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La Siria come non l’hanno mai raccontata

L’Università di Roma Tre, grazie a Direzione Futuro, ha raccontato l’altro volto della Siria

La Siria, dopo appena pochi mesi, già non fa più notizia. Tutto tace, anche se lì, in Siria, la guerra continua.
Per questo, Direzione Futuro, movimento dell’Università di Roma Tre, ha deciso di parlarne ancora, perché l’attenzione pubblica non si sopisca. E perché il racconto di chi la Siria l’ha vissuta e l’ha studiata, può aiutare a guardare alla questione con l’occhio che i mass media hanno (quasi) sempre cercato di camuffare.
Non solo. Direzione Futuro ha avuto il merito di portare il dramma siriano per la prima volta in un Ateneo – quello che dovrebbe essere, per eccellenza, il luogo in cui le idee iniziano a camminare.
E l’ha fatto con Valerio Cannatà, Vicepresidente del Consiglio degli Studenti del Dipartimento di Scienze Politiche in qualità di moderatore, che ha introdotto uno ad uno i relatori, ospiti di Roma Tre: Simone Moccheggiani Carpano, portavoce del Fronte Europeo di Solidarietà per la Siria, Jamal Abo Abbas, presidente della Comunità siriana in Italia, e Matteo Marconi, ricercatore dell’Università degli Studi di Sassari.

L’apertura del dibattito, dal nome “Siria, chi vuole questa guerra?”, è stata affidata ad un video-reportage realizzato dai volontari del Fronte Europeo di Solidarietà per la Siria durante la loro ultima missione a Damasco, proprio nei giorni in cui l’ultimatum lanciato dagli Stati Uniti al Presidente Assad stava per scadere. Le testimonianza diffuse dal video del Fronte Europeo sono anche governative (come quella del ministro degli Esteri Al Mekdad, o del ministro dell’Istruzione Omran Al Zoubi) e civili (come quella del padre di Alì, 19enne morto sotto i colpi dell’esercito siriano), e tutte raccontano una Siria ostaggio dei ribelli armati. Armati dall’Occidente.
Il video, però, racconta anche un popolo fiero e forte, unito da un indelebile senso d’appartenenza.
Il papà di Alì, proprio nel giorno del funerale del figlio, alle telecamere del Fronte ha raccontato l’importanza della Patria, dell’Onore, della Terra: “la Patria è cara – ha esclamato tendendo il pugno in aria – E anche l’Onore lo è”.

“La battaglia del Fronte Europeo – ha dichiarato Simone Moccheggiani – è una battaglia di civiltà, oltre che una battaglia contro il terrorismo”.
“Il Fronte – ha continuato – nasce agli inizi del 2013 per riunire tutti i volontari sostenitori della Siria. Vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica, diffondendo notizie in ordine alla reale situazione che sta vivendo questo Paese. Una realtà spesso ignorata o volutamente distorta dagli stessi organi di informazione internazionale, per raccontare una verità di comodo”. Facile intuire a chi possa far comodo, a “tutti quei Paesi impegnati a portare avanti questa vile aggressione contro la Siria”.
Il Fronte Europeo, in collaborazione con Sol.id (una Onlus che opera nel sociale), sta anche organizzando una raccolta fondi e una raccolta materiali per portare nei prossimi mesi aiuti concreti alla popolazione siriana, e in particolar modo ai bambini, le prime vittime di questa guerra terroristica.

