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La salute diventa sempre più un privilegio: si rinuncia anche a cure sanitarie essenziali

Le famiglie con reddito medio-basso sono spesso costrette a fare scelte dolorose, come rinunciare a cure preventive o a visite specialistiche

Medico al lavoro

La fotografia scattata dall’Outlook Salute Italia 2023 di Deloitte non lascia spazio a interpretazioni: il nostro sistema sanitario nazionale (SSN) si trova di fronte a un obiettivo epocale, quello di garantire un accesso equo alle cure per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione economica.

L’allarme non è nuovo, ma le cifre continuano a dipingere un quadro preoccupante, in cui un numero significativo di persone, pari al 29% del campione intervistato, ha dovuto rinunciare a cure sanitarie essenziali negli ultimi 12 mesi. Sebbene questo dato sia in lieve calo rispetto all’anno precedente (-3%), le ragioni economiche continuano a pesare drammaticamente, con il 69% degli intervistati che ha citato difficoltà finanziarie come motivo principale per l’impossibilità di curarsi.

Il peso economico della salute: un diritto negato?

È evidente che la salute sta diventando sempre più un privilegio per chi può permetterselo. Le disuguaglianze nel nostro Paese si riflettono in modo allarmante anche nel settore sanitario. Il report evidenzia come le persone appartenenti alle fasce di reddito più basse siano quelle più colpite dalla mancanza di accesso alle cure, ma il fenomeno non risparmia nemmeno chi gode di un reddito medio o alto. Questo rappresenta un fallimento sistemico, che mette in luce come l’attuale organizzazione del SSN non sia sufficiente a proteggere tutte le fasce di popolazione. Le famiglie con reddito medio-basso sono spesso costrette a fare scelte dolorose, come rinunciare a cure preventive o a visite specialistiche che potrebbero prevenire patologie più gravi e costose da trattare in seguito.

Liste d’attesa: un collo di bottiglia insostenibile

Un altro dato preoccupante riguarda le lunghe liste d’attesa, indicate dal 40% di chi ha dovuto rinunciare alle cure come il principale ostacolo. Questo problema cronico del nostro SSN è spesso attribuibile a una mancanza di risorse, organizzazione inefficace e personale sanitario insufficiente. L’impossibilità di accedere tempestivamente a visite e trattamenti può aggravare le condizioni di salute dei pazienti, rendendo necessarie cure più costose e invasive in futuro. Le liste d’attesa rappresentano un collo di bottiglia che non solo riduce la qualità della vita dei pazienti, ma aumenta il rischio di sovraccaricare ulteriormente un sistema già sotto pressione.

Il ruolo della tecnologia nella salute pubblica

Se da un lato la situazione attuale pone interrogativi seri sulla sostenibilità del SSN, dall’altro si intravedono alcune possibili soluzioni. La tecnologia, in particolare, offre uno strumento prezioso per migliorare l’efficienza e ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle cure. Dal report emerge che il 54% degli italiani ha utilizzato servizi digitali per prenotare visite, mentre il 58% ha ricevuto referti tramite canali digitali. Tuttavia, l’utilizzo delle piattaforme online per scegliere un medico o informarsi sulle opzioni terapeutiche resta limitato al 38% della popolazione. Dati che indicano che la transizione digitale nel campo sanitario è ancora agli inizi e necessita di investimenti mirati per raggiungere una maggiore diffusione.

L’innovazione tecnologica può e deve giocare un ruolo chiave nella sanità pubblica, facilitando l’accesso a servizi essenziali come la prenotazione di visite o la consultazione di specialisti, e migliorando l’organizzazione delle risorse sanitarie, soprattutto in contesti di carenza di personale. Inoltre, le piattaforme digitali potrebbero essere utilizzate per ottimizzare la gestione delle liste d’attesa e per promuovere la telemedicina, che durante la pandemia ha dimostrato di poter essere un valido strumento per ridurre la pressione sui servizi sanitari tradizionali.

Il futuro del SSN: verso un sistema integrato?

Un altro aspetto rilevante emerso dal report è il ruolo crescente del settore privato nella sanità italiana. Mentre il SSN resta il principale fornitore di cure, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, si osserva un aumento della domanda verso il comparto privato, in particolare per prestazioni ambulatoriali specialistiche. Un fenomeno che solleva interrogativi sull’equità del sistema: le prestazioni specialistiche sono fruite dal 72% delle persone con redditi alti, rispetto al 68% di quelle con redditi bassi. Ancora più marcato è il divario nelle attività di prevenzione, con un 60% di accesso per i più abbienti contro un 39% per i meno abbienti.

Il progressivo sviluppo del mercato assicurativo potrebbe rappresentare una soluzione, ma al momento appare ancora limitato dall’elevata spesa sanitaria “out of pocket” che grava sulle famiglie italiane. L’integrazione tra pubblico e privato sembra essere la strada più percorribile per garantire un accesso più ampio e inclusivo, ma richiede una regolamentazione rigorosa per evitare che si creino ulteriori disparità tra chi può permettersi cure di qualità e chi invece ne resta escluso.