L’acqua è una priorità per il Paese, quella potabile va protetta
Siamo così scemi che sprechiamo l’acqua potabile per irrigare. Bisognerebbe risparmiare almeno il 70% dell’acqua sprecata nei campi
Se osserviamo la Terra dallo spazio, la vediamo di un intenso colore azzurro. È dovuto alla presenza degli oceani. Dei 1.386 miliardi di metri cubi di acqua che abbiamo sul pianeta, il 97% sono di acqua salata! Restano un 2% di acqua dolce, racchiusa nei ghiacciai e nelle calotte polari. Uno 0,5% è rappresentato dall’acqua potabile, quella che ci consente di sopravvivere.
L’acqua è l’elemento più importante per la vita, dopo l’ossigeno. Senza bere un uomo non resiste più di 3 giorni. Ma di acqua disponibile ce n’è sempre meno. Non perché si riduca. Quella che c’è rimane sul pianeta per sempre. È inserita nel ciclo idrologico delle piogge e della evaporazione. Si riduce la disponibilità per via dell’aumento dei consumi. In meno di un secolo la domanda globale è cresciuta del 600%. Si deve all’aumento della popolazione, e alla conseguente maggior produzione di energia e maggior sfruttamento agricolo.
Acqua: il punto critico sarà tra 25 anni
Nel 2050 la richiesta di acqua per l’agricoltura aumenterà del 55%. La richiesta idrica cresce in media nel mondo di 64 miliardi di metri cubi all’anno. In futuro, se la situazione segue il trend attuale, si profilano problemi molto seri.
Il “World Resource Institute” (Istituto per le Risorse Mondiali) ha indicato il 2040 come la data in cui la riduzione dell’acqua potabile nel mondo impatterà in maniera più significativa. Saranno 33 gli Stati con maggiori problemi di carenza idrica. Tra questi molti sono stati africani, del medio oriente e anche Singapore.
L’Italia sembrerebbe ricca d’acqua, perché c’è siccità?
In Italia consumiamo 9 miliardi metri cubi di acqua all’anno. Eppure stiamo affrontando una delle peggiori crisi idriche che si ricordino. Apparentemente non si spiega. Dal punto di vista idrogeologico il nostro Paese è incredibilmente ricco. Sulla penisola cadono 302 miliardi di mc di piogge all’anno. Che contribuiscono ad alimentare 7.492 fiumi e 347 laghi naturali. Abbiamo 538 dighe artificiali per produrre energia idroelettrica e conservare disponibilità di acqua per usi diversi. Gli specchi d’acqua tra stagni e paludi sono 20.000 e le falde acquifere di acqua cristallina ben 1053. E allora? Perché soffriamo di carenza idrica?
Abbiamo tanta acqua che potrebbe servire per due Italie, ma la sprechiamo.
Il consumo pro capite annuo è il più alto d’Europa, ben 156 metri cubi. Ogni persona consuma da 150 a 240 litri di acqua al giorno. Ma ci sono anche altre ragioni.
Sono diminuite le piogge e le precipitazioni nevose. L’evaporazione degli specchi d’acqua è aumentata e così anche la traspirazione della vegetazione, a causa dell’innalzamento della temperatura media. In 30 anni si è ridotta del 20% la disponibilità idrica. (fonte ISPRA)
Nel triangolo Vercelli, Novara, Pavia la produzione del riso è a rischio, a causa della peggiore siccità da 70 anni a oggi. Se continuerà dovremo abbandonare le colture di riso e di mais, che richiedono più acqua.
Piove di meno ma quando piove sono bombe d’acqua
Ci sono zone d’Italia in cui è piovuto meno anche del 42% rispetto alle medie annuali, come in Campania, mentre ci sono zone come la Sardegna, dove nel 2022 è piovuto di più del solito. Come sempre i fenomeni non sono lineari ma nell’insieme non c’è dubbio che stiamo assistendo a una crisi siccitosa. Nel Mantovano le piogge sono addirittura diminuite del 55%, a Caltanisetta del 52% e a Ravenna del 49%. Piove di meno ma quando piove cadono delle vere bombe d’acqua.
Questo fenomeno aumenta il danno perché la gran quantità di acqua che cade non fa in tempo ad essere assorbita dal terreno, a ridare vita alle falde acquifere e scivola via, sradicando il primo livello di terreno e andando a creare inondazioni e distruzioni. Il risultato è che il terreno è sempre più privo di humus e tende alla desertificazione.
Fiumi in secca
Nei nostri quattro principali fiumi: il Po, l’Adige, il Tevere e l’Arno c’è un calo del 40% della portata media annua rispetto al periodo 1981 – 2010. Succede che al delta del Po la minore portata del fiume consente al mare di entrare nel suo alveo. L’acqua salata avanza e distrugge i terreni agricoli che invade.
In montagna cade meno neve, che quindi si scioglie prima. I ghiacciai stanno via via ritirandosi e alcuni sono già spariti del tutto. Da loro dipendono molti corsi d’acqua e la vita in montagna e non solo l’industria turistica delle vacanze. Capite bene che il futuro non è per nulla roseo.
