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Le antenne sui tetti di Roma: San Saba, una battaglia urbana per il diritto alla pianificazione

Non basterà spegnere un’antenna per sanare un rapporto di fiducia. Ma forse, partire da San Saba è un buon segnale

Antenne telefoniche_pexels-padrinan

Antenne telefoniche_pexels-padrinan

Tra i palazzi eleganti e i viali alberati di San Saba, si è consumata una vicenda che ha acceso un faro su un tema poco visibile ma sempre più presente nelle discussioni cittadine: l’installazione delle stazioni radio base, le cosiddette antenne per la telefonia mobile.

Il nodo dell’antenna di via Zuccari: una storia che non riguarda solo San Saba

Qui, in via Federico Zuccari, un’antenna targata Iliad è diventata il simbolo di una sfida tra cittadini, amministrazione e operatori del settore.

Non si tratta di una semplice disputa tra residenti e multinazionali della telefonia, ma di una questione che tocca da vicino l’equilibrio delicato tra innovazione tecnologica, tutela del paesaggio urbano e diritto alla salute. Il Tar del Lazio ha recentemente respinto il ricorso presentato dall’operatore francese, legittimando l’azione del Comune che aveva revocato l’autorizzazione all’installazione dell’impianto. Una decisione che potrebbe avere effetti a catena ben oltre i confini del rione.

La linea del Comune e la voce dei cittadini: per un uso ragionato dello spazio urbano

La vicenda di San Saba è emblematica perché ha visto cittadini e amministrazione comunale dalla stessa parte, uniti da un obiettivo comune: dare un senso alla parola “pianificazione”. Non è solo una questione estetica o identitaria, anche se lo skyline romano continua ad attrarre sguardi e obiettivi fotografici da tutto il mondo. Il punto centrale è la capacità di una città complessa come Roma di governare i propri spazi, evitando che logiche meramente tecniche o commerciali prevalgano sul bene collettivo.

Yuri Trombetti, presidente della commissione Politiche Abitative, ha messo in chiaro come non vi fosse alcuna reale esigenza tecnica per l’installazione dell’antenna in quella zona. Un’area, peraltro, già abbondantemente coperta da altri impianti. L’azione del Comune, guidata anche dall’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia, è stata quella di intervenire tempestivamente per evitare che il silenzio-assenso potesse trasformarsi in un lasciapassare pericoloso.

Le ombre sul silenzio-assenso e il ruolo dei regolamenti comunali

Uno degli elementi chiave della vicenda risiede proprio nella dinamica dell’autorizzazione. Iliad, secondo quanto evidenziato dal Tar, avrebbe forzato la mano su un principio delicato: il cosiddetto cositing, cioè la condivisione di un impianto tra più operatori. Una pratica che in teoria riduce l’impatto ambientale e visivo, ma che in questo caso è stata presentata senza dimostrare l’assenza di alternative praticabili.

È su questo punto che il Tar ha posto l’accento: l’assenza di un’istruttoria adeguata da parte del gestore e il mancato rispetto del regolamento comunale, che impone un’analisi puntuale dell’idoneità delle aree scelte. Sia pubbliche che private. L’annullamento in autotutela da parte del Comune, quindi, non è apparso come un atto arbitrario, ma come una necessaria correzione a un processo autorizzativo partito con il piede sbagliato.

Oltre San Saba: più di sessanta antenne sotto osservazione

L’antenna di via Zuccari non è un caso isolato. Secondo i dati diffusi dal comitato «No antenne senza pianificazione», negli ultimi 18 mesi sarebbero più di sessanta gli impianti installati senza le dovute autorizzazioni. Un numero che racconta di un fenomeno diffuso, stratificato, spesso invisibile finché non tocca il palazzo di fronte o il tetto sopra casa.

Il comitato ha inviato una lettera ai presidenti dei Municipi, chiedendo un intervento deciso per aggiornare e rafforzare le norme in vigore, a partire dalla delibera capitolina dello scorso dicembre. Il punto critico? L’assenza di una regia complessiva, di un piano chiaro che definisca dove e come queste infrastrutture possono essere collocate, evitando che siano i vuoti normativi a determinare la geografia della connessione mobile.

Diritto alla connessione e qualità della vita urbana

Le antenne per la telefonia mobile non sono il male, né possono essere trattate come un corpo estraneo in una città che ha bisogno di restare connessa. Ma la connessione non può trasformarsi in un alibi per l’invasione disordinata dei tetti romani, spesso dettata più dalla convenienza logistica che da una vera esigenza di copertura.

La sentenza del Tar segna un passaggio importante, forse anche simbolico, in questo processo. Roma è una città che vive di memoria ma che non può permettersi di restare indietro tecnologicamente. Tuttavia, è proprio nella gestione equilibrata delle sue trasformazioni che si gioca la partita del suo futuro. E ogni antenna installata senza criterio, ogni silenzio che si trasforma in consenso, rappresenta una crepa nella fiducia tra istituzioni e cittadini.

Non basterà spegnere un’antenna per sanare quel rapporto. Ma forse, partire da San Saba è un buon segnale.