L’immortalità di Brecht dalla Londra vittoriana all’Italia oggi
Al Sidecar di Roma va in scena L’Opera da Tre Soldi di Brecht, fino al 1 febbraio. Regia di Massimiliano Caprara
La rappresentazione scenica diventa prefigurazione della realtà, ma sublimata, da elementi quali la musica e il divertimento. La rottura, la disintegrazione anzi, della ‘Quarta Parete’, che avvicina attori e spettatori, annullando le distanze tra i primi e i secondi. Per questo, il teatro diventa, si può dire, necessità. Con l’effetto dello straniamento: lo spettatore, coinvolto a pieno titolo nello spettacolo, diventa destinatario attivo, e non più passivo, della rappresentazione. È questa, d’altra parte, la formula del teatro epico, di cui Bertolt Brecht è fondatore. Lo spettatore viene costantemente chiamato in causa, sollecitato: alla critica del personaggio, dell’ordine sociale. Quello di Brecht è un teatro politico, rivolto principalmente alla classe proletaria. La quale doveva imparare, apprendere, emanciparsi. E poteva farlo attraverso il teatro, anche con il divertimento, se necessario. E il fatto che Brecht volesse rivolgersi ai proletari, lo suggerisce, d’altra parte, anche il titolo dello spettacolo, oggi di nuovo in scena fino al 1 febbraio al Sidecar di Roma (piazzale degli Eroi, 9): L’Opera da Tre Soldi, messa in scena per la prima volta nel 1928, destinata a diventare l’opera più famosa nella Repubblica di Weimar.
Brecht, che per L’Opera da Tre Soldi a sua volta si ispira alla Beggar’s Opera di Gray (letteralmente Opera del mendicante), ambientata nella Londra vittoriana. Con Brecht, però, per dirla con le sue parole, il teatro diventa la rappresentazione del mondo “in maniera che divenga maneggevole, è precisamente la sua naturalezza, il suo carattere tutto terrestre, il suo umorismo, la sua rinuncia a tutte le incrostazioni mistiche che il teatro tradizionale si porta appresso fin dall’antichità”. Perché il teatro non può essere mera finzione; non può, lo spettatore, credere che la scena sia altro dalla vita reale. E la tecnica dello straniamento, che Brecht vuole sostituire a quella dell’immedesimazione, serve proprio a questo: a puntare direttamente alla coscienza dello spettatore. L’attore, che pur sta recitando, deve mostrare allo spettatore di non recitare soltanto. Lo spettatore è portato dunque a credere che ciò a cui sta assistendo non sia semplicemente recitazione, pur essendo e restando, per sua natura, la rappresentazione scenica una finzione.
Tutto è finto, nell’opera di Brecht, eppure niente è falso. È così che i personaggi dell’Opera da Tre Soldi, diventano non più soltanto i personaggi di allora, ma anche quelli di oggi. La regia è di Massimiliano Caprara, anche attore di questa rappresentazione che – insieme a Veronica Milaneschi, Michele Botrugno, Gabriele Sisci, Mariangela Imbrenda, Michele Bevilacqua, Francesca Romana Scartozzi, Claudia D'Amico, Carmine Ioanna – dà vita all’immortale Opera da Tre Soldi di Brecht, riuscendo perfettamente nelle intenzioni, con l'ausilio della bravura degli attori.
Al centro della scena la satira socio-politica, tema più che mai attuale non solo alla luce dei recenti fatti di cronaca, che spaziano dalla satira come bersaglio a quelli che dipingono una società sempre più preda della facile corruzione. In un’alternanza di prosa e musica, Brecht dipinge una Londra, all’epoca vittoriana, che diventa, facilmente, anche un’Italia dei giorni nostri. Mackie Messer, il più famoso criminale di Londra, decide di sposare Polly Peachum. Jonathan, il padre di Polly, uomo senza scrupoli che specula e si arricchisce alle spalle dei mendicanti di Londra dei quali ha pieno controllo – aiutato dalla moglie Celia nei suoi sporchi affari – si oppone e decide di incastrare Mack e di consegnarlo alla giustizia. Certo, sarà difficile perché il capo della Polizia, Tiger Brown, uomo corrotto, è amico di infanzia di Mack. Ma grazie anche all’aiuto di una prostituta, Jenny, ingannata da Jonathan, tutto diventerà più facile. Se non fosse che Mack, seducendo Lucy, la figlia di Tiger Brown, che pure sostiene di aver sposato il famigerato criminale, riesce a fuggire. Ma non avrà scampo ancora per molto, Mack. Che verrà nuovamente arrestato. Sta per essere giustiziato, Mack. Accorre tutta Londra per assistere alla sua impiccagione. Persino Mattia, detto Mattia della Zecca, della banda di Mack. Eppure, un attimo prima che Mack lasci la terra, giunge un messo a cavallo che recapita un messaggio della Regina: il criminale va liberato. A lui, viene anche consegnato un titolo nobiliare. La parodia, la caricatura del lieto fine.
Una rappresentazione, quella al Sidecar, resa ancora più sublime dalle musiche, composte allora da Kurt Weill.
La regia, spiega Caprara, è stata pensata guardando a Brecht come a un “contemporaneo, senza quindi imbastire nessuna operazione, né sovrapporre al suo punto di vista il mio ma anzi lasciandomi portare ove lui, con molta chiarezza, indicava”. Con il risultato di una “freschezza, un po’ goliardica, un po’ crudele, di un’opera assolutamente necessaria, immediata, e funzionale al divertimento netto, diretto cioè a quel senso popolare del teatro che sa di vero e utile. E in tutto ciò – conclude Caprara – non può essere sfuggito a entrambi la scritta che campeggiava nel teatro dei comici dell’arte italiani a Parigi 'Ridendo castigat mores' ”.