La democrazia è in crisi, o è essa stessa la causa della crisi?
La Ue e la Francia ignorano sprezzantemente le indicazioni degli elettori, e la colpa, paradossalmente, è proprio dei sistemi di voto: che però contengono in sé anche i semi della soluzione al problema
Nelle ultime settimane, come accade periodicamente, commentatori e addetti ai lavori sono tornati a gridare che la democrazia è in crisi. E, tuttavia, ci si potrebbe anche chiedere, marzullianamente, se non sia essa stessa la causa della crisi. Perché questo è ciò che suggerisce l’esito delle recenti Elezioni Europee e delle successive Legislative in Francia.
La democrazia è in crisi?
Winston Churchill affermava che «la democrazia è la peggior forma di Governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora». Gli antichi Greci (e poi i Romani) erano più drastici, e la consideravano la peggiore tra le migliori costituzioni possibili, dietro a monarchia e aristocrazia. Ma anche la più “sicura”, in quanto la sua (inevitabile) degenerazione dà luogo alla demagogia, meno pericolosa rispetto a oligarchia e tirannide.
Nessuno, in compenso, discuteva l’etimologia del vocabolo, notoriamente legata al potere del popolo: e già qui ci sarebbe qualcosa da obiettare. Almeno nelle Nazioni moderne, infatti, l’unico potere dei cittadini è quello di nominare chi deterrà il potere (salvo casi particolari come i referendum).
Si tratta quindi di una sovranità indiretta, che comunque non è poco, soprattutto ora che questo modello appare ormai in via di estinzione. Come si può facilmente constatare guardando Oltralpe, segnatamente – e in ordine meramente cronologico – a Strasburgo e Parigi.
Lo scorso giugno si è svolto il rinnovo dell’Europarlamento, rispetto al quale il corpo elettorale ha dato almeno un paio di indicazioni chiarissime. Riassumibili nella solenne bocciatura delle istanze progressiste (in particolare quelle dettate dall’ideologia green affermazionista), da sostituire con politiche improntate piuttosto al conservatorismo.
Eppure, in virtù della surreale composizione dell’emiciclo comunitario, i mandarini del Vecchio Continente hanno fatto orecchie da mercante. Riproponendo la stessa attuale (e innaturale) maggioranza PPE-S&D-RE a sostegno dell’esecratissimo bis di Ursula von der Leyen come Presidente della Commissione Europea. Anzi, come da sfogo del Premier Giorgia Meloni registrato dal Corsera, addirittura si erano accordati per le nomine ancor prima dell’apertura delle urne.
Il caso francese
Qualcosa di simile è avvenuto in Francia, il cui Presidente Emmanuel Macron ha sciolto l’Assemblea Nazionale, chiamando gli elettori a ri-designare i propri rappresentanti. La legge elettorale transalpina prevede un doppio turno a cui hanno accesso tutti coloro che raggiungono almeno il 12,5%, con possibilità di sfide triple e anche quadruple. Ma permette anche la cosiddetta “desistenza”, vale a dire il ritiro di un candidato minoritario per favorirne uno meglio piazzato.
Ebbene, i citoyens si sono espressi senza appello in favore del Rassemblement National di Marine Le Pen, arrivato largamente in testa in entrambe le tornate. Tuttavia, per effetto del meccanismo perverso di cui sopra, alla fine allo schieramento di destra sono stati assegnati solo 143 seggi sui 577 totali. Per contro, il Nouveau Front Populaire (l’alleanza di quattro formazioni di sinistra) ne ha ottenuti 182, e il campo presidenziale Ensemble 168.
Il risultato è che ora l’Esagono è ingovernabile (di nuovo), al punto che l’inquilino dell’Eliseo non ha ancora scelto il nuovo Primo Ministro. E che il macroniano François Bayrou, come riporta France 24, ha potuto evocare una maggioranza cosiddetta gloubi-boulga, ovvero un campo larghissimo quanto sgradevolmente eteroclito. Che tra l’altro dovrebbe escludere sia RN che La France Insoumise, ossia il primo e il terzo partito per consensi e (all’inverso) per numero di deputati. Voilà la démocratie.
La causa della crisi è la democrazia?
Alla luce di questi sprezzanti voltafaccia, non stupisce che in molti sui social si siano domandati che senso abbia allora votare. Eppure, se è la democrazia la causa della propria stessa crisi, essa contiene anche in sé i semi della sua ricomposizione. Perché, per sua natura, o rispetta la volontà popolare, o non è.
L’unica soluzione possibile, perciò, è un sistema elettorale in base al quale chi vince lo scrutinio ha l’onore e l’onere di governare. Elementare, Watson: oppure no?