Incitamento di Musk agli europei. Ma ha così torto il suo MEGA?
Per tornare a essere grande, e ammesso che sia ancora possibile, l’Europa deve innanzitutto chiarirsi sul come è arrivata a rimpicciolirsi sino a questo punto
![Elon Musk](https://www.romait.it/wp-content/uploads/2025/02/Elon-Musk-1024x576.jpg)
L’adattamento dello slogan era semplice. Potente da un lato, per il suo messaggio esplicito. Provocatorio dall’altro, per la fonte da cui è arrivato.
Al posto del MAGA di Donald Trump, che ha chiamato gli statunitensi a “fare di nuovo grande l’America” (Make America Great Again), ecco il MEGA lanciato da Elon Musk. Per sollecitare noi europei a fare altrettanto: Make Europe Great Again.
Make Europa Great Again
In realtà la stessa variante l’aveva già utilizzata l’anno scorso il Primo ministro ungherese Viktor Orbán, ma nel suo caso era stato facile trattarla come la sortita velleitaria di un personaggio periferico e tutto sommato irrilevante. Da liquidare nel solito modo sbrigativo, e ottuso, con cui l’establishment progressista pretende di stroncare chiunque non si allinei ai suoi dogmi: autocrati pericolosi, amici di Putin, nemici della democrazia, e via inalberandosi. E via cianciando.
Questa volta, invece, l’archiviazione d’urgenza è un po’ più complicata. Perché intanto Donald Trump è stato rieletto e perché lo stesso Musk ha un ruolo di rilievo nella nuova Amministrazione USA.
Due fattori “esterni” che si innestano, peraltro, su dei processi interni di indebolimento – quasi di disgregazione – che in Europa sono già in atto da tempo. E che per molti versi potrebbero costituire dei vizi d’origine, al di là del fatto che sono emersi in tutta la loro gravità solo negli ultimi anni.
Indignati, come sempre
L’autocritica sarebbe doverosa. L’autocritica viene sistematicamente omessa, ammantandosi invece di meriti non soltanto politici ma persino morali.
Ci si erge a baluardo di civiltà e a paladini della pace e dell’armonia planetaria. Ed esibendo le ottime intenzioni ci si autoassolve da qualsiasi fallimento alla prova dei fatti.
Vedi, per restare sulla strettissima attualità, l’alato discorso di Sergio Mattarella a Marsiglia, dove l’università locale gli ha conferito una laurea “honoris causa”.
Inneggiando all’ordine internazionale in stile ONU, il Presidente della Repubblica ha decantato «quegli strumenti nati per poter affrontare spinte inconsulte dirette a riaprire situazioni già regolate in precedenza sul terreno diplomatico». Anche se poi, sai com’è, «la generosa fatica delle istituzioni sorte nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, costellata da bruschi arresti e delusioni, purtroppo non è stata in grado di manifestare tutta la sua potenziale efficacia».
Un classico: la ricetta è sopraffina e non si discute. Se il cibo fa schifo, o se addirittura è tossico, è chiaramente colpa di chi getta nel calderone ciò che serve a guastarlo.
Una retorica stucchevole e logora, della quale dovremmo liberarci al più presto e una volta per tutte. Invece di inalberarsi di fronte all’appello di Musk, bisognerebbe riflettere sulle questioni cruciali che vi sono implicite.
Uno: quand’è che l’Europa è stata grande? Due: cosa significa, e cosa comporta, tornare a esserlo?
O quantomeno provarci.
Nessuna cura, senza una vera diagnosi
L’inventario è duro, se lo fai sul serio. Una lunga serie di contraddizioni e di ipocrisie che, a meno di chiudere gli occhi e negare l’evidenza, tracciano un quadro a tinte fosche. Già nel presente e ancora di più nel futuro.
La perdita di peso economico e politico, all’interno della scena mondiale. La perdita di legittimazione agli occhi degli elettori, come attestato dal dilagare dell’astensionismo.
L’enorme divario tra la smisurata produzione normativa per disciplinare/ingabbiare le più diverse attività («un milione e duecentomila pagine della Gazzetta ufficiale europea», ha sottolineato recentemente Giulio Tremonti, tra le pochissime teste pensanti transitate per il Parlamento) e la capacità concreta di migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Lo stridente contrasto tra i proclami autocelebrativi, nel perenne sottinteso che i vertici della UE e i loro emissari nei diversi Stati assicurino le massime garanzie di competenza e integrità, e l’acuirsi dei problemi che ne sono scaturiti via via, dalla mancata integrazione dei cosiddetti migranti all’impatto suicida del Green Deal a tappe forzate. Per non parlare delle tante altre forme di sbandamento e di degrado che attraversano e minano le nostre società, dalla violenza giovanile alla crisi demografica e ai rischi, crescenti, per i sistemi di welfare.
È su tutto questo, che vorremmo sentire analisi rigorose e toni accorati. Seguiti, come è necessario, da decisioni operative sensate ed efficaci.
Al posto dell’abusato “ce lo chiede l’Europa” un rinnovato e vitale “ce lo chiedono gli europei”.
E allora sì, certamente, finalmente, potremo zittire Elon Musk a buon diritto. Non perché si permette di gettare sassi nello stagno dove sguazzano le attuali classi dirigenti e i loro fervorosi servitori, ma perché non abbiamo bisogno che sia lui, né nessun altro straniero, a dirci cosa dobbiamo fare o non fare.
Per tornare a essere grande, e ammesso che sia ancora possibile, l’Europa deve innanzitutto chiarirsi sul come è arrivata a rimpicciolirsi sino a questo punto. Impettita ma rachitica. Sussiegosa e grottesca. Pomposa nelle chiacchiere e umiliata nei risultati.
Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia