Lotta al Covid-19, ecco tutte le strade che dovranno portare a sconfiggerlo
La nostra inchiesta su tutte le strategie e le ricerche nel mondo per combattere e vincere il Covid-19 con una dura lotta. Una battaglia che vinceremo
Lotta al Covid-19. Prosegue a passi spediti la battaglia contro il Coronavirus. Aumentano in maniera considerevole i casi di Covid-19 nel mondo, il Sudafrica dagli ultimi dati è il quinto paese più malato al mondo. Anche in India la situazione è molto drammatica, dove nei scorsi giorni c’è stato il record di contagi: 40 mila casi in 24 ore. E’ urgente e necessario porre, al più presto e con la massima efficacia possibile, un freno a questo disastro umano. Gli scienziati continuano i loro studi di ricerca e attendevano con trepidazione i primi dati certi riguardanti le sperimentazioni di due candidati vaccini. E i risultati fortunatamente sembrano essere confortanti. Anche se è ancora presto per cantare vittoria ha dichiarato il ministro della Salute Roberto Speranza. “Serve ancora tempo e prudenza.
Ma i primi riscontri scientifici sul vaccino dell’Università di Oxford, il cui vettore virale è fatto a Pomezia e che verrà infialato ad Anagni, sono incoraggianti.
Italia, Germania, Francia e Olanda, in prima fila nella lotta al Covid-19
L’Italia, con Germania, Francia e Olanda, ha inoltre aggiunto il Ministro Speranza, è nel gruppo di testa per questa sperimentazione. Continuiamo ad investire sulla ricerca scientifica come chiave per sconfiggere il virus”.
Il vaccino dello Jenner Institute, infatti, ha reso immuni fino al 56/mo giorno della sperimentazione in corso. Sono i risultati preliminari riferiti alla fase 1-2 dei test che ha coinvolto 1.077 adulti sani. In tutti i partecipanti è stata stimolata una risposta immunitaria con cellule T, mentre l’ attività neutralizzante contro SarsCov2 è stata rilevata nel 91% dei partecipanti ad un mese dalla vaccinazione e nel 100% di quelli che hanno ricevuto una seconda dose. Tuttavia “ulteriori studi, rendono noto i ricercatori, sono necessari per confermare se il vaccino protegga effettivamente dal Covid-19”.
Risultati proficui si sono registrati anche per il vaccino cinese, testato in fase 2 su oltre 500 soggetti e simile al modello di Oxford. E’ sicuro e ha indotto una risposta immunitaria nel 95% dei partecipanti, misurata fino a un mese dall’immunizzazione.
I raggi del sole vincono sul virus
Un’altra speranza per combattere il virus sembrerebbe essere l’utilizzo dei raggi ultravioletti. Da questa importante ricerca risulterebbe chi i raggi UV siano in grado di sconfiggere il coronavirus-Sars- Cov-2. La scoperta è stata condotta da scienziati italiani.
Lo studio sperimentale multidisciplinare portato avanti da un gruppo di ricercatori con diverse competenze dell’Istituto nazionale di astrofisica, dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto nazionale tumori della città milanese e dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi, potrebbe rivoluzionare e aprire uno spiraglio di luce nella battaglia contro il Covid-19.
La luce ultravioletta a lunghezza d’onda corta, quella prodotta da lampade a basso costo al mercurio, spiegano gli esperti, ha un’ottima efficacia nel neutralizzare il nuovo coronavirus. La luce UV-C ha tipicamente una lunghezza d’onda di 254 nanometri, ovvero 254 miliardesimi di metro. E’ noto il suo potere battericida e anti-virale, una proprietà dovuta alla sua capacità di rompere i legami molecolari di DNA e RNA che costituiscono questi microrganismi.
Una dose molto piccola disattiva la riproduzione del virus
“Abbiamo illuminato con luce UV soluzioni a diverse concentrazioni di virus, dopo una calibrazione molto attenta. Un lavoro effettuato con i colleghi di Inaf e Int – ha illustrato Mara Biasin, docente di Biologia applicata dell’università degli Studi di Milano – e abbiamo trovato che è sufficiente una dose molto piccola (3.7 mJ/cm2), equivalente a quella erogata per qualche secondo da una lampada UV-C, posta a qualche centimetro dal bersaglio, per inattivare e inibire la riproduzione del virus di un fattore 1.000, indipendentemente dalla sua concentrazione”.
L’esito di questa ricerca è stato fondamentale anche per verificare una ricerca parallela, diretta da Inaf e Statale di Milano, per capire come gli ultravioletti prodotti dal sole, al variare delle stagioni, possano influire sulla pandemia rendendo inattivo in ambienti aperti il virus presente in aerosol, contenuto ad esempio nelle piccolissime goccioline di saliva prodotte dalle persone quando parlano o quando emettono starnuti e colpi di tosse.
