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La Declaratio di Benedetto XVI correttamente tradotta dal prof. Corrias

Il prof. Corrias è stato un collaboratore fondamentale per scoprire quale fosse il reale significato della Declaratio di papa Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013

Papa Benedetto XVI

Papa Benedetto XVI

Il prof. Gian Matteo Corrias è un filologo e latinista di fama, il quale è stato un collaboratore fondamentale, all’interno dell’inchiesta “Codice Ratzinger” per scoprire quale fosse il reale significato della Declaratio di papa Benedetto XVI dell’11 febbraio 2013. Non già un’abdicazione, come ammannitoci dal mainstream fino ad oggi, ma un annuncio “profetico” della sua prossima detronizzazione, causa convocazione di un conclave illegittimo, che lo ha posto in sede totalmente impedita. Un congegno canonico assolutamente geniale riassunto in questo schema.

Nella conversazione avuta con il prof. Corrias si spiega passo dopo passo la reale interpretazione del testo latino che riportiamo in una traduzione finalmente corretta ed esplicativa elaborata dal latinista.

Fratelli carissimi,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo a causa delle tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione (una scissione? Si ricordi che decido significa etimologicamente “scindere”, “tagliar via”) di grande importanza a vantaggio dell’esistenza della Chiesa [la preposizione pro esprime primariamente il senso del complemento di vantaggio).

Dopo aver esaminato più e più volte la mia coscienza davanti a Dio, sono giunto alla consapevolezza certa che per il peso degli anni (anni appesantiti sia dall’invecchiamento del pontefice sia dal complicarsi della situazione della Chiesa, “perturbata da questioni di grande peso per la vita della fede”, per cui cfr. Eutropio, Breviarium ab Urbe condita) le mie forze non sono più adeguate ad amministrare l’ufficio petrino [qui colto in senso generale di investitura divina e ministero pratico. Nel linguaggio canonistico munus esprime, oltre al senso specifico di “investitura”, anche quello generale di “ufficio”, investitura ed esercizio pratico).

Sono ben consapevole che questo “munus” [Qui il senso è quello specifico di “investitura divina”, come è chiaro da quanto esplicitato nel seguito del discorso, dove si parla dell’essenza spirituale del munus], secondo la sua essenza spirituale, debba essere reso esecutivo (exsequor indica nel linguaggio giuridico l’attuazione, l’applicazione pratica di una legge, di un principio giuridico) non solo con l’azione e la parola, ma altresì con la sofferenza e la preghiera.

Tuttavia, nel mondo della nostra epoca soggetto a rapide trasformazioni e sconvolto da questioni di grande peso per la vita della fede, per governare la nave di San Pietro e per annunciare il Vangelo è necessario anche un certo vigore del corpo e dell’anima, che negli ultimi mesi in me è diminuito in modo tale, che devo riconoscere la mia incapacità ad amministrare bene il “ministerium” (= esercizio pratico, ciò che deve essere appunto “amministrato”. Nei testi canonistici ministerium non è mai impiegato come sinonimo di munus) che mi è stato affidato.

Per la qual cosa, ben consapevole del peso di quest’atto, in piena libertà dichiaro di rinunciare al “ministerium” di Vescovo di Roma, successore di San Pietro, affidatomi per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, così che dal giorno 28 febbraio 2013, a partire dall’ora ventesima, la sede di Roma, la sede di San Pietro [indica la cattedra episcopale romana di San Giovanni in Laterano. Ma non è improbabile che con “sede di Roma” Benedetto XVI intenda riferirsi al palazzo apostolico] resti vuota, e (dichiaro) che debba essere convocato il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice da parte di costoro (his è ablativo di hic, pronome dimostrativo indicante chi è vicino a chi parla) ai quali compete.

Fratelli carissimi, vi ringrazio di tutto cuore per tutto l’amore e la solerzia con cui avete portato con me il peso del mio “ministerium”, e vi chiedo perdono per tutte le mie mancanze. Ora affidiamo la Santa Chiesa di Dio alla cura del suo

Sommo Pastore, il nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo sua Madre Maria che assiste i padri Cardinali nell’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro vorrei servire di tutto cuore la Santa Chiesa di Dio con una vita dedicata alla preghiera [si noti che sopra aveva precisato che il munus è reso esecutivo non solo con l’azione e la parola, ma “anche con la preghiera e la sofferenza].

Segnaliamo inoltre, un’ultima, recentissima scoperta del prof. Corrias riguardo un cambiamento che è stato inserito da papa Benedetto nel rogito, dove il verbo exequor è stato sostituito con exercere. Il Santo Padre ha voluto ribadire ancora una volta che lui conosceva perfettamente la distinzione fra munus e ministerium, e non era affatto quel “distrattone” che certi legittimisti di Bergoglio continuano a voler far credere.

Vi aspettiamo alle prossime conferenze su “Codice Ratzinger” ad Anzio e a Terracina.