La democrazia ha i suoi limiti, ma ecco perché dobbiamo continuare a tutelarla
Nonostante i suoi limiti la democrazia parlamentare resta superiore a qualsiasi totalitarismo
La questione del fascismo e dell’antifascismo è, da sempre, al centro del dibattito politico e pubblico nel nostro paese. Ciò per ovvie ragioni. La Repubblica italiana, storicamente, è nata dalla fine del fascismo ed è figlia di quel grande ed eroico movimento di popolo che fu la Resistenza. L’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, giustamente difende le ragioni di quella memoria con orgoglio e determinazione.
Fascismo e antifascismo
Eppure, dalla conclusione della Seconda guerra mondiale, ossia da quando il cancro di nazismo e fascismo è stato sconfitto, non sono mai mancate nostalgie e ritorni di vario genere, seppure di modeste proporzioni quantitative. Già perché è possibile dire che il totalitarismo del Novecento sia stato un cancro che ha colpito al cuore il pensiero pubblico europeo e i suoi ordinamenti istituzionali e giuridici.
Chi è orientato politicamente a destra prontamente può rispondere che, nella definizione di totalitarismo, deve essere fatto rientrare anche il comunismo sovietico e, forse, quello cinese, ed è difficile negare questa macroscopica evidenza fattuale.
Ma, come in tutte le cose, mettendo molti elementi sotto la lente teorica dell’analisi, si rischia di fare soltanto confusione. Innanzitutto il primo elemento da considerare è lo spazio geo-politico dei fenomeni. In Italia e nell’Europa occidentale, il totalitarismo è stato quello di Hitler e Mussolini. Mentre, viceversa, il comunismo ha avuto un volto più roseo ed umano. Il contributo del PCI alla vita democratica dell’Italia repubblicana è stato, ad esempio, di prima grandezza e si tratta di un elemento difficilmente discutibile.
Il revisionismo storico, che ha messo in luce le macchie morali della Resistenza o l’atrocità delle foibe, si è spesso segnalato come inadeguato, sul piano della metodologia storica e sulla indipendenza da certe tare ideologiche di destra.
La questione del comunismo
Naturalmente è possibile spostare l’occhio focale dall’Europa occidentale al totalitarismo novecentesco tout court e, allora, è possibile far rientrare il comunismo sovietico, particolarmente per ciò che riguarda Stalin, sotto il fenomeno del totalitarismo, vero e proprio cancro politico della vicenda storica del Novecento.
Ciò comprese Hannah Arendt, meglio di molti altri, in quel grande capolavoro del pensiero politico che è “Le origini del totalitarismo” (ed. it. Einaudi) del 1951, libro non amato dal marxismo, proprio per l’equiparazione Hitler-Stalin, nazismo-bolscevismo.
In pagine memorabili, si rintracciano le origini del totalitarismo come fenomeno politico nuovo e completamente inaudito nel pensiero politico occidentale, e si mette al centro l’esperienza dei Lager e dei Gulag come tentativo di distruggere la libertà e la pluralità umane alla radice. Entrambi, nazismo e bolscevismo, funzionavano attraverso l’ideologia e il terrore, come suona l’ultimo capitolo del libro.
Ma non fu solo Hannah Arendt ad aver chiara consapevolezza di ciò che era diventato il comunismo sovietico. Basti pensare a grandi scrittori come Solženicyn e Pasternak, a poeti come Anna Achmatova e Iosif Brodskij, nonché a libri meravigliosi come “La mente prigioniera” (ed. it. Adelphi) di Miłosz o “Vita e destino” di Vasilij Grossman.
Il valore della democrazia
Dopo la caduta del Muro di Berlino, dell’Unione Sovietica e degli altri regimi dell’Est, il comunismo europeo non fa certo più paura a nessuno. Viceversa, una Cina in cui il dominio del Partito unico si alterna ad un feroce liberismo di mercato, continua ad essere uno spettro inquietante.
L’Europa e l’Italia conoscono, invece, abbastanza da vicino, lo spettro del sovranismo e delle nostalgie neo-fasciste. L’attacco alla sede nazionale della Cgil è stato un fatto troppo grave, per non indurre alla vigilanza attiva non solo i sindacati e l’ANPI, ma tutti cittadini abitati da sentire democratico.
Anche il governo più a destra della storia repubblicana – che pure vede, come elemento positivo, la presenza di una donna, Giorgia Meloni, come Presidente del Consiglio – è un elemento da non sottovalutare.
Poiché una, ed una soltanto, è stata la lezione del Novecento, sul piano politico. Ossia che, al di là delle molte critiche che è possibile rivolgere alla democrazia parlamentare – liberismo economico, disuguaglianze sociali, scientismo, tecnocrazia, corruzione, ipertrofia dei sistemi mediatici – essa si è dimostrata assai superiore, rispetto ai suoi concorrenti ed avversari, tanto di destra che di sinistra.
Forse per l’anima ateniese e romana che brilla nelle sue corde più profonde, forse per il retaggio del cristianesimo e dell’illuminismo, essa ha trovato nella sua capacità plurale ed inclusiva le corde della sua anima migliore. Ed è per questo che va, sempre, difesa a tutti i costi.