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L’Ospedale San Camillo raccontato dai pazienti: gioie e dolori

La voce dei pazienti che raccontiamo ci presenta le gravi carenze strutturali accanto a comportamenti meritevoli di medici e infermieri

Ospedale San Camillo, Roma

Ospedale San Camillo, Roma

Una presenza costante e confortante, nella società romana e laziale, che ha attraversato tutti i problemi del Servizio Sanitario Nazionale, con il de-finanziamento del settore pubblico a vantaggio del privato, l’ingorgo del Pronto Soccorso, la carenza del personale medico e infermieristico ma che rimane, grazie al personale, un punto di eccellenza sanitaria nel Paese.

Fu il sindaco Nathan a volere il San Camillo

Nei primi del novecento il sindaco di Roma Ernesto Nathan volle un nuovo ospedale per i suoi cittadini e nel 1919 si decise di avviarne i lavori. Per costruire l’ospedale, che fu chiamato in un primo momento Ospedale della Vittoria, vennero utilizzati i terreni della Vigna di San Carlo di proprietà del Pio Istituto di Santo Spirito. I lavori vennero interrotti nel 1922 per mancanza di fondi. La lavorazione su terreni collinosi comportava lo spostamento di molta terra e i costi per completare l’opera erano elevati.

Era l’epoca della epidemia di Spagnola, la devastante influenza che provocò diverse decine di milioni di morti. I lavori ripresero durante il regime fascista nel 1927 e terminarono nel ’29. Dopo la Guerra il nome cambiò in Ospedale San Camillo, in onore del protettore dei malati San Camillo De Lellis. Vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento, era un soldato di ventura che scoprì la vocazione religiosa a 25 anni in Puglia e si dedicò poi all’assistenza dei malati a Roma.

L’ospedale originario sotto il profilo giuridico subì diverse modifiche e ampliamenti, tra queste vi fu l’unione con l’ospedale Carlo Forlanini, sotto il nome di azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini. Divenendo uno dei più importanti della Capitale. Dal 2015 l’Ospedale divenne proprietà della Regione Lazio, sotto la presidenza di Nicola Zingaretti.

La denuncia di Striscia la Notizia nel 2022

Nella Primavera del 2022 Striscia la notizia su Canale 5 si occupò di un caso di malasanità. Era il 24 maggio quando a Roma, Antonella Vittore, 47 anni, cadde dal motorino e chiamò un’ambulanza. Dopo una attesa di circa 40 minuti, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la donna venne trasportata all’Ospedale San Camillo.

Come lei stessa racconta, lì sono iniziati i problemi: “Ho aspettato diciotto ore al pronto soccorso in condizioni disumane. Quel giorno c’erano stati parecchi accessi. Quindi col piede sanguinante e addosso il tremore della scarica di adrenalina, sono stata messa su una barella e portata in quello che chiamano ‘la zona nuova del PS’. Praticamente uno stanzone-bunker in cui c’erano più o meno 60 malati”.

Secondo la denuncia effettuata dalla Vittore, davanti ai suoi occhi si è aperto uno scenario apocalittico: pazienti abbandonati sui letti, imploranti aiuto, che chiedevano medicinali, antidolorifici e coperte. La situazione ha raggiunto l’apice quando la donna si è accorta che: “Sulla barella accanto alla mia c’era un signore con un colorito stranissimo. Lo guardavo e pensavo che dovesse stare proprio male… Sembrava morto… Ebbene, ho realizzato solo dopo un po’ che era morto davvero”.

Stando a quanto riportato dalla giovane, l’uomo sarebbe rimasto senza battito cardiaco e a torso nudo su una barella abbandonata nel Pronto Soccorso per oltre un’ora prima che due infermieri lo coprissero con un telo.

Già nel 2015 lo stesso programma aveva denunciato la crisi del Pronto Soccorso dell’ospedale romano

La situazione descritta da Antonella Vittore confermava altre denunce simili che il programma di Canale 5 ha testimoniato nel tempo circa le precarie condizioni in cui i pazienti sono costretti all’interno del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo. L’inviato Jimmy Ghione già nel 2015 si era recato sul posto dopo numerose proteste da parte dei cittadini. In questa occasione le telecamere di Striscia erano riuscite a riprendere la situazione dei corridoi del Pronto Soccorso: barelle sistemate in qualsiasi spazio possibile, persone costrette a mangiare sul lettino, perché sprovviste di un tavolo d’appoggio, uomini e donne bloccati da diversi giorni.

