Libri, Alberto Fabi, “Nella testa di Luca”, da fenomeno a emarginato
Alberto Fabi è regista, sceneggiatore, fotografo e l’idea del libro “Nella testa di Luca” nasce dall’idea di un film che voleva fare anni fa
Alberto Fabi è regista, sceneggiatore, fotografo. Come nasce invece l’idea di questo libro?
“Nella testa di Luca” nasce dall’idea di un film che volevo fare circa sette anni fa. All’inizio cercavo ispirazione in quel momento di vita, dal lavoro fra Cinecittà e le produzioni televisive, dalle notti passate in giro per Roma, città di sfolgorante bellezza e al tempo stesso terribilmente faticosa.
Cercavo una storia che potesse raccontare tutto questo e alla fine scelsi di lavorare su un protagonista, uno scrittore che perde ciò che per lui è più prezioso: la capacità di scrivere. Così Luca, questo il nome del protagonista, si ritrova dall’essere un fenomeno al diventare un emarginato, perso nel grande e immenso mondo di Roma.
Poi da cosa nasce cosa, sono partito da una suggestione e sono arrivato a creare una storia di perdizione e rinascita, di fuga e ritorno. Luca è un personaggio attuale, un talento disperso, non apprezzato, un pasticcione esistenziale che cerca di trovare un nuovo corso e una nuova identità a modo suo.
In questo suo romanzo di esordio, lei Fabi parla di ‘blocco creativo’. Da artista, questo tema lo conosce personalmente?
Beh, scrivere è un’altalena, per scrivere devi essere nella condizione di poterlo fare e se devi anche lavorare, di tempo ne resta poco.
Viviamo tempi complicati, le opportunità sono tantissime ma per la maggior parte sono finte, ti creano aspettative che poi si perdono inesorabilmente e tutto diventa difficile.
Perché quindi scrivo? Non sono un ricco ereditiere e non posso farlo a tempo pieno. Così dedico alla scrittura ogni prezioso minuto di tempo libero che riesco a ritagliarmi. Questa è la mia natura e la mia forma espressiva, una sorta di bisogno primario come il respirare o il mangiare.
Quanto c’è di biografico di Alberto Fabi tra le pagine di “Nella testa di Luca”?
Non è facile dirlo. C’è tanto e poco rispetto al libro. C’è il mio amore per Roma, l’amore per il lavoro che faccio e che, nonostante tutto, vorrei fare. C’è poi l’odio, quello per le tante dinamiche che avvelenano e rendono “mediocre” il mestiere di scrittore. Per il resto è logica fantasia, un mondo creato perché mi piaceva farlo.
Il protagonista della sua opera vive con Truman Capote una sua continua proiezione. Crede sia questo un metodo, seppur estremo e inconscio, per tenere accesa la scintilla della creatività e del talento?
Sì. I grandi scrittori sono un esempio, uno stimolo, una vetta da raggiungere e un continuo punto di riferimento. Quindi sì, anche questo è un metodo ed è l’unico che Luca ha trovato nella condizione in cui è finito.
A proposito di talento, nell’arte conta più il talento della passione?
No. La passione non è sinonimo di talento. La passione però è ciò che porta avanti il mondo, da tanti punti di vista. Serve e deve supportare il talento, che poi va corollato dalla preparazione. Se non sei uno tra i privilegiati, oggi hai la necessità di possedere tutte e tre le cose per avere anche solo una possibilità.
Questo romanzo può essere definito psicologico. Era questa la sua intenzione fin dall’ inizio?
Lo definiscono così e quando lo abbinano a titoli storici di questo genere mi tremano le gambe e mi sento piccolo. Non era mia intenzione, ma sicuramente il perché una persona faccia una determinata cosa mi interessa più della semplice cosa che fa. Probabilmente arrivo a questa forma di scrittura perché di base mi interessa capire il motivo di un gesto. Ma no, non sono partito pensando di scrivere un romanzo psicologico, l’ho scritto, lo hanno letto e hanno detto “è un romanzo psicologico”. Beh ok, a me sta bene.
Ha altri libri in programma e quali i prossimi progetti?
Ragiono sul prossimo romanzo. Sto sviluppando i soggetti per capirne le potenzialità. Ho una sceneggiatura che adoro e la sto proponendo a quelle case di produzione che ancora amano leggere qualcuno che non sia già famoso. Per il resto faccio mille lavori differenti ritagliandomi sempre, fosse anche di notte fonda, tempo per scrivere.