La lunga marcia dei Trattori contro le politiche agricole dei loro Paesi e dell’Unione Europea
Il malessere diffuso tra gli agricoltori. La loro sfiducia nei confronti della politica e delle organizzazioni tradizionali rappresentative dei loro interessi
E’ iniziato ai primi di gennaio del 2024 il movimento degli agricoltori europei, dapprima in Germania e subito dopo in Francia. Alla guida dei loro trattori, macchine essenziali per il loro lavoro, si sono messi in marcia lungo le grandi strade di comunicazione fuori delle città, per rendere visibile la loro protesta contro le politiche agricole dei loro Paesi e dell’Unione Europea.
Movimenti di protesta in tutta Europa
Ogni tanto hanno bloccato qualche casello autostradale, ottenendo sempre l’interesse e la simpatia per i loro problemi da parte dei viaggiatori.
In Belgio, un gruppo di trattori è entrato a Bruxelles e circonda il Parlamento Europeo.
In Italia si sono mossi verso la metà di gennaio. La maggioranza è partita alcuni giorni fa dal casello di Valdichiana, dove hanno formato un presidio per propagandare le ragioni della loro lotta.
Nelle ultime ore hanno raggiunto il GRA, attestandosi all’ingresso di Via Nomentana; altri gruppi sono arrivati dal Sud Italia.
Per essere ascoltati dal Governo, hanno dichiarato l’intenzione di entrare nella Capitale, diretti verso il Parlamento e Palazzo Chigi.
Fin dall’inizio tutti i telegiornali ne hanno dato notizia; negli ultimi giorni costituiscono spesso il servizio di apertura, con le immagini dei loro spostamenti e interviste in diretta, da cui abbiamo appreso i motivi della loro protesta: il rincaro del gasolio agricolo, la reintroduzione dell’IRPEF sui terreni, il costo delle materie prime (sementi, fertilizzanti, pesticidi).
Tutte cose che hanno approfondito ancora di più il divario tra spese e ricavi, sempre in negativo per gli agricoltori che sono così indebitati con le banche da essere costretti a cessare l’attività.
Dal 2016 al 2021 hanno chiuso 4 mila aziende piccole e medie, cioè il 31% del totale.
Si sono invece rafforzate le Cooperative e le grandi società, che hanno acquistato le piccole a prezzi di svendita, si potrebbe dire per un pugno di sementi.
Gli agricoltori non hanno fiducia nelle istituzioni
Le interviste mandate in onda dai Tg mostrano inoltre la grande sfiducia degli agricoltori nei confronti della Politica e delle Istituzioni; da parte di tutti, indipendentemente dal grado di istruzione o dall’età.
I vecchi esprimono il dolore di abbandonare un’attività in cui hanno speso tutta la loro vita e, quindi, per non poter lasciare nulla ai giovani. Questi ultimi, che volevano introdurre innovazioni, migliorare i prodotti usando la tecnologia, si trovano stroncati sul nascere.
Dopo il Tg, in tutti i talkshow della sera si parla sempre dei loro problemi; tutti i commentatori, giornalisti e politici, sembrano simpatizzare fortemente per la loro causa e abbondano le interpretazioni del loro malessere e i consigli per risolverlo positivamente.
Naturalmente, al di là della gara di solidarietà, le analisi si differenziano a seconda delle ideologie di riferimento. I giornalisti che scrivono sulla stampa genericamente detta di sinistra tendono ad addossare la colpa dello stato degli agricoltori all’attuale governo di destra Meloni, per esempio per l’IRPEF sui terreni agricoli.
Quelli di destra, o comunque coloro che apprezzano l’operato del governo anche su problemi diversi, affermano che la Meloni ha fatto già da prima uno stanziamento a favore degli agricoltori. Per quanto riguarda la tassa, dicono che ci sono stati grossi problemi di bilancio per cui, come ripetuto dallo stesso Presidente del Consiglio, verrà abolita per la massa degli imprenditori medio-piccoli e magari lasciata in vigore per i grandi.
Tutti sembrano concordare sugli effetti deleteri della PAC, la politica agricola comunitaria
Però ognuno dimentica i propri cambiamenti di posizione: la sinistra, nei precedenti governi, era stata il sostegno più forte delle politiche comunitarie; la destra, dall’opposizione predicava l’uscita dalla UE, mentre ora parla della necessità di riformarla cambiandone le leggi.
L’agricoltura è stata sfruttata dall’industria fin dalla nascita di questa. Oggi, il progresso
tecnologico ne accelera lo sfruttamento e la snatura profondamente.
