Le (mini)sentenze di Coppa Italia: il trionfo di Gattuso, la sconfitta di Sarri
Nella prima finale post-Covid, tra prestazioni individuali mediocri e alcune incoerenze nei festeggiamenti, emergono i momenti opposti dei due allenatori
In un Olimpico deserto, la finale di Coppa Italia non regala un grande spettacolo (com’era prevedibile) ma emozioni e qualche sentenza.
Sia chiaro: bisogna ancora aspettare per la vera condizione delle squadre, tutte in fase di rodaggio. Arriveranno le partite di alto livello: per questo, giudicare la prestazione dei singoli non sarà argomento centrale di questa analisi. È presto per fare processi ai vari CR7 (quanto meno prematuro) e Pjanic (sottotono anche prima del Coronavirus). Da sottolineare invece che un 42enne è riuscito a portare la Juventus ai rigori.
È innegabile quindi che queste prime semi-sentenze (semi, vista la modalità particolare di questa “Final Four”) non possono che riguardare le squadre più in generale. Soprattutto in una serata a reti bianche, è stata la serata degli allenatori che avevano di fronte un bivio importante, c’era il primo trofeo nazionale personale in palio.
La Coppa Italia ha consacrato Gattuso, una vittoria meritata per l’allenatore e per l’uomo
Bisogna riavvolgere brevemente il nastro all’11 dicembre 2019 quando, poche ore dopo la qualificazione agli ottavi di Champions League, Aurelio De Laurentiis chiama Rino Gattuso per prendere il posto di Carlo Ancelotti. Un ambiente che, nonostante la qualificazione, è a pezzi: giocatori contro la società, Insigne e Mertens irriconoscibili, un settimo posto lontano dalle prime posizioni. Gattuso ha raccolto una situazione complicatissima e non ci ha messo poco a carburare: le prime sei partite sono state 4 sconfitte, di cui ben 3 al San Paolo.
Ma partendo dalla Coppa Italia Rino ha cominciato a trovare la quadra con una ripresa evidente partita da fine gennaio. Vittoria nei quarti contro la lanciatissima Lazio e nella semifinale d’andata a San Siro contro l’Inter, il successo proprio sulla Juventus in campionato ed il pareggio in Champions col Barcellona dopo una grande prestazione. La pausa ha fermato la rincorsa del Napoli ma soprattutto ha fermato la vita di Francesca, la sorella minore dell’allenatore, morta a soli 37 anni.
E l’emozione di Gattuso, tra la semifinale di ritorno e la finale, non è potuta passare inosservata. Il suo primo trofeo da allenatore, ottenuto battendo le prime tre in classifica in campionato, è più che mai meritato, soprattutto al termine di una partita di cuore e sacrificio, che solo per un colpo di reni di Buffon è stata portata ai rigori. Con gli accadimenti fuori dal campo che hanno reso il tutto più profondo: è la vittoria di un grande uomo, prima di un grande allenatore.
La sconfitta di Maurizio Sarri, un allenatore già con le spalle al muro
Dall’altra parte del campo però, di fronte ad una vittoria meritata, emerge la sconfitta della squadra sulla carta favorita che è già arrivata alla seconda finale di fila persa. Dopo la Supercoppa italiana andata alla Lazio a dicembre, per la Juventus è una sconfitta amara: una Coppa Italia, sfuggita in queste circostanze, non può comunque andare giù ad un’ambiente la cui filosofia è “la vittoria è l’unica cosa che conta”. E questo fattore, per Maurizio Sarri, rischia di diventare un grande pericolo, anche alla luce del nervosismo emerso in quella risposta nella conferenza stampa della vigilia.
La Juventus aveva approcciato il match come nella partita di venerdì contro il Milan, cioè con il piglio giusto. Ritmi buoni e pressing alto, che hanno portato subito all’occasione di Ronaldo, sventata ottimamente da Meret. Dopodiché, la sterilità assoluta. Possesso palla lento e soluzioni offensive affidate solo a innumerevoli cross al centro che si sono rivelati inutili, con Koulibaly e Maksimovic maestri del gioco aereo. Uniche note liete le prestazioni di Dybala e Buffon, che però hanno peccato nella lotteria dei rigori.
Squadra e allenatore allo sbando? Non è detto, ma alla Juventus basta poco per essere con le spalle al muro. Il computo parziale recita due trofei sfuggiti, un campionato dove non c’è alcun margine da gestire, ed una Final 8 di Champions da conquistare con una rimonta. Un ambiente esigente che non lesina critiche, una condizione fisica da recuperare in fretta, una pressione enorme: Sarri è sul banco degli imputati.