Lo Presti, dopo 8 anni l’omicidio del fotografo dei vip ancora senza colpevole
I delitti irrisolti nella Città Eterna, tra verità nascoste ed errori investigativi, il caso Lo Presti
I delitti irrisolti nella Città Eterna, tra verità nascoste ed errori investigativi: quando la morte diventa evento mediatico e la realtà supera la fantasia. L’omicidio Lo Presti, 2013.
Daniele Lo Presti, il paparazzo della Roma superficiale
Daniele Lo Presti era un paparazzo molto noto nell’ambiente della Roma superficiale e plasticata da tempo orfana dei fasti della Dolce Vita. Come tanti calabresi, si era costruito una professione che gli permetteva di risiedere a giusto titolo nel cuore della Capitale, in zona Portuense, nelle vicinanze delle sponde testaccine del Tevere.
Il fotoreporter, rendendosi conto di quanto stesse realmente accadendo, cercò di reagire. Ma la fredda mano del “professionista” lo bruciò con un colpo esploso quasi a bruciapelo da una calibro 7,65.
Nel tentativo di dare una spiegazione, di individuare un movente supposto e pista da percorrere per le indagini, si pensò ad una rapina finita male. Una supposizione logica quanto superficiale, dettata dalla necessità di iniziare immediatamente l’attività investigativa senza ancora aver indagato sulla vittima. Del resto, fin dai primi esami sulla scena del crimine, emerse il tentativo di reagire da parte del Lo Presti.
Ma il fatto che lo stesso era uscito in pantaloncini e felpa per una “classica corsetta” lungo fiume, con cellulare e portafogli a casa e privo di ogni altro elemento che potesse rappresentare un bottino per qualche tossico, fece presto naufragare l’ipotesi del rapinatore tossicodipendente. Inoltre, a parlare la lingua del killer professionista c’erano l’arma utilizzata, la posizione imposta alla vittima dopo una colluttazione totalmente a vantaggio dell’esecutore. Dunque, un omicidio premeditato, studiato ed eseguito senza incertezze.
Accertata la non casualità della vittima, si scavò nella vita sentimentale e professionale del fotografo. Quest’quest’ultima maggiormente “interessante” per gli inquirenti, forse attratti o distratti dal “fenomeno” Fabrizio Corona che da tempo riempiva gli spazi dell’informazione scandalistica e non.
Purtroppo, lo stile di vita di Lo Presti era troppo diverso da quello dei suoi “clienti”. La sua vita “misteriosa” non aveva potuto fornire elementi utili agli investigatori.
Il cadavere di Mario Biondo
Eppure, quando dopo alcuni mesi, in un appartamento di Madrid, venne rinvenuto il corpo impiccato di Mario Biondo, amico fraterno di Daniele Lo Presti, qualcosa di ancora più sinistro e misterioso si insinuò nella mente di chi cercava la verità sull’inspiegato delitto.
Il collegamento temporale tra le due morti, le modalità di esecuzione tanto diverse quanto accomunate dalla “professionalità” con cui vennero portate a termine e l’ambiente lavorativo comune alle due vittime ci indicano la possibilità di un unico o forse un doppio filo tra le due morti. O forse solo l’accanimento del destino che ha unito i due testimoni dello show-business in una fine violenta e misteriosa.
Come ogni caso irrisolto che si rispetti, a distanza di alcuni mesi dal fatto delittuoso, un nuovo importante elemento illuse i familiari di aver trovato la soluzione del caso.
Un telefonino rinvenuto dalla madre del Lo Presti nella casa (nessun inquirente aveva pensato bene di ispezionare la dimora calabrese del Lo Presti?!), saltuariamente abitata dalla vittima, portò alla luce una registrazione di 2 settimane precedenti al delitto. I questo documento audio si capisce che il Lo Presti, scambiato per qualcun altro di sua conoscenza, aveva “ gonfiato…quei napoletani di m…a”. Purtroppo, la persona relativa alla registrazione, quasi sicuramente da ricercare nell’ambito delle conoscenze calabresi, non venne mai identificata, lasciato irrisolto lo spietato omicidio
Omicidio Lo Presti, un’esecuzione in piena regola
Senza un perché e senza un chi, l’occhio ancora in vita di Lo Presti scattò l’ultima fotografia, quella di una vera e propria esecuzione effettuata con modalità proprie della criminalità organizzata che utilizza la città di Roma come crocevia stanziale delle sue espressioni nostrane e internazionali.
Il caso Lo Presti, venne ricordato ancora in occasione di un omicidio compiuto con modalità analoghe nel 2019. Quando Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, vide interrompersi la carriera di emergente boss della mala romana freddato sempre da una calibro 7,65. Accadde sulla panchina di un parco capitolino, in pieno giorno e frequentato a quell’ora da moltissime persone. Ancora una volta nessuno ha visto nulla.
Chissà, tra qualche anno si saprà che nella nostra città opera da anni una centrale del crimine su commissione, al servizio di tutte le mafie e, perché no, al servizio di qualche benemerito insospettabile.