L’eleganza del riccio, Muriel Barbery
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Muriel Barbery è stata docente di filosofia e probabilmente durante la stesura del libro si sarà divertita sempre più nel dare forma alla protagonista del romanzo: Renée.
Renée è la portinaia di un bel palazzo d’epoca con appartamenti di lusso, al numero 7 di Rue de Grenelle. Si presenta a tutti secondo quel prototipo di portinaia: dalle risposte rozze, cinquantenne, vedova, bassa, dall’aspetto poco curato, che non ha mai studiato ed è sempre stata povera ed insignificante. Nella guardiola tiene acceso un piccolo televisore sempre sintonizzato su quei classici programmi che vergono su gossip e sciocchezze.
Ma l’apparenza inganna!
Già, perché Renée non è una portinaia come tutte le altre. Dietro la sembianza di portinaia sciatta ed ignorante, c’è una donna dalla cultura straordinaria, piena di passioni e gusti raffinati, che in segreto gioisce dell’arte, studia Husserl e Feuerbach, ascolta Purcell e Mahler, e davanti al televisore di casa si gode film come “Morte a Venezia” in compagnia del gatto Lev, chiamato così in omaggio a Tolstoj.
In questo senso credo che Muriel Barbery si sia divertita appresso alle dotte disquisizioni di Renée, che le piace fare mentre osserva i condomini che le passano davanti tutti i giorni e la snobbano trattandola con inferiorità.
Paloma è un’inquilina del palazzo parigino, la figlia della ricca famiglia di un deputato, ex ministro. Ha dodici anni ed è anch’essa nascosta dietro lo stereotipo del suo ruolo sociale ossia quello di essere la prima della classe, dove tuttavia cerca di ridurre le sue prestazioni. E’ molto intelligente e riflessiva rispetto ai suoi coetanei di fronte ai quali non vuole farsi notare. E’ una ragazzina dalla natura così straordinaria e matura da apparire insieme a Renée come due facce della stessa medaglia, talmente matura da arrivare a prendere una decisione…
A far incontrare e smascherare le due figure, ci pensa un altro condomino, Monsieur Kakuro Ozu: un ricco, colto e affascinante signore giapponese, che si distingue a modo suo.
In merito alla sistematica applicazione di pregiudizi che si svolge nella vita quotidiana, a Renée colpisce "l'incapacità del genere umano di credere a ciò che manda in frantumi gli schemi di abitudini mentali meschine".
Forse i cosiddetti 'ricchi' pensano che la gente modesta, perché ha una vita rarefatta, priva dell’ossigeno del denaro e del savoir-faire, vive le emozioni umane con scarsa intensità e maggiore indifferenza.
L’uomo per natura ha un rapporto particolare con la libertà, per abitare lo sconfinato e libero spazio del mondo, si è costruito ognuno la sua gabbia le cui sbarre difensive non sono altro che pregiudizi, credenze politiche, intellettuali, metafisiche e morali che dall’alto controllano quella che è la natura più profonda e l’istinto, con il rigore di rispettare sempre il più possibile quelli che sono il ruolo e la posizione sociale. Siamo sicuri di essere in grado di vivere liberi? E’ incredibile credere al fatto che siano le debolezze a dominare. Nell’animo umano dimorano illimitati universi che nascono, mutano e muoiono in relazione a quello che nella vita accade; far trapelare luce in questi universi, non solo significa essere se stessi ma anche conoscere l’esperienza del “sempre nel mai”, come ad esempio succede a Paloma quando ascolta un bel pezzo di musica. L’uomo ha bisogno di arte e di desiderare appassionatamente che qualcosa lo salvi da quello che è il suo destino biologico. Questo a suo modo fa Renée sentendo di vivere una vita non adatta alla sua grandezza mentale e spirituale, per sottrarsi al patetico teatro di sfide, prerogativa della società in cui abita e di quelle che da sempre ha abitato l’uomo.
Paloma in una brillante intuizione paragona Renée a un riccio: “Fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.”
Quel particolare sguardo sul mondo, che rimane certamente impresso a coloro che leggono questo libro, raffigura Renée, un’eroina nei panni di un’antieroina. Ciò che a mio avviso la fa uscire perdente dal romanzo è che scambiando la via di fuga come l’unica via d’esistenza, ha dimenticato di esistere nel concreto, e che la bellezza è qui, in questo mondo.