L’Europa e il Natale bandito, la vera esclusione è l’ignoranza delle nostre radici
Il documento europeo che bandisce la parola “Natale” per essere inclusivo è segno di ignoranza e la sua direzione è una nuova Babele
Non bastava l’ignoranza persistente e generalizzata che si arroga il compito di essere rappresentante dei cambiamenti della nostra società globale. Arriva dall’Europa il documento per “neutralizzare” il Natale, poi ci ripensa.
L’ultima “diavoleria”: l’Europa che bandisce la parola Natale
Ci voleva anche il documento interno alla Commissione europea dal titolo #UnionOfEquality. European Commission Guidelines for Inclusive Communication.
Per perpetrare la confusione più assoluta costoro, assertori di diritti senza la responsabilità dei doveri, accettano però il valore che, il vocabolario omologato delle lingue, distingue e forma la parola incluṡióne (s. f. [dal lat. inclusio -onis]), ovvero l’atto, il fatto di inserire, di comprendere in una serie, in un tutto (spesso contrapp. a esclusione).
Vediamo nel dettaglio cosa prevede ovvero cosa obbliga, nella comunicazione ai dipendenti la Commissione europea: “è bandita la parola Natale con tanto di esempio: meglio evitare «il periodo natalizio può essere stressante» e dire «il periodo delle vacanze può essere stressante»; è raccomandato anche usare nomi generici anziché di «nomi cristiani»; in pratica invece di dire «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisogna dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale»”.
Alla luce di quanto sopra espresso ed alla luce di altre “diavolerie”, forvianti e deleterie per le radici e per la storia umana, è giusto allora che anche le masse degli ignoranti, attraverso questi espedienti e cavilli insensati, abbiano il loro momento di gloria, la loro riscossa e diventino “maestri” di vita e dirigenti per i cambiamenti. Anche se la confusione è d’obbligo.
Sono tornati i secoli bui e l’oscurità intellettuale
Questo perché la Cultura non ha più senso di esistere avendo i colti permesso a tutti di dire o scrivere di tutto, anche senza la giusta competenza, senza aver frequentato la “squola” e senza conoscere il valore dei termini e delle parole e neppure a come potrebbe andare a finire la “baldoria”.
Il Petrarca Francesco (altro nome da non pronunciare) espresse il concetto di “secoli bui” nel 1330 con lo considerando (perché li aveva studiati e comparati) i secoli post-romani “bui” rispetto alla “luce” dell’antichità classica; saeculum obscurum lo definì Cesare Baronio nel 1602, riferendosi ad un periodo tumultuoso nel X e XI secolo.
L’oscurità intellettuale sembra oggi tornata (corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico) dimenticando le scoperte scientifiche le lotte per la libertà ed il rispetto umano (che purtroppo ancora non abbiamo raggiunto).
Perché non dire le cose come sono, col loro nome? Se manca una qualche espressione siamo in grado di inventarla di aggiungerla ai vocabolari, ma senza discriminare nel nome dell’inclusione. Perché tutti siamo inclusi se ci rispettiamo.
Accettare e valorizzare la differenza è autentica inclusione
Perché ognuno di noi cerca di distinguersi dall’altro? Non è questa violenza? Se io sono nato basso mentre vorrei essere nato alto o viceversa o essere nato bello e invece sono nato brutto o storto (non accettando me stesso) non sono discriminato e non incluso?
Perché gli astri sono più o meno lontani dal sole o dal perimetro dell’Universo o sono più o meno luminosi? Perché? Come possiamo fare per la loro inclusività?
Ognuno ha il suo segno. Solo la comprensione della Natura umana all’interno dell’universo e il senso che dobbiamo dare alla nostra esistenza, all’interno della società, può darci la misura delle discriminazioni da cancellare. Se dovesse passare l’abolizione della semiotica dovremmo vietare tutto.
Consigliamo a questi pochi e bravi “pionieri” di organizzarsi per partire con una navicella spaziale e raggiungere e colonizzare, con le loro idee e proposte, la costruzione di un nuovo e più umano mondo.
Sperando che, la grande confusione e l’inesattezza della loro conoscenza della realtà, non li porti alla costruzione di nuova Babele.
Alessandro Spaziani