La cattura del leone a Ladispoli, quanta pena per il Re
Il proprietario parla di sabotaggio, gli animalisti chiedono il sequestro del leone. In mezzo, la triste storia di una cattività
Che pena vedere il Re della Foresta aggirarsi tra le auto parcheggiate e le abitazioni, di notte, in cerca di una via di fuga. Ma i carabinieri hanno saputo addormentarlo e le porte di un’ ingiusta prigione si sono chiuse di nuovo alle sue spalle.
Poche ore di libertà per il leone a Ladispoli
Mi ha fatto molta pena la vicenda del leone Kimba, scappato da un circo a Ladispoli. Al di là del come sia potuto accadere che un animale così pericoloso, il Re della Foresta, abbia potuto evadere dalla gabbia circense, per poi aggirarsi per Viale del Mediterraneo, lui addirittura più spaventato degli abitanti della cittadina della costa laziale, resta il fatto che vederlo grande, grosso e intimorito mi ha suscitato molta tenerezza e a un tempo molta rabbia.
È cambiata la sensibilità, non possiamo sopportare gli animali in gabbia
Mi sono immedesimato. Mi sono immaginato di essere lui e da un lato ho apprezzato quei minuti di libertà, fuori da un’angusta gabbia e dallo stesso ossessivo spazio circense, costretto con altri miei simili ad obbedire a un domatore armato di frusta, davanti a tanta gente spaventata come me.
Dall’altro lato un senso di sgomento lo deve aver sopraffatto. Chi vive in gabbia conserverà o no un ricordo, forse solo inconscio, di savane e di distese di gnu e bufali? Oppure avrà sepolto anche queste memorie in una sorta di vago sentito dire, di immaginazione avvertita e mai vissuta.
Questi animali circensi spesso, per non dire sempre, sono nati in cattività. Abituati a eseguire ordini. A perdere la dignità che pure il loro rango vorrebbe avessero intatta, in favore di una sottomissione innaturale.
È cambiato ormai il modo di percepire gli animali. In particolare i selvatici. Che vorremmo fossero lasciati nel loro habitat. Purtroppo per chi è nato lontano dalla libertà quel mondo è perso per sempre. Un leone in cattività non può essere rimesso in libertà nella savana africana.
Non durerebbe più di una settimana. Non saprebbe procurarsi il cibo, verrebbe attaccato dagli altri della sua stessa specie e ucciso con assoluta certezza. Ridare lui la libertà significherebbe ammazzarlo. Ma se deve scorrazzare per Ladispoli no. Al limite deve stare attento agli incroci. A non fare brutti incontri con cani bulldog o con le pantere della Polizia.
Ha invece incontrato la gazzella dei Carabinieri ma stavolta l’agile preda ha avuto la meglio sul predatore spaesato. Kimba è stato catturato con del narcotico sparatogli contro alle 21 e riconsegnato alle gabbie del circo. Sui fatti è aperta un’inchiesta, ma al leone poco importa, lui è tornato già in galera, anche se non è colpevole di niente.
La cronaca dice che potrebbe essere sabotaggio, di chi?
I fatti della scarna cronaca sono i seguenti. Sabato sera il leone trova aperta la sua gabbia del circo Rony Roller. Secondo quanto riportato da Roma Today il responsabile degli animali, Rony Vassallo, avrebbe dichiarato che le gabbie sono sempre chiuse con un lucchetto. Lui esclude l’errore umano e parla apertamente di boicottaggio.
Sembra che tre persone siano state viste armeggiare vicino alle gabbie. Potrebbero essere loro ad aver contribuito alla fuga di Kimba. Sarà difficile risalire alla verità, perché nell’area del circo non vi sono installate telecamere di sicurezza. Inoltre pare che questo circo sia recidivo in termini di fughe di animali feroci. Nel maggio 2017 a Corcolle, si verificò un’altra fuga, questa volta di una coppia di leoni, ma non uscirono dall’area delle roulotte circensi.
Chi potrebbe voler sabotare un circo liberando un leone? Subito il pensiero va agli animalisti. Ma sarebbero degli irresponsabili. Un leone libero in città non è un sabotaggio è un crimine. Un pericolo per la cittadinanza, per altri animali domestici che Kimba avrebbe potuto incontrare e sbranare. Non voglio neanche pensare che gli animalisti siano così incoscienti.
Vorrei vedere lo stesso trasporto per le vittime umane di guerre e soprusi
Avendo a che fare con dei selvatici, ancorché quasi addomesticati sono sempre animali pericolosi, specie se impauriti, può succedere che si commetta un errore, lasciando un lucchetto aperto. Tuttavia l’ipotesi sabotaggio non è affatto peregrina in sé. Sono in molti a osteggiare la presenza di animali nei circhi, siano essi feroci o meno. Qualche incosciente “talebano” ci potrebbe sempre essere tra le fila degli animalisti solitari.
L’uso degli animali ridotti in prigionia è qualcosa che ormai turba le coscienze della gente. Magari in maniera un po’ contraddittoria: le stesse persone non mi sembra provino gli stessi sentimenti verso la tanta umanità che soffre per le guerre, la schiavitù e le condizioni di vita e di lavoro disumane, come per gli animali. Si è un po’ persa la scala dei valori e in questa confusione le bestie dei circhi hanno occupato la posizione principale, così come i tori dell’arena, come i cavalli al Palio di Siena.
Sono tutti eventi e manifestazioni diverse, per carità, e difficilmente comparabili, ma questi animali vengono visti come gli allevamenti di visoni e di chinchilla, esseri viventi segregati a beneficio del nostro divertimento. Un dato ormai inaccettabile da tanti. Forse perché gli animali ci appaiono più indifesi, privi di parola, di un’organizzazione internazionale che difenda i loro diritti.
