Incubo nucleare, Bunker Soratte risponde a richieste: “È museo non un rifugio”
Per riadattarlo a rifugio anti atomico occorrerebbero milioni di euro e almeno un anno di lavori, spiega il presidente dell’associazione Bunker Soratte
La minaccia di una guerra e, ancor peggio, del rischio di una guerra atomica, allarma l’opinione pubblica che fantastica su soluzioni per scampare all’apocalisse. La parola bunker, quindi, si ricorre e oltre a chi pensa di costruirsene uno a casa, c’è chi immagina dove scappare in caso di conflitto. E parlando di bunker a Roma e provincia, non può non venire in mente, il bunker di Monte Soratte a Sant’Oreste.
Presidente Bunker Soratte: è un museo e non è adatto come rifugio
La struttura fortificata ricavata nelle viscere del monte, conta gallerie per circa 4 chilometri e mezzo delle quali sono attualmente visitabili solo un chilometro e mezzo. Un chilometro e mezzo, quindi, diventato museo grazie all’impegno dei volontari dell’associazione culturale “Bunker Soratte”. “In tanti, durante le visite guidate, ci chiedono scherzosamente” o forse no “della possibilità di essere ospitati in caso di guerra –dichiara ad “Agenzia Nova” Riccardo Cecchini, presidente dell’associazione culturale Bunker Soratte. Al momento quello che si chiama bunker Soratte, è un museo e non può essere altro. Sarebbe necessario, per riadattarlo, fare interventi per milioni di euro in lavori che durerebbero almeno un anno”.
La storia del Bunker Soratte
A farlo costruire 1937 fu Benito Mussolini, e sarebbe dovuto servire da rifugio antiaereo per le alte cariche dell’Esercito italiano in caso di attacco sulla vicina Roma. Con un dedalo di 4 chilometri di gallerie, il bunker costituisce ancora oggi, una delle più grandi ed imponenti opere di ingegneria militare in Europa. Ad usarlo, invece, furono i tedeschi durante la seconda guerra mondiale che vi si ripararono dai bombardamenti Alleati per 10 mesi. Dopo la ritirata verso nord, seguirono anni di abbandono fino al 1967, durante gli anni della guerra fredda, che tornò ad essere ciò per il quale venne costruito: un bunker che, dato il periodo storico, assunse anche il grado di “anti-atomico”.
Sarebbe dovuto servire a ospitare il governo italiano e il presidente della repubblica in caso di attacco atomico sulla Capitale. I lavori, solo parzialmente terminati, si protrassero fino al 1972, quando, per ragioni ancora incerte, vennero bruscamente interrotti. Dal 2010 i volontari dell’associazione lo hanno reso visitabile ed è diventato un museo “che racconta della guerra –dice Cecchini-. Un racconto che facciamo per lo più ai più giovani con visite scolastiche, per dare a generazioni che, contrariamente alle precedenti, non hanno testimonianze diretti della guerra dai nonni. Guerra, ciò che è stata e che non deve più accadere”.
I rifugi anti atomici a Roma
I due più famosi sono sicuramente quello di Villa Torlonia e quello a Villa Ada. Il primo fu chiesto da Benito Mussolini, sotto la sua sfarzosa residenza all’interno del parco storico sulla via Nomentana. Il secondo fu un’iniziativa del re Vittorio Emanuele II, a circa 350 metri in linea d’aria dalla residenza di Villa Savoia. Esistono però almeno altri tre bunker a Roma: all’Eur, a piazza Venezia e sotto il Palazzo Valentini.
Il Rifugio Savoia
Realizzato tra il 1942 194 e, quindi contemporaneamente al bunker incompleto di Villa Torlonia, si trova nella zona del casale delle Cavalle Madri.
Il rifugio a forma di ciambella poteva accogliere le autovetture al suo interno, comodità richiesta dal re in quanto distava 350 metri dalla residenza Savoia, più a nord.
Il Bunker dell’Eur
L’ingresso è da piazzale Konrad Adenauer 8, sotto il palazzo degli Uffici. Voluto anche questo da Mussolini.