Israele-Hamas, la vergogna di chi equipara vittime e terroristi
Greta magari non conta nulla, ma media internazionali e istituzioni come l’Onu possono fare danni inenarrabili: è troppo pretendere che si mostrino, come minimo, imparziali?
La guerra Israele-Hamas è indubbiamente una delle più divisive degli ultimi anni. E questa polarizzazione si riverbera, tra l’altro, su una questione solo apparentemente marginale quale è la propaganda bellica. Un aspetto pressoché costitutivo di qualunque conflitto, di cui, nell’occasione, si sono fatti megafono, più o meno consapevolmente, soggetti piuttosto insospettabili.
Il conflitto Israele-Hamas e la guerra delle parole
Che le battaglie campali vengano affiancate dalla guerra delle parole non è certo una novità, e il conflitto Israele-Hamas non fa eccezione. Il linguaggio, dopotutto, è un’arma potente, che proprio per questo dovrebbe essere maneggiata con cura. Il contrario di quanto ha fatto Greta Thunberg, autoritrattasi via social con un cartello di «solidarietà con la Palestina e Gaza».
Una foto che, scrive TGCom24, ha fatto infuriare parecchi followers della cassandra scandinava, ma soprattutto le autorità di Tel Aviv. Col portavoce dell’esercito, Arye Sharuz Shalicar, che l’ha accusata di non aver detto «una parola sul massacro degli Israeliani», e di essere pertanto una «sostenitrice del terrorismo». E il Ministero dell’Istruzione che rimuoverà dalle scuole ogni riferimento alla sua persona perché non può più essere ritenuta «un modello educativo e morale per gli studenti». Anche se qui l’assurdità è che fosse tenuta in tale considerazione prima.
In ogni caso, la diretta interessata conta come il due di coppe quando a briscola comanda bastoni, perciò anche i guai che può causare sono limitati. Tutt’altra storia, invece, sono gli organi d’informazione, come ha tristemente dimostrato l’episodio dell’esplosione all’ospedale arabo battista Al-Ahli di Gaza.
Il NYT costretto a scusarsi coi lettori
La dinamica della deflagrazione, come si ricorderà, era stata poco chiara fin dal principio. Eppure, alla faccia della prudenza, il New York Times ne aveva immediatamente attribuito la responsabilità a un bombardamento aereo di Tel Aviv. Salvo dover ritrattare, a distanza di quasi una settimana e con una nota dell’editore, per essersi «basato troppo sulle affermazioni di Hamas» senza nemmeno averle verificate.
«Il resoconto ha» dato «un’impressione errata» su ciò che fosse fededegno o meno, ha scritto l’autorevole giornale, scusandosi con i lettori. Ma ormai il danno era fatto, perché in mezzo mondo musulmano (e non solo) erano già divampate furiose proteste di piazza.
E poco importava che Israele stesse producendo prove concrete a sostegno dell’ipotesi che il nosocomio fosse stato colpito per errore da un razzo della stessa jihad islamica. I manifestanti, cresciuti a pane e antisemitismo, con tutta probabilità avrebbero hegelianamente commentato: “Tanto peggio per i fatti”.
Il peccato originale del quotidiano della Grande Mela è aver attribuito a un’organizzazione terroristica quantomeno la stessa credibilità di uno Stato sovrano e democratico. Ma c’è chi è riuscito a fare perfino di peggio.
Israele-Hamas, la vergogna di chi equipara le vittime ai terroristi
Come infatti riporta l’ANSA, António Guterres, Segretario generale dell’Onu, ha invitato a «riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla. Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione».
Una menzogna colossale già smontata con dovizia di particolari storici da Fiamma Nirenstein su Il Giornale. Per esempio, perché i territori conquistati con la Guerra dei sei giorni nel 1967 erano stati prima invasi illegalmente dalla Giordania. Ma pure perché a Gaza non c’è più un ebreo dal 2005, mentre la West Bank – cioè la Cisgiordania – dagli anni ’90 è governata dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).
Ma, se anche fosse, nulla può giustificare il nuovo olocausto perpetrato dal movimento islamista. L’assassinio a sangue freddo di innocenti, la decapitazione di bambini e neonati davanti ai loro genitori, il rapimento di civili.
E nulla può giustificare la vergogna di chi, anche solo implicitamente, equipara le vittime ai carnefici. Ragion per cui, sarebbe troppo chiedere, anzi pretendere che media e istituzioni, la cui incontinenza verbale rischia di avere un peso notevolissimo, si mostrino come minimo imparziali?