Dovremmo riconsiderare il ruolo e le capacità del mondo vegetale
Aggiungo tuttavia che dovremo aspettarci qualcosa del genere anche per le piante, che pure sono il 98% degli esseri viventi sul pianeta. Anche le piante sono vive, senzienti, dotate di intelligenza e sensibilità diverse dalla nostra ma ugualmente accertata. Quindi? Non si tagliano più pini, abeti per regalarli a papi e alle città in vista del Natale. O per farne legna da ardere per l’inverno? O per venderle e spostarle in altri luoghi o continenti per ornare giardini e ville?
Tutto è vivo sul pianeta, a parte i minerali, l’aria, il fuoco e l’acqua. E tutti gli animali, a parte il mondo vegetale, compresi noi, i mammiferi, gli uccelli, gli insetti, i pesci, tutti insomma, bacilli e acari inclusi, siamo appena lo 0,3% della vita, il resto sono funghi. Questo dato dovrebbe farci riflettere sul fatto che non siamo i padroni della Terra e neanche, probabilmente, gli esseri più intelligenti. Se l’intelligenza è la capacità di adattamento va detto che ci sono piante che hanno appreso come vivere molto più a lungo di noi e con capacità di adattamento molto superiori alle nostre. Ma torniamo a Kimba.
L’Associazione Aidaa chiede il sequestro di Kimba
In procura a Civitavecchia arriveranno gli esposti degli animalisti. Uno sicuro da Aidaa, associazione italiana difesa animali ed ambiente che ha annunciato: «Sulla vicenda del leone fuggito ieri dal circo“, si legge, “girano ora diverse ipotesi compresa quella di un sabotaggio, voce messa in giro dai circensi oppure quella di un errore nella chiusura delle gabbie dopo che si è dato da mangiare al leone Kimba. Si parla anche di un lucchetto della gabbia tagliato, ma questa non è affatto la prova di un sabotaggio, in quanto il lucchetto potrebbe essere stato tagliato proprio dopo la fuga del leone da parte di chi ha lasciato la gabbia aperta per costruirsi un alibi».
«L’accertamento delle responsabilità», continua la nota, «lo lasciamo all’inchiesta della procura di Civitavecchia che sul caso ha già aperto un fascicolo per il momento senza indagati. Quello che interessa a noi è il benessere di Kimba e di tutti gli altri animali di quel circo e di tutti gli altri circhi, benessere che non può esserci dentro le gabbie viaggianti di pochi metri quadrati. Per questo abbiamo inviato questa mattina un esposto alla procura per chiedere che il leone venga sequestrato ed affidato ad un santuario dove possa vivere libero il resto della sua vita».
Gli animali selvatici del cinema sono ricostruzioni virtuali
Vivere “libero” in un santuario è un eufemismo. Certo è sempre una prigione più ampia e con meno vessazioni ma è pur sempre un luogo circoscritto. Purtroppo, come abbiamo detto, per chi esce da un circo o da uno zoo o da una “collezione” privata non c’è scelta se non questi rifugi, questi ospizi fine vita. Tornare liberi è impossibile e questa è la cosa che fa più male.
Ciò che bisognerebbe fare è impedire che vengano catturati animali selvatici o pesci come delfini e orche, per farne uso nei parchi, siano essi acquatici o terrestri, nei circhi, nelle collezioni private. C’è un giro di animali selvatici gestiti da domatori per uso cinematografico. Con questi che si fa? Immagino la risposta degli animalisti. Non mi azzardo a darne una diversa.
Le ragioni dello spettacolo possono farsi da parte. Oggi con la tecnologia si possono ricostruire movimenti quasi reali da parte di creature disegnate. Penso ai dinosauri di Jurassic Park, a King Kong e allo Squalo.
Tigri e leoni che vediamo nel Colosseo pronti a sbranare gladiatori sono ovviamente una ricostruzione animata, come ormai quasi tutto il cinema dei disastri, delle guerre e dei vari incidenti Fast and Furious. Tutto è finto, nel cinema e purtroppo, per altri motivi e altre modalità, anche nell’informazione c’è poco a cui credere, specie sui social.
Lunga è la strada per imparare a rispettare le altre forme di vita
La vicenda del leone scappato dalla gabbia del circo a Ladispoli farà ancora parlare di sé e di noi. Delle nostre città ormai attraversate da cinghiali, volpi, tassi, lupi, orsi e gabbiani, falchi pellegrini, pipistrelli, cigni, oche, galline, nutrie, piccioni, rettili e anfibi, topi a milioni, insetti, oltre ai nostri amici casalinghi cani, gatti, e ai cavalli, passerotti, pappagalli, asini e muli, vacche e tori, pecore e montoni, capre e maiali.
Un mondo davvero variegato che ora si allarga anche al Re della Foresta e a qualche altro selvatico. Ricordo la leggenda metropolitana della pantera nera che si aggirava nella periferia di Roma, che poi tanto leggenda non era. Al mondo ci sono città, come Mumbai, in India, che vivono a contatto con la foresta, dove i leopardi ogni tanto addentano un cittadino inerme.
Il problema non sono loro, siamo noi, che abbiamo invaso i loro territori. Li stiamo restringendo in aree troppo limitate per sopravvivere, oppure li chiudiamo in gabbia, come fossero dei giocattoli. Va riscritta la nostra maniera di rapportarci a loro. Non possiamo più occupare i loro spazi o ridurli a nostri giochi e passatempi. Ma finché non avremo rispetto per gli altri esseri umani non credo che potremo mai averne per tutte le altre specie viventi sul pianeta. Lunga è la strada da fare, più lunga di quella via del Mediterraneo che Kimba ha percorso, inutilmente libero, sabato sera, per poi tornare in gabbia.