L’Arte e il potere della consolazione: “seria è la vita ma serena è l’arte”
La vita sarebbe insopportabile se non ci si potesse mai volgere alla consolazione che può dare l’arte
Nei momenti tragici della sua storia, l’umanità tende a far ricorso alle grandi risposte che, nel corso della sua complessa e animata vicenda, essa ha saputo offrire contro l’enigma del dolore e della morte. Una di esse è, senza alcun dubbio, l’arte, in ogni sua forma e manifestazione. La vita sarebbe insopportabile se non ci si potesse mai volgere alla consolazione che può dare l’arte.
Innegabile dire che il suo potenziale brilla altissimo, in un momento in cui la sfida globale lanciata dal Coronavirus, ci ha posto di fronte a nuove problematiche e a nuovi interrogativi.
Il messaggio nella bottiglia
Serioso e compunto, alla fine del “Prologo” della trilogia del “Wallenstein” (1797-1799) – opera splendidamente curata in italiano, per Einaudi, da Massimo Mila e Cesare Cases – Friedrich Schiller afferma: “seria è la vita, ma serena è l’arte”.
Il peso dell’affermazione non è da sottovalutare, perché non è da prendere alla leggera la caratura poetica e filosofica del suo autore: amico fraterno di Goethe, protettore di Hölderlin, egli fornì le parole dell’inno “Alla Gioia” a Beethoven per la sua Nona sinfonia, allo stesso modo in cui prestò ad Hegel i versi che concludono la sua “Fenomenologia dello spirito” (1807).
Tra Auschwitz e l’industria culturale
Nel 1967 Theodor W. Adorno – il maestro della Scuola di Francoforte, ma anche l’ultimo grande esponente della scuola dell’idealismo tedesco – scrisse una memorabile riflessione, proprio sulla sentenza di Schiller, che adesso chiude il quarto volume di “Note per la letteratura” (1974, ed. it. Einaudi) e si intitola “È serena l’arte?”.
Tornando ad interrogarsi sulla serenità dell’arte, Adorno rievoca le implicazioni borghesi della posizione intellettuale di Schiller, ma soprattutto ricorda due eventi che hanno messo radicalmente in crisi la persuasione schilleriana sulla serenità dell’arte: Auschwitz da un lato, l’industria culturale dall’altro.
Due elementi in grado di minare la stessa possibilità di sopravvivenza dell’arte. Per Adorno, il futuro dell’arte era fortemente legato al perpetuarsi di quella grande elaborazione formale che è stata alla base di tutto lo sviluppo artistico europeo.
Arte e consolazione: lo specchio
Nell’offrire uno specchio a ciò che la condizione umana è stata sempre, risiede il potenziale di rasserenamento e consolazione dell’arte, il suo potere catartico e metamorfico, che si tratti di un verso di Orazio, del meraviglioso primo movimento della Sinfonia n° 25 di Mozart o di una selvaggia pennellata di Picasso