L’isola di Tristan da Cunha ovvero il posto più isolato al mondo
L’arcipelago di Tristan da Cunha, nell’Oceano Atlantico, è lontano da tutto e da tutti. Niente cellulari e internet solo in alcune ore
Se qualcuno di voi ha mai pensato di sparire per sempre dalla faccia della terra, rimanendo vivo, sappiate che si può fare, basta andare sull’isola Tristan da Cunha per trovarsi nel posto più isolato del mondo. Ci sono delle difficoltà logistiche, ma una volta superate, vivrete isolati nel vero senso della parola e sarà complicato per chiunque trovarvi o venire a farvi una sorpresa.
L’isola prende il nome dal marinaio portoghese Tristāo da Cunha, che l’avvistò per primo, nel 1.506. In realtà si tratta di un arcipelago, la cui isola principale (98kmq) è l’unica abitata, mentre gli altri isolotti, sono disabitati. Anche gli altri isolotti hanno peraltro nomi significativi: l’Isola inaccessibile, le isole Nightingale e l’Isola Gough, che dista 350 km a sud est.
Come si vede si potrebbe anche decidere ulteriori livelli di isolamento. Non vi sono porti né aeroporti, ma un semplice attracco per piccole imbarcazioni.
L’isola di Tristan da Cunha è un luogo distante da tutto
Per tre secoli nessuno se ne interessò. Finché il 5 gennaio 1.811 vi misero piede lo statunitense Jonathan Lambert, con il marinaio Andrew Millet e il livornese Tommaso Corri. I tre dichiararono l’arcipelago di loro proprietà e lo chiamarono Islands of Refreshement, pensando a uno scalo di rifornimenti per le navi di passaggio. Ma il regno durò poco. L’anno seguente Lambert morì assieme a Millet in un incidente di pesca. Corri si salvò.
La Marina Britannica la occupò con una guarnigione di 80 militari, nel timore che potesse servire da base strategica ai francesi, per liberare Napoleone Bonaparte, imprigionato a Sant’Elena. Ora non crediate che Sant’Elena fosse a due passi. No dista 2.172 km più a nord.
E le altre località più vicine? Si fa presto a dire “vicine”: Rio de Janeiro, in Brasile, dista 3.340 km a ovest e Città del Capo, in Sud Africa, a est, solo 2.810 km.
Di quella guarnigione nel 1.817 quasi tutti tornarono in Patria tranne 4 persone.
A restare sull’isola furono lo scozzese William Glass con la moglie e due scalpellini che decisero di non tornare in Inghilterra. Cosa li indusse a rimanere? Forse la stesso desiderio di chi vuole scappare e restare isolato.
i quattro stabilirono nuove regole di convivenza, vagamente socialiste, che ancora vigono tra gli abitanti dell’isola. Tutti i proventi, le spese e i lavori che scaturissero dalla vita quotidiana, dovevano essere equamente divisi tra i suoi abitanti. L’accordo comprendeva anche l’assenza di proprietà privata e di autorità di comando. William Glass ebbe 16 figli dalla moglie sudafricana, 8 maschie 8 femmine. Morì di cancro a 67 anni e venne sepolto nel cimitero dell’isola.
Sull’isola vige solidarietà e porte aperte, non c’è criminalità
A Tristan da Cunha vivono adesso 297 persone, nella città chiamata Edimburgo dei 7 mari. Un agglomerato di casette che occupa una delle due piccole pianure, formatesi con le eruzioni laviche del vulcano omonimo attivo, alto 2.062 metri. Il vulcano si è già fatto sentire ma molto tempo fa, era il 1.961 e gli inglesi, sotto il cui protettorato vivono gli abitanti, dovettero evacuarli in Patria, in attesa che la furia della montagna si placasse di nuovo. Ciò accadde due anni più tardi. Curioso il fatto che tutti abbiano voluto tornare sull’isola.
Tra i punti a favore probabilmente c’è il fatto che qui non esiste criminalità. Le porte delle case non hanno le chiavi, né allarmi. Sono aperte a tutti. Chi uccide un animale ne offre una parte a chi ne ha più bisogno, così per chi ha un raccolto abbondante nel proprio orto. Un po’ per necessità un po’ per tradizione insomma, chi vive su questa isola ha regole di solidarietà che non è facile trovare nelle nostre città. Lo si vede anche dalla disponibilità che hanno nei confronti dei naufraghi che approdano sulle loro coste. Del resto loro stessi sono figli e nipoti di naufraghi.
L’isola di Tristan da Cunha: la vita scorre tra aragoste e francobolli
Che fanno gli isolani? Per lo più sono pescatori, contadini e allevatori di bovini. Nell’isola si producono patate e poche verdure ma si pescano molte specie ittiche, soprattutto le aragoste che sono fra le migliori al mondo. A parte quelle per uso locale, una piccola fabbrica le congela per venderle ai Sudafricani.
