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#Liberiamoci: impressioni del giorno dopo Bologna

Il grand rassemblement del centrodestra sfida due incognite: la piazza e l’ordine pubblico.

“La piazza delle persone per bene”, così come il numero uno della Lega Nord, Matteo Salvini, ha ribattezzato piazza Maggiore,dimostra, a bocce ferme, una tenuta al di spora delle aspettative. 

Hanno avuto la meglio “idee, sorrisi, operai, tanti giovani, mamme e papà” alla faccia dei “centri a-sociali” commenta “l’altro Matteo” un attimo dopo la conclusione di un comizio su cui, fino alle fine, hanno pesato due incognite: la piazza e l’ordine pubblico.

Le perplessità legate al buon esito di #Liberiamoci, prove tecniche di grand rassemblement del centrodestra, non riguardano solo gli effetti collaterali della campagna di terrore e violenza portata avanti dalla galassia antagonista. Anche il sodalizio con Berlusconi è foriero di più d’un grattacapo. Così prima che con le “zecche”, Matteo ha dovuto fare i conti con delle pericolose frizioni interne.

CasaPound Italia, a pochi giorni dalla manifestazione, annuncia che non accompagnerà il leader del Carroccio a Bologna. “I presupposti non sembrano quelli identitari e sovranisti del nuovo corso ‘salviniano’, ma assomigliano molto di più alle dinamiche del vecchio centrodestra”, commenta Simone Di Stefano, vice presidente di CasaPound Italia. Il programma dell’8 novembre, tagliano corto da via Napoleone III, è da “ospizio della politica”.

Il Carroccio sembra incassare il rifiuto con indifferenza. Tanto che il senatore Centianio, nuovo coordinatore di “Noi con Salvini” Lazio, dichiara ad AdnKronos che la presenza di Di Stefano e dei suoi “non ci cambia la vita”. Eppure l’impatto mediatico che i giovani di CasaPound hanno assicurato alle precedenti manifestazioni è innegabile. Li abbiamo visti affiancare la Lega sia nell’ottobre 2014, a Milano, sia lo scorso febbraio, in piazza del Popolo, a Roma. In entrambe le occasioni, gli attivisti di CasaPound si sono dimostrati alleati preziosi: numerosi, composti e ben organizzati, hanno contribuito con le loro coreografie a dare risalto alla protesta, smorzando i toni nostalgici e macchiettistici dei tanti fazzoletti verdi.

Ma non è solo CasaPound a mancare alla conta, c’è anche chi è rimasto vittima dei ritardi causati dal sabotaggio dell’alta velocità. All’alba di ieri mattina, nella sottostazione elettrica in zona Santa Viola, alle porte del nodo ferroviario di Bologna, viene appiccato un incendio doloso. Poco distante dal luogo del misfatto qualcuno rivendica la bravata, a terra compare una scritta fatta con della vernice rossa: “8-11, sabotare un mondo di razzisti e di frontiere”. Il riferimento alla manifestazione della Lega Nord  è evidente, così come l’obiettivo dell’azione che ha causato gravi rallentamenti del traffico ferroviario e della circolazione delle persone.

Nonostante tutto la piazza è gremita, 100mila presenze secondo le stime per eccesso degli organizzatori, anche se, a tratti, si abbandona ad un vetusto e sguaiato folklore. 

L’ordine pubblico è stata la seconda incognita. I sabotatori dei “centri a-sociali”, dopo aver finto di incendiare la Tav, iniziano con le bottiglie. La protesta anti-Lega di ieri si è divisa su più fronti, tutti caldissimi. Sono almeno tre i cortei non autorizzati di collettivi e centri sociali che, in più momenti, si uniscono e disperdono tentando di entrare in contatto con i manifestanti del centrodestra. «Mai con Salvini, Bologna non si Lega» è il loro motto. Da un lato c’è il ponte di via Stalingrado, bloccato fin dalla mattina da tantissimi manifestanti che tentato di dirigersi verso la “zona rossa”, dall’altro porta San Donato e via Zamboni, dove volano bombe carta contro la polizia. Poi c’è piazza XX settembre, a due passi dalla stazione ferroviaria, dove si sono dati appuntamento gli studenti di Hobo ed altri collettivi. 

Il bilancio è di 5 poliziotti feriti e tre manifestanti in manette, ma la collisione è scongiurata. Il comizio si svolge senza interruzioni. 

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