In difesa del popolo di Gaza: il massacro degli inermi
Il motivo principale per impedire che si formi uno Stato palestinese risiederebbe nella necessità di garantire la sicurezza di Israele
Il massacro del popolo di Gaza viene attuato con intenti quasi sterminatori. Non possiamo escludere che tra di essi si nasconda anche qualche combattente di Hamas, ma è questa una ragione sufficiente per massacrare indiscriminatamente donne e bambini innocenti? Vorremmo ricordare che un massacro è vergognoso a prescindere dal sesso o dall’età di chi viene massacrato. Di questi tempi, in cui qualunque aspirazione di pace viene bollata come tendenziosa, molti si domandano se sia giusto protestare contro la furia sionista e omicida di Netanyahu, come hanno fatto gli studenti di Pisa e Firenze o non sia preferibile tacere, per non sentirsi accusare di essere fiancheggiatori di Hamas se non, addirittura, razzisti antisemiti. Personalmente non ho dubbi, abbiamo il dovere di opporci al massacro
L’isolamento di Israele
Per sgombrare il campo dai sospetti maligni, voglio chiarire che ho sempre combattuto il razzismo e le discriminazioni antisemite e ho sempre ammirato l’impegno con il quale gli israeliani hanno reso abitabile e ricca una terra inospitale e brulla come quella parte di Palestina della quale si impossessarono nel lontano 1948, dopo il ritiro delle truppe britanniche. Ammirazione e simpatia istintiva tramutate poi in solidarietà per via del clima di insicurezza nel quale hanno sempre vissuto, avendo contro l’intero mondo arabo ed essendo oggetto di continui attacchi terroristici, tanto in patria quanto fuori, come in occasione delle Olimpiadi di Monaco del 1972. Quella simpatia ed empatia, condivisa da gran parte del mondo occidentale, si sta ormai trasformando in un dissenso generalizzato dell’opinione pubblica mondiale, che sta isolando sempre più lo Stato di Israele.
Un pericoloso vizio di origine
L’occupazione di quello che venne poi dichiarato unilateralmente Stato d’Israele, non fu un atto pacifico, ma un atto di forza. Certamente apparve così agli arabi che in maggioranza abitavano quel territorio e che, nonostante l’intendimento dell’ONU di istituire due stati liberi ed indipendenti, si ritrovarono improvvisamente ospiti in casa propria. In più gli ebrei, mentre rivendicavano il diritto ad un loro Stato indipendente, negavano, come negano oggi con maggiore forza, quello stesso diritto al popolo palestinese. A causa di quel “vizio” d’origine, Israele è stato spesso oggetto di attacchi di gruppi terroristici e di aggressioni armate da parte degli Stati arabi. Aggressioni rintuzzate sempre con successo e con l’ulteriore conquista di territori, sottratti ai palestinesi e assegnati immediatamente ai coloni israeliani per rendere irreversibile l’espansione.
Il diritto alla lotta di liberazione
Il terrorismo va sempre condannato, ma bisogna anche interrogarsi sulle sue cause. Su questo argomento vale la pena di ricordare un famoso discorso di Bettino Craxi – al quale non mancavano certo la chiarezza e la lungimiranza – il quale, sostenendo in Parlamento la tesi di “due popoli e due Stati” disse: “contesto la lotta armata e il terrorismo, perché non risolverà la questione palestinese e farà solo vittime innocenti” ma aggiunse anche che non ne contestava affatto la legittimità. E ai parlamentari che lo contestavano rumorosamente, ricordò che persino Giuseppe Mazzini, “uomo nobile, religioso e idealista” quando si macerava nell’ideale dell’unità d’Italia pensando a “come combattere il potere” dell’occupante austriaco “progettava gli assassini politici” come strumento di lotta.
E aggiunse che “contestare a un movimento che voglia liberare il proprio paese da un’occupazione straniera, la legittimità del ricorso alle armi, significa andare contro le leggi della storia” ma anche contro la Carta dei princìpi dell’ONU nella quale “non è contestato che un movimento che difenda una causa nazionale, possa ricorrere alla lotta armata”. Quel discorso di Craxi serve a ricordarci che quello che una parte chiama “terrorismo” diventa “lotta di liberazione” per la parte opposta.
Lo Stato palestinese e la sicurezza di Israele
Il motivo principale per impedire che si formi uno Stato palestinese risiederebbe nella necessità di garantire la sicurezza di Israele. Ma alla luce dei fatti che si susseguono ormai da quasi un secolo, non si può certo dire che la mancanza di uno Stato palestinese abbia garantito ad Israele la sicurezza desiderata. Appare peraltro sempre più evidente che la strada del conflitto e della ritorsione non abbia mai portato nulla di buono. Cosi come nulla di buono ha mai prodotto la furia vendicativa di Israele ispirata, o meglio fuorviata, dal concetto di vendetta dell’Antico Testamento nel quale, tuttavia, esso è di esclusiva potestà di Dio e mai degli uomini.
“Due popoli e due Stati” resta l’obiettivo da perseguire e forse anche l’unica prospettiva in grado di favorire la pace in quella parte di Medioriente. Provarci e riprovarci è doveroso anche se, dopo l’aggressione terroristica di Hamas e la “strage degli innocenti” di Gaza, esso appare come un miraggio irraggiungibile. Ma abbiamo comunque il dovere di fermare quella sorta di “soluzione finale a parti invertite” che tanto piacerebbe a Netanyahu e per la quale viene duramente criticato anche dai più prestigiosi rappresentanti della cultura ebraica mondiale.