Certo, l’agricoltura è stata sempre svantaggiata rispetto all’industria, anzi ad essa soggetta fin dalla prima Rivoluzione industriale del fine Settecento.
Bisogna andare molto indietro nei secoli, per trovare periodi in cui essa costituiva la ricchezza di uno stato. A quei tempi l’agricoltore era sfruttato dal commerciante, però aveva un margine di guadagno che gli garantiva la sussistenza.
Ma come sappiamo dalla storia, il progresso dell’industria favorito dalla scienza moderna si è svolto a danno degli artigiani, dei contadini e dei piccoli commercianti.
Queste categorie di lavoratori, basate sulla creatività dell’individuo e sulle tradizioni peculiari dei luoghi, sono state spazzate via dal capitalismo industriale.
Agricoltura e tecnologia
I contadini e gli allevatori hanno finora resistito modificando il loro lavoro con i mezzi della moderna tecnica, sforzandosi di migliorare qualità e quantità dei loro prodotti, senza dimenticare le conoscenze tramandate da una generazione all’altra. Hanno costituito così aziende di tipo familiare o di gruppi associati.
Purtroppo, la loro dipendenza dalla tecnica è aumentata sempre più con la crescita esponenziale di tutta la tecnologia degli ultimi decenni. Per esempio, la selezione delle sementi e delle razze, che prima si faceva con l’ausilio della chimica, oggi si avvale delle tecniche di manipolazione del DNA, che genera organismi geneticamente modificati, che non appartengono più all’evoluzione naturale.
Oggi inoltre la produzione e la distribuzione di merci e servizi sono nelle mani di pochi grandi gruppi finanziari internazionali (e sovranazionali, direi) che hanno anche il dominio dei mezzi per manipolare e orientare l’opinione pubblica.
Sostenendo la nocività per la salute di elementi della nostra cucina tradizionale, come la carne ed il vino (ricordiamo che per il vino il giudizio è venuto dall’Irlanda ), ci propongono di passare al consumo di farina di grilli, bistecca sintetizzata in laboratorio e insetti vari (scarafaggi, scorpioni?).
Giustificando queste proposte – che diverrebbero imposizioni – con la volontà di risolvere il problema della fame nel mondo. In realtà, soddisferebbero la fame senza limiti dellaFinanzache tutto divora e dei pochi privilegiati che potranno cibarsi delle cose migliori, lasciando alle masse le schifezze di cui sopra.
Il Movimento nel nostro Paese, le sue posizioni e prospettive
Questi problemi sembrano presenti ad alcuni leader del Movimento dei Trattori, che hanno acquisito una notevole visibilità in Tv; uno di loro ha detto: “noi non vogliamo la farina di grilli”.
A proposito del termine leader, ognuno degli intervistati ha dichiarato che gli agricoltori non ne hanno, sono tutti uguali. Come dichiarazione di democrazia dal basso va bene; però, c’è la necessità di individui che abbiano personalità spiccate e una comprensione più profonda dei fenomeni, anche per collegarsi con altri ceti sfruttati contro il Potere dominante.
Per ora, dalle dirette Tv emergono alcuni nomi, come quello di Salvatore Fais di “Riscatto Agricolo”, che vorrebbe l’incontro diretto con le Istituzioni, per es. con il Ministro dell’Agricoltura; o quello di Daniele Calvano, proveniente dal precedente movimento dei Forconi e capo del “Comitato Agricoltori Traditi”, maggiormente intenzionato a marciare su Roma.
Festival di Sanremo e protesta
Finora, il Movimento italiano ha ottenuto un caldo invito informale da parte di Amadeus ad esporre le sue ragioni al Festival di Sanremo; non è ancora sicuro se a mezzo della lettura di una lettera o con suoi rappresentanti sul palco, come sarebbe auspicabile.
Un riconoscimento che ha avuto da tutti i commentatori è stato l’apprezzamento per il modo educato con cui finora tutti gli agricoltori hanno esposto la loro situazione, insieme all’intenzione di dialogo pacifico con le istituzioni.
Diversamente dai loro fratelli europei: in Belgio, come già detto, assediano Bruxelles, in Germania
Berlino; in Spagna, dove si son mossi dopo, stanno sul piede di guerra contro la Politica.
Non vorremmo che gli apprezzamenti e gli elogi che piovono da ogni parte, anche da coloro che sono sempre stati al servizio (anche non retribuito!) dei potenti, abbiano lo scopo di fiaccare e dividere il Movimento.
E ricordiamo che sì, le ragioni vanno sempre motivate con chiarezza; ma la semplice educazione non basta ad affermarle.