Incendi a Roma: la capitale è la nuova Terra dei fuochi?
Incendi a Roma: dall’inizio dell’estate si sono consumati più di 170 roghi, e non si tratta di sterpaglie ma di rifiuti abbandonati ovunque
Roma e gli incendi: da Nerone alle discariche in fiamme. E’ il fumo il vero protagonista di questa estate romana. un fumo nero, denso, un fumo acre che trasforma i colori del tramonto e che fa chiudere strade, viadotti e le finestre di casa, un fumo che offende sempre di più questa città.
Roma, incendi…ma non solo sterpaglie
Dall’inizio della stagione sono già più di 750 i roghi che i romani hanno visto consumarsi su tutto il territorio metropolitano. Il valzer delle colonne di fumo, osservabili dai quartieri più alti o dagli attici dei palazzi, sono all’ordine del giorno. Improvvisi spuntano con le loro colonne nere fra un quadrante e l’altro della città. Fanno paura per il denso fumo e per la vastità della nube che provocano. La centrale operativa dei Vigili del Fuoco registra un vero e proprio bollettino di guerra ogni giorno. Dal primo mattino le squadre di soccorso si preparano alla battaglia quotidiana che li vede impegnati contro quello che una volta veniva definito “ incendio di sterpaglie”.
Una volta si, perché oggi a bruciare non è più solo il manto erbose ormai seccato dalla calura estiva, oggi a bruciare è lo scarto urbano abbandonato in ogni dove. E’ la montagna di rifiuti abbandonata abusivamente nel campo, sotto il viadotto o peggio ancora nel terreno di un privato senza scrupoli che si presta al gioco dello smaltimento irregolare. Il fumo dell’incendio sterpaglie, ci raccontano i vigili del fuoco, una volta era di un azzurrino-biancastro facile a riconoscersi. Le fiamme, se pur alte delineavano un fronte in continuo movimento, mentre oggi il fumo è nero, nero come la pece, l’odore è acre e irrespirabile e staziona fermo lì dove spesso è stato appiccato, perché l’autocombustione è un evento rarissimo in natura.
Il fuoco: ultimo passaggio di un percorso criminoso
Cosa brucia esattamente? “Monnèzza!” Immondizia di ogni genere. Dalla plastica ai mobili abbandonati, dalle carcasse delle auto ai copertoni, dalle montagne di stracci agli elettrodomestici. Il fuoco diviene quindi solo l’ultimo passaggio di un percorso criminoso fatto di comportamenti diversi, in tempi diversi, che vede questo territorio gravemente malato e sempre meno controllato. Le aree all’interno delle quali questo genere di disastro prende vita risultano il più delle volte conosciute dalla cittadinanza, e denunciate con esposti alle amministrazioni. Sono aree sequestrate e poi dissequestrate grazie a cavilli giuridici. Sono aree all’interno dell’abitato urbano appena camuffate dalla vegetazione, recintate alla bene meglio o addirittura completamente aperte dove chiunque può scaricarci quel che vuole.
Roma è divenuta la nuova terra dei fuochi. Una città resa vulnerabile dalla incapacità amministrativa di saper rispondere a certe situazioni e da un tessuto criminale che specula su questa nuova economia sommersa che sta trasformando il più importante museo a cielo aperto del mondo in un sito drammaticamente inquinato e contaminato.
Incendi Roma e la questione diossina
Le micro particelle di diossina prodotte da i numerosi roghi finiscono inevitabilmente per essere trasportate e poi depositate su tutta la città. I rilevamenti della qualità dell’aria registrati dalle centraline dell’arpa offrono un quadro compromesso, generalizzato su tutto il territorio. L’azione di spegnimento purtroppo riesce solo in parte a limitare i danni. Malgrado le forze in campo composte da vigili del fuoco, volontari e protezione civile siano puntuali nell’intervento, è la natura dei materiali che bruciano a rendere difficoltoso e celere l’azione di spegnimento, così da dover assistere a roghi che bruciano per ore se non per giorni.
E’ quindi l’azione di prevenzione che deve essere urgentemente attuata. Un controllo costante e capillare del territorio con l’impiego di uomini e tecnologia per sorvegliare ogni potenziale sito e azione criminosa. Deve essere poi la politica ad investire e regolamentare con forza ed efficacia sulla nuova emergenza che si sta vivendo. I dati sul registro tumori delle Asl sono sconcertanti. Le patologie connesse con l’inquinamento da diossina e da polveri sottili registrati, fanno davvero paura. Si tratta di una vera emergenza, non meno grave di quella del Covid-19, non meno grave di quella della provincia di Napoli.
Territori classificati come SIN
Si tratta di un’emergenza di livello nazionale, perché oltre che per i numeri, ad essere interessata è la capitale di questo stato. Perché la vastità e il numero di siti da bonificare è impressionante e nessuna amministrazione locale ha la disponibilità economica e gestionale per poter far fronte al nuovo scenario che si è venuto a creare. C’è immediato bisogni di trasformare la giurisdizione in materia, facendo diventare i territori interessati come “SIN”, (siti d’interesse nazionale), ridefinendo così il ruolo gestionale e attuativo delle bonifiche non più alle amministrazioni locali, ma demandandolo allo stato centrale.
Esistono mappature e studi affidabili dove intercettare la presenza di discariche abusive e dove attuare politiche di prevenzione come riguardo agli autodemolitori che come nel caso dell’incendio dell’altro giorno su Via del Foro Italico, possono trasformarsi in vere bombe ecologiche. Esistono già esposti e denunce della cittadinanza sulla presenza di aree presso le quali l’abbandono del rifiuto è quotidiano.
La sensibilità in materia è fortemente sentita sui social, è fortemente discussa e preoccupa la cittadinanza. Ogni nuova colonna di fumo che si vede alzare nei cieli di Roma viene fotografata e postata accompagnata da commenti che descrivono tutto il disappunto e l’amarezza verso qualcosa che non si riesce a fermare. Si deve agire immediatamente. Ne vale della nostra salute, della nostra dignità, ne vale per il giusto riconoscimento che la storia di questa città merita. Ma resta poi, il più grande ed importante investimento da fare, quello sulla cultura. Il primo responsabile diretto del rifiuto siamo noi consumatori, noi cittadini.