La bimba che ha festeggiato il compleanno da sola e il suo video su TikTok
In molti hanno distrattamente disdetto il giorno stesso, altri non hanno neanche comunicato la loro assenza alla festa di Avery
È successo Salt Lake City. Avery, una bimba di 3 anni ha festeggiato il compleanno da sola, nessun invitato si è presentato, ma il video postato su TiKTok dalla madre, che ritraeva la figlia mangiare un pezzo di pizza da sola, ha fatto il giro del mondo raggiungendo 7 milioni di visualizzazioni e tutti si sono sentiti di esprimere solidarietà, condividere esperienze simili o invitare la bimba per festeggiare.
Era tutto pronto per festeggiare Avery
La madre, ha raccontato che aveva organizzato la festa scegliendo il personaggio preferito dalla bimba come mascotte, il menù a base di pizza e gelato, la ludoteca migliore e con l’entusiasmo di ogni madre sperava che questo giorno fosse ricco di sorrisi, emozioni e bei ricordi da fotografare e poi riguardare insieme. Aveva creato un evento Facebook per gli inviti. Inviti social che tutti avevano accettato, anche con entusiasmo, magari le solite emoticon con le faccine che arrossiscono, i baci e i cuori.
Cosa è successo dopo, sul piano della realtà?
In molti hanno distrattamente disdetto il giorno stesso, altri non hanno neanche comunicato la loro assenza. Il grande coinvolgimento emotivo, forse soltanto virtuale, ha presto lasciato spazio all’indifferenza reale.
Nessuna comprensione e riflessione ha portato questi genitori a pensare quale delusione poteva essere per la bimba rimanere da sola davanti alla torta per spegnere le candeline. Né tantomeno all’impegno organizzativo e anche economico che i genitori avevano affrontato. È mancata totalmente la capacità di mettersi nei panni dell’altro. L’empatia, parola che deriva dal greco, letteralmente significa “sentire dentro”, è il nucleo fondante dell’intersoggettività, è la capacità di capire le emozioni dell’altro e rispondere in modo appropriato.
I neuroni a specchio non solo guidano l’azione in risposta ad uno stimolo ma selezionano la risposta più appropriata avendone capito il significato. Ecco perché Goleman parla di “intelligenza emotiva” per definire un costrutto che coniuga l’empatia con la consapevolezza, l’autocontrollo, la motivazione, e le abilità sociali.
L’era social che condivide assenze
Purtroppo nell’era social che ha coinvolto adolescenti ed adulti tutto è sovraesposto a livello mediatico, un evento “esiste” se viene “postato” e “condiviso”, le emozioni si bruciano in un secondo, rimangono in superficie giusto il tempo di un like senza sentire alcuna partecipazione interiore. È “l’inerzia del cuore”, per utilizzare una frase di Flaubert in “Educazione Sentimentale”, che coinvolge i rapporti sociali.
Di contro, ritornando sul piano virtuale, il video che posta l’immagine di una bimba rimasta sola a mangiare un pezzetto di pizza guardando intorno palloncini colorati, luci e festoni senza poter condividere la gioia di questa esperienza con i suoi compagni ha suscitato l’empatia di milioni di persone, che hanno riposto con inviti, commenti e frasi di conforto, come se ci fosse bisogno di “vedere” ciò che il cuore non era riuscito ad immaginare.
Ma il sentimento di restituzione che ha prevalso nella madre, che postando il video voleva colpire i genitori assenti, ha spostato tutta l’attenzione sul mondo degli adulti, appropriandosi e inserendosi con ingerenza in una festa che tale doveva essere ma in primis per la bimba.
La bambina inconsapevole
La bambina viene ripresa inconsapevolmente, la sua emozione adultizzata in un certo senso, è rubata ed è investita di un bisogno di riconoscimento che non gli appartiene, ma esprime solo la proiezione narcisistica di un genitore che si è sentito offeso dal comportamento degli invitati. Come si sarebbe potuto gestire quel momento di solitudine?
Probabilmente era più opportuno non fare sentire il peso dell’accaduto e in un gioco di finzione raccontare che era tutto uno scherzo organizzato e che ci sarebbe stata un’altra festa con i compagni, oppure ancora che quella era una festa speciale solo con i familiari. L’infanzia ha bisogno di protezione, di uno spazio intimo dove elaborare le emozioni in modo adeguato all’età, con un adulto che faccia da filtro con il mondo. Arriverà, come per tutti, il tempo del disincanto, eppure anche noi adulti quante volte ci ritroviamo a pensare a “come sarebbe bello avere ancora gli occhi di un bambino!”.
Di rimando ci giunge ancora una volta forte la percezione di un mondo, quello social, dove un ok, in pollice alzato, un sì o un no, possono essere semplici espressioni asettiche, esternazioni estemporanee, che non devono obbligatoriamente essere accompagnate da un reale riscontro. Sono espressioni fluttuanti che deresponsabilizzano perché espresse su un piano derealizzante.
L’infanzia ha bisogno di protezione
Cosi come i commenti social hanno potuto consolare o gratificare la madre ma non la piccola festeggiata, che sicuramente avrebbe avuto bisogno che gli affetti e le emozioni prendessero corpo e sostanza aldilà della prospettiva virtuale, questa storia nasce tramite i social, si organizza attraverso questi e l’epilogo viene restituito attraverso gli stessi, proprio a significare come il compleanno della piccola Avery sia stato un episodio triste di vita reale chiuso dentro il vetro di uno smartphone. Come ogni bimba nel giorno del suo compleanno avrebbe avuto bisogno di occhi in cui specchiarsi, manine da battere sulle sue, voci che le cantavano “tanti auguri a te”, abbracci e sorrisi intorno a lei. Aveva bisogno di realtà.
Non si può che concordare con la famosa frase de “Il piccolo principe“ di Antonie de Saint-Exupery quando dice “l’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene che col cuore”. Ma anche il cuore ormai è solo un emoticon ❤!
In collaborazione con la Dott.sa Nilde Fiorentino
La foto di Avery con la mamma dal profilo Instagram