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Luglio 2023, caldo record. I cambiamenti climatici sono colpa nostra

Per il 97% degli scienziati andiamo verso un aumento medio delle temperature di 1,5° entro il 2030-2050, con cambiamenti climatici spaventosi

Manifestazione per cambiamenti climatici

I dati dell’IPPC non lasciano dubbi. Per il 97% degli scienziati internazionali andiamo verso un aumento medio delle temperature di 1,5° entro il 2030-2050. Pochi gradi possono determinare catastrofi che già iniziano a manifestarsi nel mondo. Un fenomeno che possiamo frenare.

Luglio 2023: il mese più caldo mai registrato nella storia dell’uomo. La temperatura media globale é stata di 0,72° C più alta rispetto alla media 1991-2020 (sempre riferito al mese di luglio) e di 0,33° C di più rispetto al mese più caldo precedente, ovvero luglio 2019.

Per anticipare le critiche dei negazionisti, diciamo subito che sono dati rilevati dal Copernicus Climate Change Service (C3S), implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con finanziamenti dell’UE, che pubblica regolarmente bollettini climatici mensili che riportano i cambiamenti osservati nella temperatura globale dell’aria superficiale, del ghiaccio marino copertura e variabili idrologiche. Non opinioni ma dati scientifici scritti, valutati dalla comunità scientifica internazionale.

La scienza, le direttive e le soluzione per il clima

Al 2019 s’è registrato un aumento delle temperature medie rispetto al periodo pre industriale di 0,97°. Se continueremo così, c’è la certezza he sfioreremo la soglia del 1,5° di riscaldamento globale nei prossimi anni (2030-2050). Dovremmo restare comunque sotto i 2°. Sta scritto nel rapporto IPCC, ovvero Integrated Pollution Prevention and Control, il gruppo di scienziati del clima che studia le strategie di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, che mira alla diminuzione del livello delle emissioni per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente e per migliorare le prestazioni dei complessi industriali nel loro territorio.

Opporsi alle loro direttive è come dire che la terra è piatta e che gli asini volano. Il fatto è che non abbiamo più né il tempo né la pazienza, dicono gli scienziati, di discutere con i negazionisti. Il 97% degli scienziati, soprattutto climatologi, sostengono questi dati. Chi ha tesi diverse da porre al confronto, pubblichi i suoi studi e li presenti in ambito scientifico, non sulla stampa, nei talk show o nei festival sul clima sparsi per il mondo.

Il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici

L’impatto del riscaldamento globale comincia a dare i primi segni inequivocabili. Il ghiaccio dell’artico è diminuito in media del 12,85% per decennio. I registri delle maree costiere sono aumentati mediamente di 3,3 millimetri rispetto all’anno, dal 1870. È ancora poco ma è un aumento che tende a crescere.

Il decennio 2009-2019 è stato il più caldo mai registrato e il 2020 è stato il secondo anno più caldo di sempre, appena al di sotto del massimo stabilito nel 2016. Le stagioni degli incendi sono più lunghe e intense, come in Australia nel 2019.

Abbiamo dovuto far fronte a una crescente presenza di eventi meteorologici estremi, come cicloni, alluvioni e siccità, dal 1990, che colpiscono ormai anche in periodi dell’anno atipici rispetto al passato e con una forza sempre più devastante. Fenomeni come El Niño sono diventati più irregolari e hanno causato pericolosi momenti aridi in aree già minacciate dalla siccità cronica, come l’Africa orientale.

Cambiamenti climatici: se anche la Corrente del Golfo rallenta

La Corrente del Golfo , che attraversa l’Atlantico dai Caraibi fino alla Groenlandia per poi ridiscendere verso le coste europee, sta rallentando. E da oltre 1.600 anni non si era vista così debole. Gli scenari che potrebbe determinare sono apocalittici, non per la Terra ma per chi vive sulle coste americane ed europee. Le correnti marine potrebbero cambiare rotta, specialmente per l’afflusso di acqua dolce che arriva dai ghiacciai.