Perché l’Ospedale San Camillo è ridotto così?

Recentemente (27.2.2024), sul sito quotidianosanita.it, Sandro Petrolati scriveva un articolo in cui si chiedeva “perché l’ospedale fosse ridotto così”. In risposta a una denuncia apparsa su la Repubblica il giorno prima, nella quale si mostravano le immagini del Pronto Soccorso congestionato. Nonostante la situazione di grave disagio, tuttavia, gli stessi utenti dell’Ospedale hanno riconosciuto che il personale medico e infermieristico riesce a dare tutte le cure necessarie salvando le vite dei pazienti.

In altre parole, l’Ospedale è una struttura al collasso ma il personale si fa in quattro per sopperire alle carenze dei cittadini. Questo è lo stato della situazione. Ma per quanto potrà durare? E soprattutto perché siamo a questo punto? Di chi sono le responsabilità? Chi non ha ascoltato da oltre dieci anni gli appelli di operatori, sindacati e dalle associazioni di cittadini?

La congestione dei Pronto Soccorso è un dato diffuso a tutta la sanità pubblica

Analizziamo le condizioni critiche dell’Ospedale. Il San Camillo non è l’unico e non è il solo ospedale ad avere drammatiche condizioni logistiche nel Pronto Soccorso. In ogni regione, con un aggravio per il sud, si stanno denunciando le gravi carenze di personale. I medici e paramedici se ne vanno in pensione o emigrano verso paesi che assicurano retribuzioni e trattamenti più adeguati. I giovani medici non partecipano ai concorsi e non si iscrivono alla specializzazione. Prosegue lo stazionamento dei pazienti per carenza di posti letto.

I tempi dilatati per le analisi e le cure spingono molti pazienti a ricorrere al servizio privato per scongiurare pericoli maggiori per la propria salute. I posti letto si sono ridotti negli ultimi 15 anni e per ripristinarli serviranno impegni finanziari notevoli, che non si vedono all’orizzonte. Dovesse sopraggiungere una nuova pandemia, ci coglierebbe più impreparati di prima come se l’esperienza vissuta non fosse servita a niente. La carenza di personale poi è il problema più grave. Tutti i fattori che abbiamo detto sono la causa dello stress degli operatori del Pronto Soccorso e causano l’allungamento delle degenze.

L’ospedale non può diventare l’unica struttura attiva sul territorio, ha bisogno di una rete convenzionata che lo alleggerisca dei compiti meno urgenti

Manca una Medicina di territorio che funga da supporto e da alternativa al ricovero. Per cui l’Ospedale è da sempre posto di ricovero e Hub per le maggiori specializzazioni, con flussi in direzione unica verso il San Camillo e quasi mai dal San Camillo verso altri ospedali e strutture convenzionate, una volta ottenuta la stabilizzazione del quadro clinico. La rete ospedaliera convenzionata che dovrebbe accogliere i pazienti meno gravi per alleggerire l’Ospedale non c’è e se c’è non funziona.

Se si vuole salvare il San Camillo e ridare dignità ai pazienti e dignità agli operatori, occorre prendere provvedimenti con estrema urgenza, ma non si può certo attendere che da solo l’ospedale possa trovare una soluzione al grave e complesso problema del Pronto Soccorso.

Una ristrutturazione ha abbassato i tempi di attesa del Pronto Soccorso

A fronte di queste critiche l’amministrazione dell’ospedale sostiene di aver dato il via a una ristrutturazione interna, che ha tagliato i tempi di attesa del Pronto Soccorso del 68%, grazie a un’area boarding di 600 mq per i pazienti in attesa. Serve per ridurre la congestione sul Pronto Soccorso e passare in consegna i malati ai medici di medicina interna.

Grazie al processo riorganizzativo in generale il numero di pazienti presenti in pronto soccorso è diminuito del 20%. Anche i tempi del triage sono ridotti: nel 2022 i pazienti hanno atteso mediamente 38 minuti a fronte dei 47 minuti del 2021 (- 8,9%). A fronte di un aumento degli accessi al pronto soccorso, e in particolare degli accessi con il 118 sopra media regionale, si è rilevata una riduzione della percentuale di ricovero (-4,2%). 

