Io resto a casa: “Attenti a quello che facciamo, con il virus non si scherza”
Io resto a casa. Quanti lo hanno fatto? Non vogliamo che le parole di Conte, 2 mesi fa, risuonino ancora sinistre nelle nostre case tra una decina di giorni
Io resto a casa. Quanti lo hanno fatto? “I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante dei contagi, delle persone ricoverate in terapia intensiva e sub intensiva e dei deceduti. Le nostre abitudini, quindi, vanno cambiate ora. Dobbiamo rinunciare tutti a qualcosa per il bene dell’Italia. Lo dobbiamo fare subito. E ci riusciremo solo se tutti collaboreremo e ci adatteremo a queste norme più stringenti. Insieme ce la faremo”.
Immaginatevi di sentire il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, scandire queste parole in conferenza stampa. Tra una decina di giorni, magari un sabato sera. Immaginatevi di dover affrontare nuovamente un confinamento assoluto, un lockdown, così ormai lo conosciamo, un termine inglese quasi a sfumarne il peso e l’oppressione che esercita. Immaginatevi di tornare al punto di partenza, come fosse un cinico gioco dell’oca, con i dati alle 18 della Protezione Civile, gli ospedali travolti dai ricoveri, medici e infermieri affranti, il conteggio dei contagiati e dei morti, la disperazione delle persone, la gente di nuovo sui balconi tra un inno nazionale e Volare di Modugno.
2 mesi fa l’annuncio “Io resto a casa”
Quelle parole, Conte le pronunciò il 9 marzo, esattamente due mesi fa, per annunciare l’ormai noto decreto ‘Io resto a casa’. Due mesi dopo, a meno di una settimana dalla parziale ripresa delle attività, quelle parole risuonano come un timore e un avvertimento. Le immagini di questi giorni dei Navigli e Darsena a Milano, di alcune ville a Roma, del lungomare e Porto Antico a Genova, del Vomero a Napoli, di Mondello a Palermo – e potremmo continuare con altri innumerevoli esempi – ci consegnano una parte di Paese che sembra essersi messa dietro la paura del contagio, i 217mila casi finora accertati e gli oltre 30mila morti per coronavirus, quasi che nulla fosse mai accaduto, incurante delle disposizioni sul distanziamento e gli spostamenti.
Tra 10 giorni il bilancio della Fase 2
I richiami alla responsabilità, gli appelli a proteggersi e a proteggere chi ci sta vicino, le riflessioni sociologiche su un costume italiano difficile da debellare, non sono più sufficienti e non bastano certo a giustificare comportamenti sciagurati. Perché, come continuano a ripetere scienziati e virologi, basta poco a questo subdolo virus perché riprenda forza e torni a diffondersi seminando nuovo panico e paure. E se non vogliamo che quelle parole di Conte non risuonino sinistre di nuovo nelle nostre case tra una decina di giorni quando si farà un primo bilancio della fase 2, dobbiamo leggerle e rileggerle, scolpirle nella nostra memoria come se il Presidente del Consiglio le avesse pronunciate ieri. E’ l’unica speranza perché due mesi di sacrifici, sofferenze, morti e dolori non siano trascorsi invano.