Lotta al Covid-19: il virus si sposta dal nord al sud del mondo
A tal proposito ha affermato Fabrizio Nicastro, Ricercatore Inaf, “Il nostro studio sembra spiegare molto bene come la pandemia Covid-19 si sia sviluppata con più potenza nell’emisfero nord della Terra durante i primi mesi dell’anno – ha dichiarato l’esperto che poi ha concluso – mentre ora sta spostando il proprio picco nei Paesi dell’emisfero sud, dove sta già iniziando l’inverno, attenuandosi invece nell’emisfero nord”.
Per ciò che concerne il sole ad operare sono i raggi ultravioletti corti UV-C, bensì i raggi UV-B e UV-A, con lunghezza d’onda tra circa 290 e 400 nanometri, quindi maggiore degli UV-C. Come accertato da una recente misura in luce UV-A e UV-B dal Laboratorio di biodifesa del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, nella stagione estiva, nelle ore intorno a mezzogiorno, sono sufficienti pochi minuti perché la luce ultravioletta del sole riesca a inattivare il virus.
I suddetti esiti sono in sintonia con quelli del primo articolo realizzato dagli esperti italiani, se opportunamente rapportati alle lunghezze d’onda più lunghe degli UV-B e UV-A.
Nonostante altri motivi possano avere attenuato e diminuito la diffusione del contagio nel nostro Paese, tra tutti il distanziamento sociale, per la comunità scientifica potrebbe risultare determinante constatare nei mesi autunnali se in una eventuale seconda ondata di contagi ci possa essere una correlazione alla ridotta intensità luminosa nell’annullare il virus e perciò comprendere se effettivamente l’energia solare fosse un fattore limitante per l’abbattimento del virus.
Il virus teme la plasmoterapia
Si intravede anche un altro spiraglio di luce nella lotta acerrima contro il virus. Un altro trattamento terapeutico per abbattere il virus risulterebbe anche essere la terapia con il plasma.
La cura a cui sono stati sottoposti i pazienti affetti da Covid-19, mediante la terapia con il plasma da guariti, secondo questo nuovo studio, è sicura. La ricerca è stata elaborata e condotta dalla Mayo Clinic negli Stati Uniti d’America e i risultati si attengono su un’indagine su 20 mila pazienti.
Il metodo di cura con il plasma da convalescenti, è un trattamento d’emergenza che può risultare vincente e incisivo. E’ stato applicato anche nella Sars e nella Mers. Le prime sperimentazioni in Italia e in altri paesi hanno avuto esito favorevole. Ma si basavano su una quantità inferiore di dati, che vanno via via crescendo visto che i pazienti curati accrescono nel tempo.
I ricercatori della Mayo Clinic hanno esaminato, nei 7 giorni successivi all’infusione, lo stato di salute di pazienti con coronavirus. I malati, di varie etnie, di cui il 40% di sesso femminile sono tutti stati ricoverati nell’arco di tempo dal 3 aprile all’11 giugno. Sono stati trattati opportunamente con il plasma perché ritenuti a rischio di sviluppare forme molto gravi dell’infezione.
Nel suddetto campione la percentuale di pazienti trattati con il plasma e deceduti per Covid-19 scende all’8,6%. Mentre in un’indagine equivalente ma precedente, su 5.000 pazienti, quindi meno dei 20 mila attuali, la percentuale era del 12%. Le reazioni sfavorevoli gravi al trattamento con il plasma si sono verificati in meno dell’1% dei casi. “Siamo ottimisti ha dichiarato Michael Joyner, primo autore della ricerca scientifica,“ma dobbiamo rimanere obiettivi via via che accumuliamo una crescente quantità di dati”.
Lotta al Covid-19: le infezioni sono meno gravi
La diminuzione nella mortalità è accompagnata da una più rapida disponibilità del plasma. E questo grazie alla donazione di sangue dei convalescenti. Gli autori evidenziano che ora si sta studiando meglio l’efficacia del trattamento. Un trattamento che punta sul fatto che i convalescenti hanno sviluppato anticorpi contro il Sars-Cov-2 che fornirebbero una protezione ai malati.
Gli esperti notano che da un lato è cresciuta la disponibilità del plasma, grazie al fatto che ci sono più pazienti guariti. E dall’altro attualmente le infezioni Covid-19 sono meno gravi, stando ai dati recenti.
Le motivazioni sono molteplici e vanno dal fatto che purtroppo la popolazione più fragile, le persone con maggiori patologie, la fascia della terza età, è già stata colpita nei mesi precedenti. Oggi, infatti, i malati Covid-19 ricevono in anticipo il plasma dalla struttura ospedaliera. Al contrario nel marzo 2020, nel pieno dell’epidemia, non c’erano ancora strumenti adatti per elaborare il plasma dei guariti e somministrarlo. Oltre al fatto che il numero dei candidati donatori era molto inferiore.
Alessandro Pisegna
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