L’arresto degli ultrà di Milan e Inter: se la politica non parla il silenzio diventa complicità
Di fronte all’arresto degli ultrà, ci si aspetterebbe una ferma condanna da parte del mondo politico, specialmente da quei leader che non hanno mai nascosto la loro passione per il calcio
L’arresto di 18 capi ultrà legati alle tifoserie di Milan e Inter ha portato alla luce, ancora una volta, il preoccupante intreccio tra il mondo del calcio e la criminalità organizzata. Le forze dell’ordine, con un’operazione massiccia e meticolosa, hanno smantellato le fila dei principali gruppi ultrà delle due storiche squadre milanesi, svelando un network fatto di violenza, minacce e traffici illeciti che poco hanno a che fare con lo spirito sportivo. In questo scenario allarmante, emerge un silenzio altrettanto inquietante: quello della politica, e in particolare di quei leader che non hanno mai nascosto la propria passione calcistica per Milan o Inter.
L’operazione: un colpo ai gruppi Ultrà
L’operazione di polizia, condotta in coordinamento con la procura di Milano, ha svelato una rete di attività illecite portate avanti da alcuni leader storici delle frange più estreme del tifo. Gli ultrà, già noti per il loro controllo capillare di settori dello stadio e per la loro influenza sul tifo organizzato, sono stati accusati di reati che vanno dall’estorsione alla violenza aggravata e al riciclaggio di denaro. Le indagini, durate diversi mesi, hanno portato all’identificazione dei capi delle curve di entrambe le squadre, simboli di potere all’interno del mondo ultras e spesso in contatto con ambienti criminali di più alto livello.
Le intercettazioni e le testimonianze raccolte mostrano un quadro inquietante: la tifoseria organizzata non è soltanto una macchina di consenso, pronta a fomentare il tifo per la propria squadra, ma anche un veicolo per affari illeciti. La gestione dei biglietti, il controllo sui parcheggi, la vendita di merchandising non autorizzato sono solo alcune delle attività documentate dagli inquirenti. Questi gruppi, fortemente radicati in alcuni quartieri di Milano, rappresentano un pericolo non solo per la sicurezza pubblica ma anche per la regolarità del campionato stesso.
Il silenzio dei politici: un tifo scomodo
Di fronte a uno scandalo di tale portata, ci si aspetterebbe una ferma condanna da parte del mondo politico, specialmente da quei leader che non hanno mai nascosto la loro passione per il calcio e che spesso si sono fatti fotografare allo stadio. Invece, il silenzio è assordante. Nessuna dichiarazione di condanna è arrivata dai politici più noti per il loro legame con le squadre di Milano, né da quelli che si professano orgogliosamente tifosi del Milan o dell’Inter.
Questo mutismo solleva una serie di domande. È possibile che il timore di alienarsi una parte del proprio elettorato, rappresentato proprio dagli ultrà, stia frenando i politici? O forse c’è la consapevolezza che il mondo delle curve rappresenti un terreno insidioso, dove potere e consenso si intrecciano pericolosamente?
Le curve, infatti, non sono soltanto luoghi di tifo acceso, ma veri e propri centri di potere che influenzano e condizionano la vita di molte persone. Chi controlla la curva ha potere, e chi ha potere, in Italia, ha spesso anche legami con la politica. L’arresto dei capi ultrà non può essere considerato solo un problema di ordine pubblico, ma un segnale che tocca direttamente la sfera politica e sociale della città. Eppure, chi siede in Parlamento o nelle amministrazioni locali sembra preferire guardare altrove.
La connivenza storica tra calcio e criminalità
L’intreccio tra il mondo ultrà e la criminalità non è una novità nel panorama calcistico italiano. Già negli anni ’80 e ’90, si erano verificati casi di infiltrazioni mafiose nelle tifoserie, con gruppi che utilizzavano le curve come piattaforme per consolidare il proprio potere sul territorio. Quello che è cambiato, oggi, è la portata e l’organizzazione di queste attività.
I gruppi ultras non sono più solo associazioni di tifosi, ma veri e propri clan, con una gerarchia interna, una capacità economica e una rete di contatti che si estende ben oltre i confini del calcio. Le curve di Milan e Inter, in particolare, hanno sempre avuto un ruolo di primo piano nel panorama ultras italiano, essendo tra le più numerose e influenti del Paese. Il fatto che siano finite nel mirino della magistratura dimostra come la situazione sia diventata ormai insostenibile.
La politica di fronte a una scelta
Il problema della criminalità negli stadi non può più essere ignorato. Il calcio, soprattutto in Italia, è uno sport che coinvolge milioni di persone e rappresenta un fenomeno sociale di enorme rilevanza. Se i politici continueranno a chiudere un occhio, rischiano di alimentare un sistema che, oltre a compromettere la sicurezza dei tifosi e la regolarità del campionato, alimenta la criminalità organizzata.
Quello che manca è una presa di posizione chiara e decisa, non solo da parte delle istituzioni sportive, ma anche della politica. A fronte di arresti così significativi, il silenzio diventa complicità. La politica dovrebbe avere il coraggio di affrontare il problema alla radice, spezzando quei legami che storicamente hanno consentito alle frange violente delle curve di proliferare indisturbate.
È tempo che i leader politici, soprattutto quelli che si dichiarano tifosi, prendano una posizione chiara. Continuare a rimanere in silenzio o limitarsi a commenti di circostanza significa avallare un sistema che tradisce i veri valori dello sport e mette a rischio l’intera società.