Liguria, il golpe giudiziario e la morte del garantismo
Il Governatore Toti è stato costretto a dimettersi per un’inchiesta senza senso della Procura di Genova: e dopo essere stato abbandonato anche da chi, a parole, si dice contrario al giustizialismo
Inutile girarci intorno: quanto è accaduto al Presidente della Liguria Giovanni Toti, costretto a dimettersi dalla Procura di Genova, è stato un vero e proprio golpe giudiziario. Favorito anche dalla miopia, paradossale quanto masochistica, di (buona) parte della politica. Con l’aggravante dell’assordante silenzio (assenso) perfino di quanti, a parole, si dicono fieri avversari di ogni deriva manettara.
Il golpe giudiziario in Liguria
Nell’ultima stagione di Game of Thrones, la minaccia maggiore che incombe sui Sette Regni è l’armata di non-morti chiamati “Estranei”. Il pericolo è talmente grande da spingere le due Regine belligeranti, Daenerys Targaryen e Cersei Lannister, a stipulare una tregua momentanea per far fronte al nemico comune.
Facendo il parallelo con la Liguria, le due sovrane rivali sarebbero le formazioni di maggioranza e opposizione, mentre i White Walkers sono i giudici genovesi. Autori di un’inchiesta talmente priva di senso e di logica da far pensare che abbia ragione chi ritiene che l’unico loro obiettivo fosse sovvertire la volontà popolare.
L’ex direttore di Studio Aperto, infatti, è stato accusato di aver incassato circa 75.000 euro da due imprenditori in cambio di agevolazioni in vari ambiti lavorativi. Ma quest’erogazione, come spiega Il Giornale, era regolarmente rendicontata, anche perché si riferiva alla campagna elettorale per le Regionali 2020, i cui bilanci sono pubblici.
Inoltre, Aldo Spinelli, presunto “grande corruttore” e già patron del Genoa, è da sempre vicino al Pd, che infatti ha a sua volta beneficiato dei suoi finanziamenti. E da cui peraltro proviene David Ermini, ex vicepresidente del CSM, che l’imprenditore agli arresti ha appena nominato numero uno proprio della holding di famiglia.
Ciononostante, ricorda Il Riformista, i baciccia in toga hanno tenuto ai domiciliari il leader di Noi Moderati per oltre 80 giorni, paralizzando contestualmente l’attività regionale. E revocando una misura cautelare bollata come «irragionevole» dal Presidente emerito della Consulta Sabino Cassese solo dopo aver costretto alle dimissioni l’ormai ex Governatore.
La morte del garantismo
Davanti a un simile vulnus della democrazia, ci si aspetterebbe che gli schieramenti deponessero le divergenze per opporsi a un ricatto reiterabile verso chiunque in qualsiasi momento. Invece, una volta di più, a prevalere sono stati meschini interessi di parte e di partiti evidentemente restii a capire quali pericoli comporti la genuflessione alla magistratura.
In realtà, non sorprende nemmeno più di tanto l’atteggiamento del “campo larghissimo” grillo-comunista, storicamente affine al giustizialismo più spinto. Verso gli altri, naturalmente, perché i propri invece – dall’ex Sindaco di Bari Antonio Decaro a Ilaria cum grano Salis – li promuove, per esempio, in Europarlamento.
Sconcerta invece che Toti sia stato praticamente abbandonato anche da un centrodestra che solo fuori tempo massimo “si è ricordato” di denunciare l’ennesimo uso politico della giustizia. E sconcerta soprattutto perché si tratta della compagine che ha sempre innalzato a proprio vessillo il garantismo. La cui “morte” non segna solo (o non tanto) la fine politica di un singolo, quanto, soprattutto, la tomba dello stato di diritto.