L’informazione ha ignorato la cucina tradizionale per elogiare quella raffinata ma è stato un errore
La cucina romana è contadina e pastorale. Le sue radici sono negli ingredienti poveri ma di qualità e molte cucine regionali sono così
Gli chef stellati attingono dagli ingredienti tipici dell’agroalimentare laziale per inventare ricette che possano sorprendere e stupire. Fino ad ora l’informazione ha ignorato la cucina tradizionale per elogiare quella raffinata. Ma d’ora in poi non sarà più così. La tradizione resiste e vince. Sarà lei il futuro delle cucine regionali.
La cucina romana è indubbiamente contadina e pastorale. Le sue radici sono negli ingredienti poveri ma di qualità. Gran parte delle cucine italiane sono così. Poi su questa scuola delle 20 cucine tradizionali, si sono innestate le tecniche e le tecnologie della grande ristorazione, che fa parlare di sé, muove interessi e capitali, conquista il mondo. Ma la base è quella che dicevo prima.
La cucina tradizionale resta la fonte di ispirazione di ogni gastronomia
Fino ad ora la stampa e i congressi gastronomici hanno sostenuto la cucina stellata, ignorando quella tradizionale, che ne è la base vitale. I grandi chef tuttavia viaggiano per campi e osterie, incontrano contadini e allevatori, si fanno i loro orti vicino al ristorante, evitano di rivolgersi alle società che vendono semilavorati, vizio di molti ristoratori medio piccoli, e preferiscono lavorare direttamente sui prodotti, conoscerli, rubare tutti i segreti del produttore.
In altre parole è quello che hanno sempre proposto Beppe Bigazzi e Paolo Tizzanini (chef de L’acquolina a Terranova Bracciolini in provincia di Arezzo) con il concetto di Osti Custodi. Ovvero coloro che sono la cinghia di trasmissione tra chi produce gli alimenti e chi li usa in cucina. Anni fa questo fenomeno era solo europeo, anzi limitato a Italia e Spagna e in parte la Francia, dove la tecnica ha sempre prevalso sulla cura per l’ingrediente.
Ora succede in America Latina, nel Nord Europa e inizia a succedere anche in Asia e negli Stati Uniti, dove però il back ground culturale non ha l’ampiezza di quello europeo e latino americano, grazie alle culture pregresse.
Spaghetti alla carbonara
La stellata e la tradizionale non sono poi cucine così lontane
Questa divisione tra cucina stellata e tradizione non c’è. Nel senso che gli chef della prima attingono continuamente alle fonti della seconda, interagendo con prodotti e produttori, copiando, adattando, divertendosi a cambiare il cambiabile ma cercando di preservare gusti, profumi, sapori, solo con esperienze diverse. Nella gastronomia romana tutti i piatti più rinomati e famosi offrono spunti alla grande ristorazione per ripercorrere strade già segnate da indiscutibile successo.
Ora bisogna vedere se vuoi conquistare il palato del cliente con la migliore versione della tradizione o stupirlo con un’idea sconvolgente che però mantenga intatto o addirittura inatteso il gusto originario di quel piatto.
Cappelletti del Natale romano
Presenti a Roma fin dagli inizi del Novecento, quando donne e bambini si riunivano insieme il giorno della Vigilia di Natale per preparare il pranzo del 25 dicembre, i cappelletti sono da sempre simbolo di festa. Il nome deriva dalla forma del tipico cappello medioevale: è infatti proprio in questo periodo che cominciano a diffondersi le paste ripiene, specialmente in Romagna (con la variante locale leggermente diversa), prima dell’inizio del digiuno quaresimale.
Gnocchi alla romana: semolino, uova e burro
Si chiamano gnocchi ma sono del tutto diversi dalle palline di farina e puré di patate che abbiamo visto fare dalle nonne e dalle mamme. Una lavorazione apparentemente facile ma che richiede delle capacità di giudizio super per trovare l’equilibrio d leggerezza e consistenza dello gnocco. Se c’è troppa farina è duro, se c’è n’è poca e moscio.