Per aggravare le cose: irrighiamo con l’acqua potabile!
Di tutta l’acqua che riusciamo a immagazzinare nelle dighe e nei bacini, alle reti idriche urbane, ne arriva solo il 20%. Comunque nei 600 km di acquedotti riusciamo a perderne un altro 40% per scarsa manutenzione e falle dovute all’anzianità degli impianti mai aggiustati. Il restante 80% viene sprecato in vari modi: il 51% viene utilizzato in agricoltura dove però metà va nelle irrigazioni a pioggia e un 25% va utilizzato negli impianti industriali, come raffreddamento o pulizia dei macchinari. Siamo così scemi che sprechiamo l’acqua potabile per irrigare i campi. Per questo ci meritiamo la sanzione della Unione Europea. Dovremmo rifare gli impianti e utilizzare le acque di depurazione riciclate, invece quelle che escono dagli impianti di depurazione delle acque reflue, noi le buttiamo in mare!
Che fare? Si pensa ad un “Decreto acqua”
Occorre progettare, investire e riprendere la manutenzione. È dal 1960 che non si fanno investimenti strutturali in questo settore. Basti pensare che negli anni 50 si riusciva a raccogliere il 15% dell’acqua piovana e ora solo l’11%. La mancata manutenzione fa si che i bacini non siano efficienti.
Di fronte ai problemi dell’innalzamento delle temperature e delle conseguenti minori precipitazioni occorre operare una ristrutturazione di tutto il comparto idrico. Rifare un piano di gestione per aiutare l’agricoltura e mettere in sicurezza il Paese per l’approvvigionamento idrico, altrimenti andiamo verso il collasso.
Il Governo sta pensando a un decreto acqua come intervento immediato per tamponare i problemi dovuti alla siccità, aiutare agricoltori e imprenditori. Si pensa a dare impulso a dighe, invasi, laghi e bonifiche. In verità provvedimenti tampone servono a poco. Ci vorrebbero almeno 200 invasi per raccogliere acqua piovana e investimenti consistenti per riparare la rete idrica e le dighe. Ai nostri ritmi neanche in 200 anni riusciremmo a cambiare le cose!
Un piano idrico straordinario nazionale
È allo studio anche un Piano idrico straordinario nazionale, d’intesa con le regioni e gli enti territoriali, per individuare le priorità d’intervento. Non c’è tempo e forse non ci sono nemmeno i fondi per una ristrutturazione profonda e si cerca di porre rimedio al presente con un provvedimento normativo che semplifichi e ponga deroghe per affrontare la siccità, oltre all’istituzione della figura del solito commissario straordinario, con poteri esecutivi, rispetto a quanto sarà programmato dal Governo.
La politica è presa sempre dal presente e mette pezze sulle falle, invece di programmare interventi radicali nel lungo periodo. Nessun politico, di nessun partito, fa piani a 20 o 30 anni. Tanto lui non ci sarà e non godrà dei benefici di quell’intervento. Si preferisce vivacchiare sulla riparazione momentanea. Col risultato che le cose vanno sempre peggio, governo dopo governo. È una delle ragioni dell’assenteismo. Se vogliono che gli elettori tornino a votare, che facciano qualcosa per il Paese e non solo per tamponare le falle!
L’emergenza c’è ma il problema è strutturale
In agricoltura occorrono nuove tecnologie di irrigazioni e impianti che trasferiscano nei campi acque non potabili, o acque depurate riciclabili. Bisognerà pianificare di produrre colture che richiedono meno acqua. Ci sono esperimenti interessanti in Israele per questo tipo di piante. Bisognerebbe darsi un obbiettivo: risparmiare almeno il 70% dell’acqua sprecata nei campi.
L’acqua è una priorità per il Paese. Quella potabile va protetta. Tutta l’acqua dolce va comunque gestita al meglio, raccolta, conservata, distribuita con un raziocinio e senza sprechi. Bisognerà fare un grande piano di ristrutturazione dell’intero impianto idrico, diviso in aree regionali ma comunque integrato per le esigenze diverse delle varie aree. Ripartire dalla manutenzione delle dighe e degli invasi, costruirne di nuovi. Sembra ci siano 4 miliardi a disposizione per le opere idriche ma come al solito si parla di procedure complicate. Ci spieghino perché. Anzi si facciano delle deroghe dovute a cause di forza maggiore. La siccità è come un terremoto in fin dei conti.
Sebastiano Musumeci, ministro per la protezione civile e le politiche del mare, in proposito ha dichiarato che “Non c’è mai stata una programmazione strutturale, da decenni non si costruiscono dighe e le reti idriche urbane sono spesso colabrodo”. È stato sempre lui a dichiarare che “la situazione è da affrontare non più da un punto di vista emergenziale ma strutturale!” pensando alla prossima estate tuttavia si lascia intravedere un possibile razionamento dell’acqua per gli italiani, almeno per i 3 milioni e mezzo a rischio. Mentre scriviamo in alcuni comuni del Piemonte è scattato il massimo livello di severità idrica. Significa che siamo in allarme rosso!