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“La Germania come la Romania”: la sconcertante ammissione di Breton

Per l’ex Commissario, l’Unione Euro-sovietica deve combattere le “interferenze”, guarda caso nei Paesi con risultati elettorali (potenzialmente) sgraditi: ecco la democrazia secondo Bruxelles

Bandiera dell’Unione Europea_ Dušan Cvetanović_Pexels

Bandiera dell’Unione Europea_ Dušan Cvetanović_Pexels

Il prossimo 23 febbraio, la Germania sarà chiamata alle urne per designare il successore del Cancelliere Olaf Scholz, sfiduciato dal Bundestag lo scorso dicembre. Una tornata la cui importanza si estende ben oltre i confini teutonici, e sulla quale dunque si sono inevitabilmente accesi i riflettori di tutto il Vecchio Continente. Anche con prese di posizione decisamente sconcertanti.

“La Germania come la Romania”

«Facciamo applicare le nostre leggi in Europa quando rischiano di essere aggirate e quando, se non le applichiamo, possono portare a delle interferenze». Così parlò, nel corso di un’intervista a BFMTV/RMC, Thierry Breton, aggiungendo che «lo abbiamo fatto in Romania, ed evidentemente lo dovremo fare, se necessario, in Germania».

Una “voce dal sen fuggita” che solleva molti interrogativi, perché le ingerenze (straniere) sono il grimaldello usato per cancellare le Presidenziali di Bucarest. La cui Corte Costituzionale aveva puntato l’indice contro la “disinformazione” diffusa su TikTok per favorire il candidato anti-establishment Călin Georgescu. Che però, come ha rivelato un report dell’agenzia giornalistica investigativa snoop.ro ripreso da Politico.eu, aveva beneficiato involontariamente di una campagna social lanciata dall’euroinomane Partito Nazionale Liberale.

La democrazia secondo Bruxelles

Inevitabile, allora, chiedersi cosa “avessero fatto” esattamente le istituzioni comunitarie in quella circostanza, e cosa quindi potrebbero reiterare. In molti, infatti, sospettano di essere di fronte a una velata minaccia di annullamento delle elezioni tedesche in caso di (sgradita) prevalenza dell’estrema destra dell’AfD. E tra quanti sono inclini a questa interpretazione spicca Elon Musk, che ha cinguettato apertamente di «incredibile assurdità».

Di qui la – prevedibile – smentita dell’ex Commissario Ue per il mercato interno e i servizi. Il quale, come riferisce Euronews, ha precisato che le sue dichiarazioni «si riferivano solo all’applicazione del DSA e dei suoi obblighi di moderazione».

La spiegazione, però, solleva più domande di quante risposte fornisca, perché il Digital Services Act è lo strumento pensato per istituzionalizzare l’euro-censura. Imbavagliando le opinioni non allineate con la narrazione dominante, come d’altronde ha candidamente ammesso Mark Zuckerberg, numero uno di Meta (e non è nemmeno la prima volta).

Per i manutengoli del politically correct, però, il problema è la libertà d’espressione garantita a tutti gli utenti ieri da X, oggi (forse) da Facebook e Instagram. Ecco la democrazia secondo Bruxelles, sempre più ineluttabilmente simile a un’Unione Euro-sovietica.