La bambina che salvava i libri, Markus Zusak
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Per via del film “Storia di una ladra di libri”, uscito quest’anno nelle sale italiane, è facile incontrare in prima fila tra gli scaffali delle librerie di quasi tutti il mondo il romanzo di cui il film è la trasposizione cinematografica: “La bambina che salvava i libri”.
E’ il penultimo gioiello nato dalla penna dello scrittore australiano Markus Zusak, pubblicato nel 2005 e tradotto in più di 30 lingue.
La Morte è la peculiare voce narrante che racconta la storia di Liesel; una morte “umanizzata”, impersonata come se fosse una donna senza falce e che indossa una veste nera con cappuccio solo quando fa freddo. Una donna curiosa, amabile, partecipe, chiacchierona, che mentre raccoglie quelle anime che non hanno superato i momenti più brutti della guerra, racconta la storia che le è rimasta più impressa nella mente e nel cuore.
Liesel è una bambina tedesca di nove anni, figlia di comunisti, che cresce durante la seconda guerra mondiale in una Germania votata al nazismo, popolata da tedeschi vittime del regime nel loro stesso Paese. E’ una bambina dolce in un'era del terrore. Non ha il padre, ha una madre fuggitiva e un fratellino morto. Nel giorno della sepoltura del fratellino, Liesel trova un libro caduto sulla neve accanto alla piccola tomba, e la sua vita cambia per sempre. Da analfabeta la bambina impara a leggere, si innamora della letteratura che diventa per lei una compagna fedele e una sorta di rifugio dalla realtà dell’olocausto; e come succede con la lettura, la mente si apre, ciascun pensiero diventa più ampio, ricco, e camminando di pari passo con la fantasia si diviene più ricettivi.
Quel libro è solo il primo di una serie che ruberà insieme a qualche mela per sfamarsi, mentre la sua vita nella sua straordinaria quotidianità diventa una poesia alla vita stessa e all’umanità.
Viene cresciuta da Hans e Rosa in un piccolo paesino dove stringe un forte legame con l'amichetto Rudy e con l'ebreo Max, nascosto nella cantina di casa.
Uno stile di scrittura quasi allegro rispetto ai temi trattati riesce ad emozionare, come la sintonia sussurrata tra la bambina e il suo papà, gli insulti gridati dalla mamma che nascondono un affetto grandissimo, le scorribande e le gare con Rudy e le notti passate in cantina a leggere per far sopravvivere Max.
Un inno alla poesia della vita decantato dalla Signora Morte, leale e con un cuore grande tanto da far mescolare a tratti sorriso e pianto in una storia colma di sentimento benchè non sentimentale, che racconta la capacità dei libri di nutrire lo spirito.