La sfida alla tecnofinanza è riprendersi “la sovranità monetaria”
Presentato il libro di Guido Rossi, “Sfida alla Tecnofinanza”, con il contributo di Marcello Veneziani
Giovedì pomeriggio, al Labcom di via Ridolfino Venuti, si è tenuta la prima di un ciclo di conferenze dal titolo “Riflessioni non conformi” organizzata dal Nes. Il primo appuntamento ha visto protagonista il giovane Guido Rossi per la presentazione del suo debutto editoriale: “Sfida alla Tecnofinanza”.
Si tratta di un saggio che rilegge la storia economica europea con un occhio critico, cercando poi di interpretare le ragioni e le origini della crisi odierna per poi, infine, proporre un’alternativa di decrescita all’interno di dottrine già esistenti e non. La lettura è impreziosirà dal contributo di Marcello Veneziani, che ha partecipato al libro producendone la prefazione
La presentazione alla quale hanno partecipato numerosi giovani, merito della giovanissima età di autore e organizzatori, tutti tra i 22 e i 28 anni, ha avuto grande successo e si è tramutata in una vera e propria conferenza il cui tema centrale era la sovranità economica.
L’autore, Guido Rossi, alla prima domanda rivoltagli: “come nascono i valori imposti dall’Unione Europea ( 3% – massimo di rapporto deficit/ Pil – e 60% – massimo di debito pubblico/ Pil)?”, risponde: “L’ormai famigerato 3% nacque nella Francia degli anni Ottanta. Esattamente, non per l’Europa. E vediamo come: nella prima presidenza Mitterrand, quest’ultimo aveva promesso mari e monti in campagna elettorale, costati un patrimonio in termini di indebitamento, il presidente convocò dei 'tecnici' tra cui tale Guy Abeille. Quest’ultimo impose il 3% come limite massimo di rapporto deficit / PIL, limite che calzava a pennello per la Francia e le politiche di Mitterrand.
Per quanto riguarda il 60% debito/Pil si pensi che quando firmammo Maastricht, nel ’92, l’Italia si trovava quasi al doppio del valore richiesto, intorno al 105%, mentre solo nel 1981 ancora si trovava intorno al 58%. Prima del 1981 il tesoro per finanziarsi emetteva titoli di debito statali – come continua a far oggi -. Soltanto che all’epoca il tasso di interesse relativo era deciso dal Tesoro. L’idillio perfetto fu interrotto da Andreatta e Ciampi che nel 1981 decisero che il tasso di interesse dovesse essere deciso dal mercato. Non sono stati solo questi i patti scellerati che l’Italia ha dovuto firmare ma anche altri, tra i quali: patto di stabilità, Fiscal compact ed Erf”. L’autore ha poi proseguito rispondendo accuratamente e spiegando gli effetti drammatici che questi patti hanno riversato nell’economia italiana e non solo.
La seconda domanda riguarda l’occasione persa dell’Europa di diventare esempio di economia alternativa, come poi lo è effettivamente stata la Russia ad oggi. Guido Rossi risponde: “Darò due risposte, una più semplice e banale e allo stesso tempo verissima, una seconda più storica”.
“Innanzitutto – prosegue Rossi – non esiste un modello europeo per il semplice fatto che questa Europa è stata costruita sul modello americano: gli stati uniti d’Europa, quando invece, l’Europa vanta storie ultramillenarie, fatte di tradizioni, lingue, culture e retaggi completamente differenti dalla recente tradizione americana. Ma il colpo finale fu inflitto da un personaggio chiave: il Conte Coudenhove-Kalergi.”
L’autore prosegue spiegando quali siano nel dettaglio le colpe di Kalergi, tra le quali l’eliminazione delle singole culture, appiattendo i singoli Stati, distruggendo le singole identità nazionali. Anche e sopratutto perché "per imitare l’America bisognava per prima cosa non avere una storia di secoli di civiltà alle spalle. Non avere le lingue che hanno dato al mondo la più grande letteratura, la più grande poesia, il più grande teatro, la più grande filosofia".
L’incontro si conclude con la risposta alla domanda più importante: quale sarà la nostra sfida? “Prima di tutto la sovranità monetaria, – suggerisce Rossi e continua – riappropriarsi della proprietà della nostra moneta e della possibilità di svalutare competitivamente. Di conseguenza passo necessario riappropriarci della nostra sovranità nazionale e quindi tornare a decidere in prima persona le scelte in termini di politica economica, fiscale ma anche e soprattutto culturale e sociale”.
L’autore parla infine dell’importanza della comunità, perché “diventa tutto inutile se prima non si combatte la vera importante sfida, riformare la comunità”. “Dal diciottesimo secolo abbiamo ereditato un uomo sempre più individuale, sofisticato, diversificato. Sempre più 'creativo' e libero, sempre più autonomo, e paradossalmente sempre più dipendente dalla società alla quale appartiene. Col passaggio dallo stato assoluto a quello di diritto, all'uomo 'illuminato' borghese e calcolatore, è stato reciso un importante legame tra l'uomo e la comunità. Oggi le uniche comunità che conosciamo dono quelle 'informatiche, digitali'. Dobbiamo ricordare la nostra natura comunitaria. Occuparci degli altri prima che di noi stessi, si tratti di un amico, di un vicino, come di uno sconosciuto che faccia parte della nostra citta o della nostra nazione”.
A presentare il libro insieme all’autore sono stati Nicole Ledda, sovranista, e Edoardo Arrigo, che in rappresentanza del Nes ha moderato l’incontro.
L’autore infine, per dimostrare che la sua “sfida alla tecnofinanza” non rimane nelle pagine di un libro, ma ha annunciato che devolverà in beneficenza tutto il ricavato del saggio, che si può comprare sul sito della casa editrice: http://www.circoloproudhon.it/shop/sfida-alla-tecnofinanza-per-riformare-la-comunita/