Immigrazione, Conte rinsavisce e annuncia: “Inflessibili con gli irregolari”
Per il Premier, preoccupato per i nuovi focolai di Covid-19, non si possono vanificare i sacrifici degli Italiani. Irritazione ideologica nel Pd, vedremo se alle parole seguiranno i fatti
Un anno e un esecutivo dopo, la questione immigrazione torna a infiammare il dibattito pubblico. Casus belli, per l’occasione, le parole del bi-Premier Giuseppe Conte che sono parse prefigurare un cambio di rotta nelle politiche sui migranti. Una sterzata legata alla recrudescenza dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, che però ha già creato malumori nella compagine governativa.
Immigrazione, cambio di rotta?
Pare che, finalmente, ci sia arrivato perfino il fu Avvocato del popolo. «Non possiamo tollerare che si entri in Italia in modo irregolare» ha infatti dichiarato. «Non possiamo tollerare che» i sacrifici della comunità nazionale «siano vanificati addirittura da migranti che tentano di sfuggire alla sorveglianza sanitaria. Non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo essere duri e inflessibili».
A preoccupare il Presidente del Consiglio, da quanto è dato sapere, sono soprattutto due fenomeni che stanno contribuendo a esasperare delle tensioni sociali già palpabili. Le ripetute fughe di clandestini dalle strutture dove dovrebbero trascorrere un periodo di quarantena, e l’ondata di arrivi dalla Tunisia.
«Ho scritto una lettera al Presidente tunisino» ha affermato il BisConte, «e sono contento che abbia fatto visita ai porti per rafforzare la sorveglianza costiera. Dobbiamo contrastare i traffici, dobbiamo contrastare l’incremento degli utili da parte dei gruppi criminali che alimenta questi traffici illeciti. Dobbiamo continuare in questa direzione, dobbiamo intensificare i rimpatri».
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, anche se ci è voluto il timore del Covid-19 per far rinsavire il Capo del Governo. In ogni caso, resta sempre da capire se alle parole seguiranno i fatti. Due concetti proverbialmente separati da un mare che, se il buongiorno si vede dal mattino, nel caso specifico raggiunge l’estensione di un oceano.
Erano infatti passate solo poche ore dalla rodomontata presidenziale quando Gallipoli, in Puglia, è stata teatro di uno sbarco in veliero. Un episodio che ha suscitato l’ironia del segretario del Carroccio Matteo Salvini.
L’ex Ministro dell’Interno ha anche ricordato che, di irregolari, «ne sono arrivati più a luglio di quest’anno che in tutto l’anno scorso». Una frecciata volta ad acuire le già notevoli frizioni interne alla maggioranza rosso-gialla. Ed è diretta in special modo verso quel Pd ideologicamente e pregiudizialmente restio ad ammettere che il leader della Lega possa anche, magari occasionalmente, avere ragione.
Le tensioni all’interno del Governo
«Siamo arrivati a questo punto perché per l’ennesima volta Conte ha deciso di rinviare. La non gestione di questo tema ha ridato fiato a Salvini e ora lo stiamo rincorrendo». Così, secondo un’indiscrezione (smentita da via del Nazareno ma confermata dalla cronista che l’ha lanciata), sarebbe sbottato il segretario dem Nicola Zingaretti. Aggiungendo che «qui non si vuole capire che la politica sull’immigrazione non può essere solo una questione di repressione e sicurezza».
A prescindere dall’autenticità dello sfogo, è indubbio che la querelle sui migranti tocca uno dei nervi scoperti che maggiormente esaltano i dissidi intergovernativi. E non solo per la tendenza dilatoria così radicata in Giuseppi da avergli meritato (si fa per dire) il nomignolo di Signor Frattanto.
L’intemerata del leguleio volturarese era infatti giunta appena dopo un’altra filippica, vergata da Graziano Delrio, il presidente dei deputati del Partito Democratico. Che, con un tempismo eccezionale, ha fatto sapere che «sullo ius culturae non mollo».
Si riferiva alla legge sulla cittadinanza “facile” agli stranieri che è un vecchio pallino – per non dire un’ossessione – di un partito perennemente in cerca di elettori. E che Vito Crimi, reggente del M5S, ha liquidato senza mezzi termini. «Non commento neanche la proposta del Partito Democratico: mi sembra inopportuna e intempestiva».
Non foss’altro perché, nella precedente legislatura, l’argomento faceva perdere ai dem due punti percentuali al mese ogniqualvolta un suo esponente ne parlava. A ennesima conferma che la Storia sarà anche maestra di vita, ma ha dei pessimi allievi.
L’immigrazione e il processo a Salvini
Un capitolo a parte lo merita la questione, tangenziale, del processo a carico del Capitano per via del caso Open Arms. Perché sono passati cinque giorni – mica un secolo – da quando il Senato ha votato per mandare alla sbarra l’ex titolare del Viminale. E la vicenda riguardava sempre la facoltà di impedire gli approdi per ragioni di ordine pubblico.
Si dirà: allora, però, non c’era la pandemia da Covid-19. Vero. Tuttavia c’era (e c’è tuttora) una norma che consentiva di vietare «l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale» per motivi di sicurezza. Una norma – il Decreto Sicurezza bis – che la magistratura è chiamata ad applicare, non a contestare. Così come non spetta alle toghe il compito di sentenziare sulla linea politica di un qualsivoglia Governo. O, perlomeno, così era prima che Palazzo Madama pensasse male di rinunciare all’indipendenza della politica nella speranza di sbarazzarsi del leader dell’opposizione.
Già solo queste considerazioni avrebbero dovute qualificare la richiesta del Tribunale di Palermo per quello che è – una farsa. Ma ad esse si aggiunge anche il paradosso che verrà processato un solo (ex) Ministro quando «le scelte le prendevamo tutti insieme», come ha ribadito Salvini.
E c’è chi ha legato questa circostanza alle tempistiche anomale (eufemismo) con cui Palazzo Chigi ha inoltrato i documenti chiesti dai legali del Capitano sul caso Gregoretti. Carte giunte dopo due mesi perché erano state spedite a un indirizzo e-mail errato. Carte che si sospetta potrebbero confermare il ruolo attivo di tutto il Governo Conte semel nel gestire la questione immigrazione.
È vero che, come affermava il Divo Giulio Andreotti, a pensar male si fa peccato, anche se poi ci si azzecca. Ma l’alternativa sarebbe un’incompetenza sconcertante. Ed è difficile decidere quale tra i due corni del dilemma sarebbe il meno imbarazzante.