La guerra Israele-Hamas non è come quella russo-ucraina: ecco perché
Oggi il problema è una concezione distorta della libertà d’espressione: per cui in piazza si può inneggiare ai terroristi, mentre ieri si censurava chi dissentiva dalla narrazione unica
La guerra tra Israele e Hamas è stata a volte paragonata, soprattutto a livello mediatico, alla guerra tra Russia e Ucraina. Con la quale, però, sembra in effetti non avere alcun punto di contatto, a parte forse il fatto che entrambi sono conflitti woke. Dove l’inglesismo indica l’ideologia censoria affine alla cancel culture, che però, nel caso specifico, si estrinseca in due modi diametralmente e radicalmente opposti.
La guerra Israele-Hamas non è come quella russo-ucraina
Se c’è un aspetto in cui la guerra di Gaza assomiglia a quella russo-ucraina, è la comune, pesantissima ingerenza del politically correct. Che, inevitabilmente, porta con sé un enorme problema di libertà d’espressione, declinato però su un doppio binario fortemente divergente.
Diritto negato a quanti osavano dissentire o anche solo avere dei dubbi sulla narrazione unica filo-Kiev e filo-NATO imposta in Occidente. Diritto rivendicato dalle piazze pro-Palestina, malgrado il fatto che l’attacco di Hamas sia infinitamente più grave di quello di Mosca.
Il punto è che la libertà d’espressione non può essere assoluta, perché altrimenti, per dirne una, si dovrebbero tollerare anche insulti e discriminazioni (vere). E, nel caso specifico, si è di fronte a dimostrazioni pacifiche solo sulla carta. Cortei in cui la solidarietà col popolo palestinese appare più che altro un pretesto per vomitare odio contro Tel Aviv.
Succede in tutta Europa, ma è sufficiente considerare anche solo le recenti manifestazioni di Milano e Torino. Caratterizzate, scrive Il Giornale, da slogan e cartelli antisemiti, uno dei quali raffigurante un fotomontaggio di Anna Frank con indosso la kefiah. Col nadir di un agghiacciante coro intonato in arabo: «Apri le frontiere e ci mangiamo i sionisti, apri le frontiere e ci mangiamo gli ebrei».
Frutti malati di alberi avvelenati
Parole vergognose, che però riflettono perfettamente i “dogmi” di un’organizzazione terroristica che, ricorda Famiglia Cristiana, nel proprio statuto prevede l’eliminazione dello Stato d’Israele. Aspetto che, en passant, evidenzia un’altra cruciale differenza tra il conflitto mediorientale e quello slavo. Gli Ucraini, infatti, potrebbero sopravvivere a un’eventuale vittoria dell’esercito di Vladimir Putin: viceversa, se Hamas avesse la meglio il popolo ebraico verrebbe sterminato.
Non a caso, il movimento islamico è stato accostato da più parti all’Isis e ai Nazisti. Lo ha fatto, per esempio, il Premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma anche il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.
D’altronde, da alberi avvelenati non possono che scaturire dei frutti malati, e oggi i cattivi maestri, come rileva Il Riformista, perseverano a sguazzare in una pavida ambiguità. E se loro proprio non ce la fanno a condannare chiaramente i jihadisti, davvero ci si stupisce che poi in strada scendano cotanti allievi?