Una guerra che è “ingiusta”. Così l’ha definita Jamal Abo Abbas, il presidente della Comunità siriana, una comunità apolitica che si è formata per offrire un punto di riferimento ai siriani giunti in Italia per motivi di studio e lavoro.
Ha puntato il dito contro il fondamentalismo islamico, Jamal: “I fondamentalisti non sanno cos’è l’Islam, una religione di amore e che predica la pace. Loro il diverso lo uccidono”.
Ma non è possibile ridurre a queste poche parole il problema siriano per trovare una soluzione: “In Siria – ha continuato Jamal – esistono più di 40 etnie”.
Ma perché la guerra, oggi, la fa lo straniero alla Siria?
“In Siria – ha risposto Jamal – non c’è nessun dittatore. I siriani, l’hanno scelto Assad, e oggi è uno dei migliori Presidenti del Medio Oriente. Ma vogliono toglierlo di mezzo per occupare il nostro Paese, e con la scusa della democrazia, cercano di distruggerci. Pensiamo alla Libia: è stata annientata, e ora è sotto scacco dei fondamentalisti; per fortuna in Egitto non ci sono riusciti. In Siria, l’Occidente ci viene perché è un Paese ricco: ci sono i gas naturali, a fronte del petrolio che prima o poi si esaurirà. Ma la Siria è forte anche perché ha sempre avuto una politica autonoma, ha un’economia forte e non ha debito verso l’estero. In Siria abbiamo lo 0% di analfabetismo. Se non ci fosse la Siria, poi, Israele potrebbe realizzare il “grande Israele”. Di conseguenza, nemmeno la Palestina ci sarebbe più. Ebbene, non si può far morire un Paese per far contenti gli americani o gli israeliani. Inoltre, la ‘primavera araba’, è stata una scusa, una bugia, per consegnare il Medio Oriente ai fondamentalismi. Ma se ci sono riusciti altrove, non ci riusciranno in Siria”.

La Siria, infatti, non è l’Iraq, e non è l’Egitto. Questo lo sapevano tutti. Poi, però, questa ‘primavera araba’ è sbocciata, e ogni distinzione è venuta meno. Perché anche in Siria c’era un Presidente con pieni poteri. E allora Assad è stato inserito nella lista delle teste da mozzare. Kerry, segretario di stato Usa, lo ha addirittura paragonato ad Hitler. Figurarsi se l’America può permettersi di lasciare impunito un Hitler qualsiasi.
Però Assad aveva proclamato nuove elezioni. E ancora prima, aveva cancellato l’articolo 8 dalla Costituzione, quello che gli conferiva pieni poteri a vita. E alle elezioni, un anno fa, andò circa la metà della popolazione siriana: un successo, al contrario di quanto è avvenuto a febbraio in casa nostra.
Dopo il voto, la Siria si era ritrovata al comando un regime meno autoritario. E poi finalmente aveva un’opposizione. Forse blanda, ma l’aveva. E molti siriani, avevano smesso di protestare.
Ma Obama non ci stava: per il Presidente della Pace quelle elezioni erano fasulle e Assad era ancora un nemico da combattere. Un nemico in possesso delle armi chimiche.

Ma siamo sicuri di poterlo affermare con assoluta certezza?
No, “perché la guerra è confusionaria”, ha dichiarato Matteo Marconi. “Quest’episodio ricorda quello del fosforo bianco. Chi ne era in possesso: gli israeliani o i palestinesi di Gaza?”.
Secondo Matteo Marconi – per il quale la geopolitica può offrire i reali strumenti per comprendere le guerre, non a livello umanitario, ma sul piano politico – “tutti coloro che sono forti hanno interesse a destabilizzare la Siria”. Un Paese che, ha commentato ancora Marconi, ha un ruolo particolare, perché “è un buon alleato dell’Iran, e quindi influenza anche i rapporti dell’Iran con altri Paesi mediorientali. La Siria è funzionale per l’Iran all’interno della scacchiera mediorientale. E, viene da sé, chi ce l’ha con l’Iran, prima o poi se la prende anche con la Siria. E quasi sempre è l’Occidente, l’America su tutti, che ha interesse a suggellare l’egemonia su tutto il Medio Oriente”.
“Il panarabismo, tuttavia, va superato – ha concluso Marconi – Non è più un modello attuale. Però si deve tenere bene a mente che, attualmente, Assad è meglio di qualunque altra soluzione politica sia stata proposta in merito alla situazione siriana. Per fortuna Putin ha tirato Obama fuori dai guai, con la proposta di un accordo internazionale”.

Per fortuna, aggiungiamo noi, c’è ancora chi ha il coraggio di parlare, quando per tutti è meglio tacere.

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