La voce dei pazienti ci presenta carenze strutturali accanto a comportamenti contrastanti del personale

Tutto questo trova parziale consenso nei fruitori del Servizio ospedaliero. Sul sito QSalute.it si lascia libero sfogo agli utenti del San Camillo. Mario, il 24 febbraio scorso, ha lasciato scritto: “Sono stato ricoverato al pronto soccorso in sala d’emergenza e posso dire che i pazienti vengono trattati malissimo. Dopo 7 ore di ricovero mi hanno mandato via senza nessuna spiegazione, solo con la diagnosi, senza nessuna terapia o su cosa fare. I pazienti vengono trattati come se fossero degli appestati con cui è meglio non avere nulla a che fare. E non è vero che dipende dal carico di lavoro, quello è un alibi per nascondere che è un problema delle persone che ci lavorano. Ho avuto esperienza in altri ospedali pubblici e non ho trovato una tale mal disposizione verso il paziente”.

I pazienti prendono la parola sul web per raccontare la propria esperienza

Diverso il parere di Mario Bianchi, di qualche giorno prima: “Ho trovato un reparto ai massimi livelli dell’informazione, alla vigilanza, e soprattutto medici ed infermieri che, nonostante una pressione inumana, ci hanno donato professionalità ed umanità.
La suocera di 94 anni, ahimè deceduta, è stata assistita con tutte le attenzioni, come noi familiari”.

Anna Maria Amblé, ricoverata per Chirurgia toracica, in cura dal Dott. Cardillo, parla invece di “Eccellenza professionale, ma non solo…. Un grazie di cuore e riconoscenza infinita al prof. Giuseppe Cardillo e all’intera sua equipe, in particolare al dott. Di Martino. Un’operazione d’urgenza, per mio marito, non facile, dall’esito per nulla scontato anche per l’elevato rischio cardiaco.

Alla riuscita dell’operazione è seguito un monitoraggio post operatorio in terapia intensiva definirei impeccabile. Insomma, competenza e professionalità unite ad un tratto umano molto apprezzabile e confortante in momenti drammatici. Qui ti senti sicuro che il tuo caro sia nel posto migliore in cui trovarsi in circostanze critiche. Grazie ancora di cuore a tutto il reparto Chirurgia Toracica”.

La voce dei pazienti ci parla di un personale d’eccellenza che copre le carenze della struttura

Come sempre succede quando si da voce agli utenti i pareri possono essere molto contrastanti, perché quello che ai pazienti interessa è l’esperienza diretta vissuta, la cortesia e la gentilezza con la quale si viene trattati, il livello di informazione che si riceve. Al di là anche del successo della cura. Questo è da sempre quello che il paziente chiede al medico e all’infermiere professionista: essere trattato umanamente, con rispetto e correttezza.

Come dovrebbe sempre essere, per altro. Della professionalità del nostro personale medico ospedaliero abbiamo avuto tante prove negli anni e specialmente durante l’ultima pandemia. I malati non lo mettono in dubbio. Da fastidio essere ignorati o trattati male ma non è il caso delle prossime testimonianze.

La struttura ha diverse carenze non imputabili al personale che vi lavora. Come conferma Rita La Bruna, sempre su QSalute.it: “Sono stata assistita al reparto di urologia (litotrissia extracorporea) nell’ospedale San Camillo di Roma nel modo più egregio possibile da una squadra più che vincente, composta dallo stimatissimo Dott. Stefano Annunziata e dall’eccellente infermiere Maurizio Luce. Professionalità e umanità non sempre sono insieme riscontrabili. Grazie di cuore”.

O Luigi Pandolfi che parla dello stesso reparto: “Desidero ringraziare il Dr. Annunziata Stefano, urologo molto disponibile ed estremamente competente, responsabile tra l’altro del reparto litotrissia. Infermiere Luce Maurizio altamente specializzato, cordialissimo e molto disponibile; anestesista dr.ssa Monica molto attenta, gentile ed estremamente scrupolosa. In estrema sintesi, una eccellenza di reparto dove ho eseguito oggi 5 dicembre 2023 una litotrissia. A Roma reparti come questo se li sognano“.