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L’esperienza 3D: il piacere dell’immersione filmica

Per conoscere da vicino il mondo 3D, ne abbiamo voluto parlare con Jordan River, regista 3D, producer e Membro dell’International Stereoscopic Union

E’ un’esperienza comune lo zapping e si sa, quando siamo alla ricerca di un programma da vedere, se l’immagine è scarsa, non sapendo neanche di cosa tratti, cambiamo canale. La bassa qualità, ci fa girare da un’altra parte. Al cinema, troviamo sempre più spesso gli occhialini per assistere ad una esperienza immersiva più che a vedere un film. Se entriamo nel mondo della visione ad alta definizione, incontriamo la tecnologia che ci offre la migliore fruizione audio video. Il formato che può amplificare l’esperienza di una fiction sia televisiva sia cinematografica e migliorare il tempo libero: parliamo del 3D.

Il 3D stereoscopico è ormai un aspetto dell’innovazione tecnologica che caratterizza in modo crescente i media attuali e futuri.

In Italia, nonostante troviamo lettori-dvd atti a leggere il formato, non abbiamo un granché di nuovi contenuti. Qualcosa si sta realizzando con i classici Disney e soprattutto con i film di fantascienza o azione. Ma perché però non decolla…?

Per economia? È un problema di costi che passa sotto tono, vista la crisi e visto che in periodi così, sono proprio queste le cose che ritardano tantissimo ad affermarsi… Il motivo è per cultura? O per entrambe?

Sì, ma qualcosa sta cambiando. Direi si tratti sia un di problema di cultura che di cultura economica legata al settore. Oggi è da stupidi fare un film solo in 2D (mono) e non girarlo direttamente in 3D (stereo), per il semplice fatto che nella versione 3D stereo c’è già la versione mono, avendo le due riprese, il canale destinato all’occhio sinistro e quello all’occhio destro. Quindi un valore aggiunto.

Per conoscere da vicino il mondo 3D, ne abbiamo voluto parlare con Jordan River, regista 3D, producer e Membro dell’International Stereoscopic Union. Sul suo sito www.jordanriverdirector.com, leggiamo che si occupa di tecniche digitali nel campo dell’editing cine-audiovisivo stereoscopico ed è tra i pochi giovani registi europei esperti di 3D Cinema Stereoscopico. Invitato a presenziare in moltissimi incontri formativi professionali e workshop sulle tecnologie 3D (Venice International Film Festival, Roma Fiction Fest, Rome Film Festival, Festival de Cannes, 3D-Day Future Film Fest). Producer e Direttore del reparto 3D di una società specializzata nella produzione e post-produzione stereoscopica audiovisiva, cinematografica e dell’entertainment, Collabora con diverse aziende leader nel settore 3D stereoscopico, con Centri di Ricerca, Università e Poli Tecnologici. È altresì trainer di regia 3D, produzione, 3D editing e tecniche digitali dell’audiovisivo.

Non sarebbe più opportuno produrre direttamente in 3D?

Una volta pronto il film in 3D, dalla timeline si esporta un solo canale e si dispone quindi della versione standard 2D. Questo è quanto di più elementare sul piano tecnico. Ma anche sul piano commerciale, poiché si possono avere maggiori opportunità di mercato dato dal doppio formato disponibile, sia quello standard 2D che quello 3D.

Cosa c’è da fare?

Dobbiamo puntare più su una forma di ‘smart cinema’, che sappia coniugare contenuti e tecnologia.

Su quello creativo e di informazioni visive, il 3D offre di gran lunga maggiori informazioni ed esperienze neurosensoriali. Se è ben fatto, il 3D rilassa la mente. Purtroppo per buona parte di film più che dell’uso si è fatto tanto abuso..

Nel mondo è sfruttato questo formato?

All’estero registi di successo ormai girano solo in 3D, giusto per citarne alcuni Wim Wenders, Peter Jackson, James Cameron…e parlo non di giovani film-maker smanettoni, ma tra i più famosi registi al mondo che hanno anche una certa età e hanno fatto carriera con i loro lavori.