Pur essendo considerati un piatto tipico della gastronomia capitolina, gli gnocchi alla romana hanno un’origine incerta e una storia che probabilmente nasce in Piemonte, mentre altre legano la romanità del piatto a un banale errore di trascrizione. Si sospetta infatti che gli gnocchi alla romana fossero in principio gli gnocchi alla romena. Indipendentemente da queste teorie, gli gnocchi alla romana sono ormai una tradizione capitolina al 100%.
Lo gnocco in questo caso è un disco grande come un sottobicchiere. Composto da semolino cotto nel latte e impastato con le uova. Niente patate, niente farina. Il risultato sono dei dischetti conditi con tanto parmigiano e qualche noce di burro che, una volta nel forno, faranno una crosticina sottile e croccante.
Lo chef Stefano Barbato che molti conoscono per le sue ricette su Youtube propone gli gnocchi alla romana come base per sughi diversi. La ricetta base prevede il classico condimento con burro e pecorino o parmigiano, ma secondo lo chef possiamo usare la nostra fantasia creando delle gustosi varianti: al gorgonzola, ai 4 formaggi, con i funghi trifolati, al prosciutto cotto e besciamella, con fonduta, ecc.
Pennette all’arrabbiata, il gusto del piccante
L’arrabbiata, proprio come fa trasparire il suo nome, è un piatto sia gustoso che piccante.
Non troverete un ristorante di cucina romana e italiana, il cui menù ne risulti sprovvisto.
Si tratta di un piatto molto spesso sottovalutato che viene confuso con una generica pasta al pomodoro, ma vi sono tre differenze fondamentali con quest’ultima.
La prima è che necessita di una spolverata di prezzemolo e non di basilico, la seconda è l’assenza di formaggio parmigiano grattugiato (può essere utilizzato del formaggio pecorino all’occorrenza) e la terza è la presenza obbligatoria del peperoncino fresco.
Gli ingredienti della ricetta sono: olio extravergine d’oliva, aglio, pomodori pelati, peperoncino fresco e prezzemolo.
Spaghetti all’assassina, risottare la pasta
Da qualche tempo gira una ricetta che non va confusa con questa ed è quella degli spaghetti all’assassina. Non ha niente a che vedere con l’arrabbiata perché intanto non si fa con le penne. Anche se si pone sul filone delle paste piccanti, dal sapore forte e pungente, è tutta un’altra lavorazione. In pratica si tratta di non bollire la pasta in acqua e sale ma di cuocerla con la salsa direttamente nella padella. In gergo si dice “risottare”, perché è così che si fanno i risotti.
L’acqua di cottura va comunque tenuta pronta e aggiunga a cucchiaiate nel corso della cottura che risulterà più luna dei soliti 10-12’, ovviamente. Ma cuocendola così la pasta assorbirà non più solo acqua ma tutto il sapore della salsa, risultando più saporita. La preparazione richieda la presenza costante dello chef alla lavorazione, pena la bruciatura della pasta e un danno irreparabile al piatto.
Pasta aglio, olio e peperoncino: i benefici per la salute
Su questo filone c’è anche la Pasta aglio olio e peperoncino. Un classico della gastronomia romana. Lo chef Bruno Barbieri (Masterchef) consiglia di usare spaghettoni che cuociono in 12-14’. L’intingolo a base di olio extravergine di oliva con l’aggiunta di spicchi di aglio (rosa o bianco) e pezzetti di peperoncino. Lo chef ci aggiunge anche pezzettini di lardo che danno un profumo in più alla salsa. L’acqua di cottura anche qui aiuta a creare la crema avvolgente perché ricca di amido.
Barbieri confessa di aggiungere anche una nocetta di burro per dare più consistenza alla salsa. Ma non è da romani usare il burro, al sud se ne usa pochissimo, e poi aveva già messo il lardo, quanti grassi vuole mettere?
Addirittura ci sono medici che consigliano un consumo di questa pietanza più volte nel mese, specie per gli uomini oltre i 30 anni, perché sembra poter apportare benefici al testosterone.
Le proprietà del peperoncino sono in effetti innumerevoli. La capsaicina, che si trova nel frutto e nei semi, ha proprietà vasodilatatorie, digestive, antiossidanti e antibatteriche. Aiuta in caso di problemi di digestione, gas intestinali e crampi addominali. Inoltre è perfetto per la cura e la prevenzione di problemi cardiovascolari e di scarsa circolazione.
