in dignità e connessione, grazie a un trasporto pubblico potenziato e continuo, finalmente all’altezza del bisogno quotidiano.
E altrove? Le città che ci stanno già provando
Non sarebbe la prima volta che una capitale affronta questa sfida. Anzi, in molti casi, il percorso è già cominciato anni fa, e i risultati iniziano a parlare chiaro.
Oslo, ad esempio, ha progressivamente eliminato il traffico privato nel centro storico, rimuovendo parcheggi e incentivando l’uso delle bici. Oggi è una delle città più vivibili d’Europa.
Madrid ha lanciato “Madrid Central”, una vasta area a basse emissioni che ha ridotto le auto nel cuore della città e migliorato sensibilmente la qualità dell’aria.
A Parigi, il progetto della “ville du quart d’heure” immagina una metropoli dove ogni cittadino possa vivere, lavorare, studiare e curarsi a distanza di 15 minuti a piedi da casa. E già oggi, le rive della Senna, un tempo soffocate dal traffico, sono diventate lunghe passeggiate pedonali.
Anche in città più piccole come Gent, in Belgio, la riorganizzazione radicale della viabilità ha trasformato la mobilità urbana: meno traffico, più bici, più commercio locale.
Fuori dall’Europa, Bogotá è diventata famosa per la sua “Ciclovía”, con centinaia di chilometri chiusi al traffico ogni domenica. A Seoul, il recupero dell’area del fiume Cheonggyecheon, dove un’autostrada è stata sostituita da un parco urbano, è diventato simbolo di rinascita urbana. E a Tokyo, nonostante le sue dimensioni, il tasso di utilizzo dell’auto privata è tra i più bassi del mondo, grazie a un sistema di trasporti pubblici tra i più efficienti in assoluto.
Tutte queste città hanno storie, geografie e culture diverse. Ma un punto in comune lo condividono: non hanno aspettato che il problema diventasse ingestibile. Hanno cominciato. Gradualmente, con equilibrio, ma con decisione.
Trasporto pubblico, la vera chiave del cambiamento
Togliere le auto senza offrire alternative sarebbe una provocazione. Per questo, ogni piano serio verso una Roma senza traffico privato deve partire da qui: metropolitane che funzionano, tram e bus in corsia dedicata, nodi di scambio intelligenti. Serve un sistema che faccia concorrenza all’auto non con la retorica, ma con l’efficienza.
Oggi Roma ha solo tre linee di metro, e lo scarto con altre capitali è netto. Ma ci sono progetti in corso (Metro C, prolungamento della B, nuovi tram) che potrebbero trasformare il volto della città, se sostenuti da una visione ampia e condivisa. E poi c’è il treno metropolitano, spesso dimenticato, che con una riorganizzazione efficace potrebbe collegare l’hinterland al centro in modo rapido e sostenibile.
L’economia che cambia quando cambia la città
Uno dei timori più diffusi riguarda il commercio. “Se non si può arrivare in macchina, i clienti non vengono”. È un argomento reale, ma non definitivo. Le esperienze europee e internazionali dimostrano il contrario: dove si riduce il traffico, spesso le attività locali rinascono. Perché si cammina di più, si guarda di più, si sceglie con più attenzione. Perché si vive il quartiere, invece di attraversarlo.
A Roma potrebbe succedere lo stesso. Basta pensare a cosa accade ogni volta che una strada viene chiusa al traffico: i ristoranti si espandono, i bar allestiscono dehors, i negozi ritrovano visibilità. Una città più lenta può essere anche più vivace, più dinamica, più giusta.
Non è solo mobilità. È qualità della vita
Il tema, in fondo, è uno solo: come vogliamo vivere a Roma nei prossimi trent’anni? Una città che torna ad ascoltarsi, a prendersi il tempo, a rispettare l’aria che respira. I vantaggi di una capitale più sostenibile non sono solo ambientali: sono culturali, relazionali, educativi.
Una Roma con meno traffico sarebbe una città che respira meglio, certo. Ma anche una città che fa meno rumore, che permette di ascoltare una fontana, una chitarra in lontananza, o anche solo i propri pensieri.