La Russa e le polemiche su Via Rasella. Perché egemonizzare la fede politica degli assassinati?
Risulta tra le vittime, salvo errori, nessun appartenente ai Gap. Con la strage delle Fosse Ardeatine furono decapitati i gruppi partigiani che non condividevano le scelte dei Gap
di Antonio Parisi
Era il pomeriggio del 23 marzo del 1944, alle 15,55 quando a Roma, in via Rasella all’altezza di Palazzo Tittoni, edificio in cui abitò Benito Mussolini fino al 1925 prima di trasferirsi a Villa Torlonia, mentre vi transitava un reparto delle truppe di occupazione germaniche, ci fu un attentato che portò alla morte di 33 soldati tedeschi e almeno 2 civili italiani.
La compagnia Bozen in via Rasella
I militi tedeschi facevano parte della 11 compagnia Bozen. A seguito dell’atto, voluto e organizzato dai Gruppi di azione patriottica (gap), espressione del Partito comunista italiano, a cui parteciparono una dozzina di loro componenti, comandati da Carlo Salinari, ci fu una tremenda ritorsione da parte degli occupanti. Per ogni soldato tedesco morto nell’attentato sarebbero stati passati per le armi 10 italiani, come poi avvenne nelle cave delle Fosse Ardeatine.
In realtà gli italiani trucidati furono 5 in più rispetto al calcolo di 330. A sbagliare i conti fu lo stesso Herbert Kappler, comandate della Gestapo a Roma. Secondo quanto raccontato da fonti tedesche, Adolf Hitler in un attacco d’ira, pretendeva che fosse fatto saltare in aria tutto il quartiere attorno al luogo dell’attentano. E che gli italiani uccisi per rappresaglia fossero in numero di 50 per ogni soldato tedesco deceduto a seguito dell’attentato. E in effetti nei momenti concitati a seguiti all’attentato, un furioso generale Kurt Maelzer, comandante della piazza di Roma, secondo alcune testimonianze di parte germanica, voleva far saltare in aria tutti i caseggiati tra via Rasella e via dele IV Fontane.
A 79 anni da quella tragica giornata, si sono scatenate, ancora una volta, le polemiche. Intanto sulla nazionalità dei componenti la compagnia tedesca Bozen e poi i distinguo della politica sugli italiani assassinati alle Fosse Ardeatine per rappresaglia all’attentato di via Rasella. Sul primo punto, a parere di alcuni politici si trattava di personale anziano altoatesino e quindi di nazionalità italiana. In realtà il più anziano tra le vittime era Jakob Erlacher che aveva 43 anni, essendo nato nel 1901.
Chi erano le vittime delle Fosse Ardeatine?
Circa la nazionalità delle vittime si è scritto, in alcune occasioni, che si trattava di soldati di nazionalità italiana. La magistratura italiana in realtà ha appurato che sicuramente i componenti della Bozen erano altoatesini, ma che avevano a suo tempo optato per la cittadinanza germanica.
Sul secondo aspetto, non c’è molto da discutere: certamente le vittime delle Fosse Ardeatine erano antifasciste e antinaziste. Quello che non piace è il tentativo da parte di alcune forze politiche di egemonizzare la fede politica degli assassinati. Questo è inaccettabile perché alle Fosse Ardeatine, ci furono partigiani monarchici quali Cordero di Montezemolo, comandante del Fronte Militare Clandestino, e il maggiore dei carabinieri Ugo De Carolis.
I due militari monarchici, acciuffati probabilmente per una spiata, su cui sarebbe interessante scoprire da parte di chi, furono imprigionati e torturati nella famigerata prigione di via Tasso, gestita dalla Gestapo di Kappler. Cordero di Montezemolo e De Carolis, pur sottoposti a tortura, non parlarono. Poi c’erano gli appartenenti alla comunità ebraica e poi ancora partigiani appartenenti al gruppo rivale al Pci, di “Bandiera Rossa” espressione del Movimento Comunista d’Italia.
Non tutti i partigiani erano nei Gap
Risulta tra le vittime, salvo errori, nessun appartenente ai Gap. Con la strage delle Fosse Ardeatine furono decapitati i gruppi partigiani che non condividevano le scelte dei Gap i quali non informarono gli altri gruppi della resistenza.
A causa di questo per puro miracolo non furono arrestati tre giovani della gioventù resistenziale democristiana, i quali stavano preparando della stampa clandestina in casa di Giorgio Sacerdoti, che abitata a pochi metri da Via Rasella. Con lui c’erano il giovane Arturo Nati, poi famoso avvocato e animatore di circoli intellettuali e politici del dopoguerra. E poi anche Franco Nobili, mitico presidente dell’Iri. Tre riuscirono a sfuggire al rastrellamento per puro miracolo.
Nati, da poco compiuti di 18 anni era in abito talare in quanto seminarista al collegio Capranica. Se lo avessero preso sarebbe potuta saltare tutta la rete clandestina democristiana. Nati infatti insieme con la figlia di De Gasperi, Maria Romana, avevano trasportato e nascosto bombe e armi nelle grotte nelle vicinanze di Roma.
Coloro che furono trucidati alla Fosse Ardeatine, dunque, avevano in comune l’amore per l’Italia e il desiderio di liberarla dall’oppressore. Non si può in maniera speciosa fare dei distinguo.
Ha ragione Giorgia Meloni quando dice che loro, le vittime, erano patrioti. Due parole andrebbero spese anche nei confronti di una delle vittime civili: il 13enne Piero Zuccheretti, il quale si stava recando al lavoro nella vicina via degli Avignonesi. Non è chiara la dinamica della sua morte, pare che fosse appoggiato, forse addirittura seduto, sopra il carretto della spazzatura dove era stato sistemato l’ordigno esploso. Il suo corpo fu dilaniato. Dei suoi resti esistono delle controverse e raccapriccianti foro, che erano possedute da un tipografo di via Rasella.
Antonio Parisi