L’aglio è ottimo per la prevenzione di influenza, malattie cutanee, raffreddori e infallibile disinfettante per l’intestino. Ha proprietà antielmintiche contro gli ascaridi e gli ossiuri, antimucolitiche, ipotensive, espettoranti, digestive, carminative, antisettiche, ipoglicemizzanti ed è stato ampiamente dimostrato il suo ruolo di regolatore del colesterolo. Per l’alito basta masticare un po’ di prezzemolo, menta o chicchi di caffè per neutralizzarne gli effetti!
L’olio extravergine d’oliva fa benissimo al cuore perché ricco di acidi grassi monoinsaturi: riduce il rischio di trombosi, ictus, infarti, neoplasie. In più combatte il diabete perché riduce i picchi di glicemia dopo i pasti. È analgesico e antinfiammatorio e in più fa bene alla dieta, perché è il condimento con il miglior equilibrio di grassi ed è un concentrato di vitamine e minerali. Tiene a bada il colesterolo cattivo! Inoltre fate sapere alle signore che l’olio extravergine di oliva ha proprietà di anti-invecchiamento della pelle. Bene, adesso siamo a posto.
Le Puntarelle e i Saltimbocca alla romana
Non è una insalata di erbe diverse ma una elaborazione della cicoria In realtà, anzi dei germogli di cicoria arricciati e croccanti, che vengono mangiati crudi e accompagnati da una salsa a base di olio, aglio e filetti di acciughe.
che con le puntarelle legano benissimo. Ma anche se fossero l’ingrediente principale di una croccante focaccia, o l’alternativa alla classica bruschetta al pomodoro, a Roma le puntarelle sono tanto amate e tutti quelli che le incontrano per la prima volta, se ne innamorano alla prima forchettata! Di regola accompagnano un piatto di carne. Per esempio i Saltimbocca alla Romana.
Pare siano di origine bresciana ma a Roma sono diffusi ovunque tanto da sentirli propri. Fettine di vitello, prosciutto crudo, salvia, burro e vino bianco: anche qui la semplicità regna incontrastata, ma riesce a regalare tanta felicità, una forchettata dopo l’altra, senza mai stancare!
Supplì di carne
Filetti di Baccalà, supplì e tutti gli altri fritti: l’influenza ebraica
L’influenza ebraica ha generato ancora una volta un grande capolavoro: i filetti di baccalà in pastella! Una vera istituzione romana dello street food oltre che tipico ingrediente della cucina povera, il filetto di baccalà pastellato e fritto, in passato era una delle componenti dei famosi “pezzetti”. Si trattava di una frittura mista, dove zucchine, cavolfiori, patate, broccoli, zucca e baccalà, venivano tagliati a pezzetti, immersi nella pastella e fritti in olio bollente!
Oggi, anche da solo, il baccalà continua ad essere servito in tutti i ristoranti tradizionali della capitale e, se accompagnato con un calice di bollicine, è veramente “la morte sua”!
I Fiori di zucca, fior di latte e alici sono gli ingredienti di questa antica ricetta del cibo da strada romano, che mette d’accordo proprio tutti! La versione classica è stata con il tempo arricchita di tante altre varianti, che hanno visto questo fiore squisito imbottito di ricotta, tartufo, mortadella, fontina e chi più ne ha più ne metta! Qualsiasi sia il ripieno con cui viene arricchito, una volta in tavola l’assalto al piatto è garantito!
Pane di Genzano e Lariano
È nell’area dei Castelli Romani che si trovano due dei prodotti di panificazione più famosi della regione: il pane di Genzano e quello di Lariano. Il primo viene realizzato con farina di tipo 0 o 00, lievito naturale, sale, acqua e cruschello di grano, in passato cotto nelle “soccie”, caratteristici forni a legna. Si riconosce per il profumo inebriante e la fragranza, segni distintivi che restano invariati anche oltre una settimana. Molto simile è il pane di Lariano, che viene prodotto però con farina di grano tenero semintegrale, acqua, lievito di birra e lievito acido. Con il pane a volte si comincia a tavola e noi invece ci chiudiamo l’articolo.
Le foto del servizio dalla pagina dello chef Arcangelo Dandini
La Cucina Romana nasce dalla cultura contadina e vince nel mondo