La pallavolista Lara Lugli, colpevole di essere rimasta incinta. Il nostro racconto a fumetti
Il contratto di Lara Lugli “si è interrotto quando ho comunicato di essere incinta, come succede a tutte le atlete in questo Paese”
8 marzo 2021– il caso della pallavolista Lara Lugli (classe 1980) diventa subito caso mediatico il giorno della festa delle Donne.
Tutto parte da un post pubblicato da lei stessa su Facebook
“Che il Covid19 lasci conseguenze neurologiche nei casi più gravi è ormai un dato di fatto, non mi è noto se i soggetti interessati in questa vicenda ne siano stati affetti, pertanto lascio il beneficio del dubbio…”
Comincia così il lungo sfogo della pallavolista, schiacciatrice e precedentemente giocatrice in A2, seguito da una descrizione dettagliata di tutti gli eventi che l’hanno portata ad essere citata per danni dalla Asd Volley di Pordenone (Serie B-1) (che però non cita direttamente).
Tra il 2018 e il 2019 infatti, la Lugli è un’atleta regolarmente stipendiata dalla società in questione, giocando nel campionato di quell’anno. Il 10 marzo, all’età di 38 anni, rimane incinta, concludendo il contratto. Ma l’8 aprile dello stesso anno ha un aborto spontaneo. Nel periodo di tempo tra queste due date però, la squadra ha perso molti punti e lo stipendio di febbraio non arriva. Dopo mesi di richieste quindi, l’atleta si affida ad un avvocato che fa partire l’ingiunzione di pagamento.
Ha nascosto l’intenzione di avere figli
2021, qualche giorno prima della festa dedicata alle donne arriva invece l’atto di citazione in opposizione all’ ingiunzione da lei richiesta, in cui si accusa la Lugli di aver danneggiato la società e di aver taciuto durante la trattativa contrattuale della sua “intenzione di avere figli”. Ma non finisce qui, perché nelle dichiarazioni d’accusa fatte da parte della società nei confronti della loro ex atleta-dipendente, si dichiara che “la sig.ra Lugli ha venduto la sua età e la sua esperienza e avrebbe potuto rientrare e completare gli ultimi due mesi di campionato anche dalla panchina”.
Lei stessa ha elencato tutte le accuse rivolte alla sua persona, nel lungo post sui social, dichiarando anche di aver riflettuto per qualche giorno prima di pubblicarlo, trattandosi di materiale legale:
Doveva informare la società
“Le accuse sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni e data l’ormai veneranda età, dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato a scatafascio”
La pallavolista ha anche riflettuto su quanto le affermazioni della società di Pordenone, l’abbiano colpita a livello personale, dato che sono state messe, nero su bianco, vicende facenti parte della sua sfera personale come il brutto momento psicologico che ha avuto dopo l’aborto.
Nessuno inoltre sembra averle chiesto di ritornare a giocare e il suo contratto, come lei stessa ha ammesso:
“si è interrotto quando ho comunicato la gravidanza, come succede a tutte le atlete in questo paese”
Parità di genere, un obiettivo da raggiungere
Un’interruzione contrattuale che non è frequente solo nella categoria delle atlete professioniste ma anche nella maggior parte di quelle facenti parte delle altre aree lavorative.
Nel giorno della festa delle donne infatti, l’assenza di parità di genere è stata uno dei temi più sottolineati e discussi. Una disparità che deve essere messa in primo piano, come problema del nostro paese, non solo l’8 marzo, ma tutti i giorni.
Soprattutto in Italia infatti, la disparità salariale e i casi in cui la gravidanza porta al licenziamento, sono molti e diffusi indifferentemente dalla regione in cui ci si trova.
Il messaggio di Lara Lugli, grazie al potere virale dei social, ha raggiunto moltissimi utenti tra cui anche personaggi noti del mondo della politica. La presidente del senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e l’onorevole Laura Boldrini (da tempo attiva nelle lotte che coinvolgono il movimento femminista) sono solo alcune tra i tanti che hanno appoggiato l’atleta, esprimendo le loro opinioni riguardo la vicenda.
La speranza è che questo sostegno passi dal mondo virtuale a quello reale che più che mai ha bisogno di leggi a tutela delle donne nel mondo del lavoro, protagoniste soprattutto nel periodo della pandemia da Covid19:
secondo i dati Istat infatti, il 98% di chi ha perso il lavoro è donna (su 101mila disoccupati, 99mila sono membri della disoccupazione femminile).
Cifre che devono preoccupare e che ci fanno capire quanto sia grave la situazione. Questo episodio giudiziario è solo uno tra tanti.