E in Italia perché c’è un sottotono produttivo?

In Italia è successo qualcosa di diverso, molte ‘strane’ correnti di pensiero influenti nel settore hanno in qualche modo cercato di fermare l’innovazione, soprattutto sul piano della produzione. Anche la politica in qualche modo ha le sue responsabilità, poiché è rimasta preda di certe lobby.

Piace il vecchio rassicurante perché conosciuto. E’ un problema che sta anche nella distribuzione?

A livello di distribuzione, l’associazione di rappresentanza degli esercenti è stata molto presente e ha sensibilizzato il governo: se oggi, soprattutto nelle grandi città, troviamo molte sale digitali e in grado di proiettare in 3D è grazie al credito d’imposta che ha introdotto il governo (l’Italia non è l’America e non ha lo stesso mercato, quindi deve puntare sulle congiunture strutturali dello Stato per rafforzare la competitività internazionale), non c’è invece uno strumento che stimoli la produzione a svecchiarsi.

Pochi nuovi contenuti, forse non ci sono registi formati?

Sentendo spesso anche SKY 3D, il vero problema riscontrato in Italia è la mancanza di contenuti innovativi.

E c’è un problema di aggiornamento: quasi tutti i registi italiani, i cosiddetti ‘acclamati’, non sanno girare in 3D e i montatori non sanno montare un film in stereovision.

C’è stato un forte problema culturale, pensi che fino all’anno scorso importanti professionisti del settore facendo un paragone si chiedevano se fosse migliore il 4K o il 3D: analisi insensata solo per il fatto che il primo è una risoluzione e il secondo, invece, una tecnica (quella più fedele all’esperienza visiva dell’essere umano) ed entrambi, utilizzati assieme, contribuiscono ad aumentare la qualità di risoluzione e di informazioni esperienziali dell’opera, oltre ad agire sulla durabilità.

Il 3D è un formato che amplifica l’esperienza della visione di un girato, qualsiasi sia: perché allora i contenuti sono di così poca scelta?

Sempre segno di tale problema, il fatto che alcuni autori che, per giustificare la propria impreparazione sull’argomento, affermavano che il loro film non si adattasse alla tecnica 3D, poiché a loro dire andrebbe bene solo per alcuni generi. Assolutamente inesatto, come dire che alcune opere possono essere viste tenendo un solo occhio aperto e altri film vederli invece con entrambi gli occhi aperti: nel primo caso la visione è limitata, nel secondo gli orizzonti si aprono. Infatti tutti i generi possono essere realizzati bene in 3D, che ne accentua le caratteristiche.

Lei, direttamente interessato ormai da anni al 3D, cosa ha fatto affinché ci potesse essere una sensibilizzazione?

Qualche anno fa avevo scritto una proposta di legge per introdurre un incentivo all’innovazione tecnologica destinato alle produzioni ma per una manciata di voti non è passato.

Qual è la situazione attuale?

Oggi anche in Italia non c’è più il problema della possibilità di distribuire un’opera in 3D, poiché oltre alle sale cinematografiche è possibile trasmettere in onda anche in TV, ci sono sia SKY 3D (che trasmette da anni solo contenuti tridimensionali 24h/24) e recentemente anche RAI 1 HD con il canale 501(che ha già sperimentato la terza dimensione con alcuni film).

Da non tralasciare l’home video, grazie al Blu-ray 3D e agli ultimi apparecchi televisivi (ormai sono quasi tutti ‘switchabili’ 2D/3D, quindi è possibile fruire di contenuti in entrambe le modalità e vederne la differenza).

Come vede il futuro prossimo del 3D?

Ma qualche cosa recentemente sta cambiando anche in Italia, alcune Università e scuole di cinema stanno programmando l’inserimento di attività didattiche specifiche legate alle tecniche 3D immersive.

Anche Cinecittà, con la nuova governance, sta iniziando ad avere il suo rinnovato prestigio internazionale e forse ci sono le condizione perché si possa proseguire lungo la strada dell’innovazione anche dell’audiovisivo e del cinema italiano, che non può avvenire se non attraverso la terza dimensione.

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