È da Città del Capo infatti che normalmente parte la nave, una volta al mese, che collega l’isola con il continente africano. Le aragoste sono così fondamentali per l’economia isolana che le hanno addirittura messe sulla loro bandiera. Un’altra fonte di reddito viene dai francobolli celebrativi che si vendono on line. Sono così rari che i collezionisti fanno di tutto per averli a qualsiasi prezzo.
Due naufraghi italiani portarono l’ospedale
Un po’ per i naufragi, un po’ per altre ragioni si formarono diverse famiglie sull’isola oltre ai Glass, scozzesi. Furono i Green, olandesi, gli Swain e Patterson, di origine inglese. Hagan e Rogers, americani e poi i Lavarello e Repetto, italiani.
Nei primi decenni del secolo XX, arrivarono altre persone e la popolazione iniziò a crescere.
Ad Edimburgo dei 7 mari sorse un ospedale che si chiama Camogli. Il nome della cittadina ligure è dovuto al fatto che a Tristan approdarono nel 1.892 anche due italiani, Andrea Repetto e Gaetano Lavarello, originari di Camogli. Si salvarono dal naufragio del brigantino Italia che trasportava carbone in Sud Africa, dalla Scozia.
Grazie all’accoglienza degli abitanti dell’isola, i due marinai decisero di restare e ancora oggi si contano i loro due cognomi nella popolazione. Nel 1.971 venne costruito un ospedale, cui venne dato il nome di Camogli, in omaggio al comune ligure per aver contribuito alla sua costruzione, come ringraziamento per il salvataggio dei suoi due figli Repetto e Lavarello. Attualmente hanno costruito un nuovo ospedale che si chiama ovviamente “New Camogli Health Center”.
Oltre all’ospedale, dove i medici si alternano nel tempo, a Tristan da Cunha c’è un negozio di alimentari, le poste, un piccolo museo, una scuola e due chiese. Per svagarsi? Un pub con sala da ballo, aperto solo di venerdì e di sabato e un bar. Ci sono le auto, ma in maggioranza sono jeep, moto, mezzi da lavoro e piccoli bus e ovviamente non c’è inquinamento atmosferico. Per tante merci l’isola dipende completamente dall’esterno: acqua potabile, carburante, letteratura, medicinali, carne…
L’isolamento ha delle conseguenze sugli abitanti. Ci sono malattie genetiche che tendono a essere più diffuse, come l’asma, per via del fatto che ci si riproduce all’interno di un gruppo troppo piccolo.
I cellulari non funzionano ma internet sì
Internet c’è, anche se per poche ore al giorno. Tristan fa parte di un arcipelago di quattro isolette sotto il protettorato britannico, si parla inglese e si usa la sterlina. L’amministratore è alle dipendenze del Governatore, che però vive a Sant’Elena e si presenta solo in rare occasioni. Se volete comunicare con gli abitanti la e -mail è la via migliore, anche perché la rete mobile dei cellulari non esiste.
Sull’isola è vietata l’immigrazione. Vengono concessi dei permessi speciali per i medici e gli insegnanti per le scuole, fino a 16 anni. Se si vuole continuare gli studi, bisogna emigrare in Gran Bretagna o in Sud Africa. Il turismo è quasi del tutto assente. Sia perché raggiungere l’isola è molto complicato, sia perché non vi sono strutture di accoglienza, a parte qualche Guest House a conduzione familiare, non ci sono alberghi. Le temperature poi non sono tropicali. Si oscilla tra i 10 e i 18° C. Le stagioni sono al rovescio, perché siamo nell’emisfero meridionale.
Sull’isola di Tristan da Cunha arrivare si può, difficile è sapere quando ripartire
Tuttavia se si vuole si può arrivare a Tristan. Bisogna chiedere un permesso all’Amministratore e al Consiglio dell’isola, specificando perché si vuole andare e dimostrando di non avere precedenti penali. Una volta ricevuto il permesso bisogna prenotare, anche con più di un anno di anticipo, il posto sul peschereccio che ci porterà da Città del Capo all’isola di Tristan da Cunha.
Sarà bene rendersi conto che non ci sono assicurazioni sulla data di rientro. Per via del maltempo che da quelle parti non è una rarità, in particolare per le condizioni dell’Oceano, la data di rientro potrebbe slittare di settimane o mesi. Immaginiamoci che abbiate deciso di partire e che abbiate il permesso in regola.
Per prima cosa bisogna andare in aereo a Città del Capo. Se tutto va bene ci si potrà imbarcare sulla barca che va una volta al mese va a Tristan. La traversata non è una passeggiata. Può durare una settimana, anche con qualche strascico, sempre per il maltempo e il biglietto può variare tra i 250 e i 500 euro a persona.
Una volta a largo del porticciolo vi verranno a prendere con delle lance per farvi sbarcare, assieme ai vettovagliamenti necessari a rifornire gli abitanti. Sono solo due i pescherecci, perché di questo si tratta, a mantenere il collegamento con Città del Capo e lo fanno solo una decina di volte l’anno.
Ora siete sbarcati e vi faranno grandi feste. Buona permanenza e … addio!