Le inchieste che non partono, gli scandali dimenticati: Scippopoli (prima parte)
Abbiamo cercato di individuare i beneficiari del saccheggio Scippopoli, quelli che magari già adesso ci governano o si apprestano a farlo
Ci sono alcuni scandali anche supportati da inchieste giudiziarie e processi in corso, che per qualche strano mistero non riescono a scalare le “classifiche di gradimento” degli organi d’informazione. Eppure, molte di queste vicende, che per ovvi motivi di sistema vedranno la loro conclusione giudiziaria solo a distanza di anni, rischiano di caratterizzare in modo netto il corso della politica nazionale, ne definiscono i nuovi assetti di potere, producono nuovi leader che dal quasi nulla irrompono sulla scena con ruoli decisionali e determinanti per il futuro dei cittadini.
Quand’è che è scandalo?
Si tende a parlare di scandalo, ogni qual volta, sulla base di accordi e decisioni prese in segrete stanze, enormi flussi di denaro pubblico e privato, inopinatamente entrano nel giro di competenza di pochi fortunati eletti che nell’appropriarsene indebitamente anche se apparentemente in maniera legale, costruiscono carriere politiche, finanziarie, imprenditoriali tali da farceli ritrovare nelle stanze dei bottoni. E’ la risposta dei colletti bianchi all’ormai defunto “uno vale uno”. E’ la sconfitta della democrazia a vantaggio della plutocrazia, la resa della meritocrazia utopistica surclassata dagli “ammanicati” (mai orfani) della prima repubblica, che sembra non aver mai avuto fine.
Uno di questi scandali dimenticati, è sicuramente quello di Scippopoli, ovvero i misfatti provocati dalle cartolarizzazioni immobiliari (Scip 1 e Scip 2) partite nel 2001 con il Ministro Tremonti, fin troppo desideroso di applicare tesi bislacche di finanza creativa alla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico e protrattesi per quasi un decennio.
Lo schema delle cartolarizzazioni immobiliari
La complessa operazione è finalizzata a convertire gli immobili di proprietà degli enti previdenziali pubblici in strumenti finanziari collocabili sui mercati con maggiore velocità, aveva il seguente schema:
- L’ente cedente, trasferisce il proprio portafoglio immobiliare ad un’entità esterna ( società-veicolo). Con decreto ministeriale vengono individuati i beni immobili da trasferire alla società. Il patrimonio acquisito, va così a garantire i portatori dei titoli, i soggetti finanziatori e ogni ulteriore creditore.
- La società veicolo emette obbligazioni garantite dal patrimonio immobiliare e dai futuri incassi derivanti dalla vendita degli stessi, collocandole tramite banche di investimento. Per le obbligazioni la classe di rischio viene determinata da un rating formulato da un’agenzia internazionale.
- La società veicolo versa quanto raccolto, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili.
- La società veicolo rivende gli immobili utilizzando i flussi derivati per il rimborso dei titoli e per il pagamento degli interessi, e per tutti gli altri costi accessori.
- A conclusione dell’operazione, la società veicolo versa al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’eventuale residua differenza di prezzo.
La Scip srl
Per gestire il tutto, nasce la SCIP S.r.l. (Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici), società di diritto lussemburghese con capitale sociale di 10 mila euro, detenuto in parti uguali da due fondazioni olandesi “gemelle” (la “Stichting Thesaurum” e la “Stichting Palatium”, costituite ad Amsterdam il 5 novembre 2001 e amministrate da un trust fund olandese, la “TMF Management BV”). Amministratore unico della società un cittadino britannico, il dott. Gordon E. C. Burrows.
Dopo la prima operazione del 2001 (Scip 1), conclusasi con un saldo positivo ma riguardante esclusivamente i beni di proprietà degli enti previdenziali già inseriti nei programmi di dismissione precedenti, nel 2002 parte SCIP 2, definita dal ministro Tremonti “la più grande cartolarizzazione immobiliare fatta da uno Stato europeo”. Con questa operazione sette enti previdenziali e lo Stato cedono alla SCIP S.r.l. 62.880 unità immobiliari (53.241 residenziali e 9.639 commerciali), con un valore di mercato pari a 10.000 milioni e un prezzo di offerta di 7.797 milioni.
L’operazione si rivela un fallimento
Particolarmente elevati risulteranno i costi dell’operazione, dal 2002 al 2007 pari a 1.359 milioni di euro, tra interessi passivi su titoli emessi, prestito ponte e sui rischiosissimi contratti swap. Da qui, nel 2008, la decisione di mettere in liquidazione la SCIP attraverso un complesso meccanismo che non potrà comunque cancellare le perdite dell’intera operazione.
In pratica, delle parti interessate e coinvolte a vario titoli tranne lo Stato, ci hanno guadagnato più o meno tutti: le banche, gli investitori finanziari, le agenzie di rating, gli immobiliaristi, gli studi legali, i Notai, gli ex inquilini più “addentrati” diventati proprietari. Inoltre, non hanno reinvestito i proventi, comunque inferiori alle previsioni, ma utilizzati per tamponare la voragini dei conti pubblici.
Ora se fossimo un Paese “normale”, prima il Parlamento, poi gli organi di informazione tutti, infine i cittadini, pretenderebbero la massima chiarezza su questa vicenda. In Italia, al di là della discussa Magistratura (con tempi e modi non consoni ad uno Stato dove il Diritto conservi il giusto titolo per esistere) se ne è occupata la Corte dei Conti, l’Antitrust, qualche testata giornalistica, senza fare mai piena luce su una delle operazioni finanziarie più discutibili e controverse degli ultimi decenni.
Nei prossimi articoli, cercheremo di entrare dentro la questione SCIP, dentro le inchieste giudiziarie inevitabilmente aperte e ovviamente non chiuse. Cercheremo di individuare i beneficiari di questo saccheggio, soprattutto quelli che potrebbero essere passati inosservati avendone beneficiato in modo occulto o derivato e che magari già adesso ci governano o si apprestano a farlo.