Forti abbassamenti della temperatura. Cambio della fauna marina. Attualmente già le specie vegetali e animali si spostano in modo imprevedibile da un ecosistema all’altro, creando danni incalcolabili alla biodiversità in tutto il mondo. Pensare che tutto questo sia un normale avvicendamento del clima che cambia, come nelle ere passate, non esprime il pericolo che stiamo correndo. È come non voler vedere il problema. Tutto cambia da sempre, è vero, ma non così in fretta e noi non siamo più un popolo di nomadi che possa cambiare sito e continente in pochi anni.

Viviamo in metropoli, con sistemi produttivi rigidi che non possiamo modificare in tempi brevi. Il pericolo è insito anche nella gabbia che ci siamo creati e che chiamiamo progresso. Un progresso che si fonda sul consumo e sullo spreco e non sul riciclo, come avviene in natura.

IPCC : gravità, urgenza e speranza

Il Rapporto IPCC 2023 parla di gravità, urgenza e speranza, tre parole simbolo con cui il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico sintetizza il sesto studio di valutazione delle informazioni scientifiche e socio-economiche sul cambiamento climatico (AR6).

Lo scopo di questo documento è di fornire uno strumento per i politici, un riassunto quanto più agile e chiaro, frutto di anni di studi scientifici, che possa dare un orientamento per l’azione politica sul clima, secondo quanto redatto dagli scienziati dei 195 Paesi membri della Nazioni Unite.

Una delle novità è la presenza dell’amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, Al Jaber, nei consessi istituzionali in cui si discute di cambiamento climatico. La presenza dei petrolieri (l’uso dei carburanti fossili è una delle concause dell’aumento di CO2 nell’aria) potrebbe rappresentare una carta importante da giocare nella transizione verso un’economia post fossile. Molti paesi arabi produttori sanno che i giacimenti di petrolio andranno ad esaurirsi e si stanno già rivolgendo a investimenti sulle fonti energetiche rinnovabili, legate al sole, al vento, alle maree.

La sfida: salvare le future generazioni dai cambiamenti climatici

Lo stesso vicepresidente della Commissione UE e Commissario per il clima Frans Timmermans, ha dichiarato che Al-Jaber sarebbe nella posizione ideale per svolgere un ruolo guida in questa enorme transizione perché potrebbe portare i suoi “colleghi dell’industria petrolifera e del gas nella stessa direzione in termini di comprensione del fatto che anche questo settore deve incorporare nuove pratiche”.

Passare dall’era dei combustibili fossili: carbone. petrolio e gas, alle nuove fonti energetiche rinnovabili è la sfida che ci attende ma è un passaggio per niente facile e rapido.

Il sud coreano Hoesung Lee, il Presidente del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico ha affermato che “Affrontare il cambiamento climatico è una sfida complessa, politica e ingegneristica che non riguarda solo la nostra generazione ma anche quelle future. Noi, come comunità scientifica, non abbiamo solo il compito di mostrare i drammatici dati di fatto ma anche di indicare quali sono le prospettive di speranza per realizzare un cambiamento globale (…) I nostri rapporti, compreso il Rapporto di sintesi, sono orientati alle soluzioni ma non illudetevi: l’inazione e i ritardi non sono tra le opzioni possibili.”

I maggiori inquinatori sono Cina, Usa e India

Gli scenari che l’IPCC sono 5, alcuni molto ottimistici e alcuni catastrofici. Sono stati sviluppati per dovere scientifico. Ve ne sono di ottimistici e di drammatici, certamente quelli intermedi hanno più probabilità di verificarsi. Tutto dipende da noi. Da quanto i Governi dei vari Paesi, sotto lo stimolo dei cittadini, sapranno fare per ridurre serra e procedere verso nuovi modi di approvvigionamento energetico, anche a costo di qualche sacrificio.

Vediamo però quali sono i paesi che emettono maggior numero di anidride carbonica nell’aria. Nel 2020 le emissioni hanno raggiunto i 32 miliardi di tonnellate di CO2, un record che purtroppo rischia di essere superato.

Secondo Ana Caballero su climate.selectra.com, la classifica dei paesi più inquinanti nel 2022 vede ai primi posti soprattutto i paesi più industrializzati e popolosi: la Cina con 9,9 miliardi di CO2, gli Stati Uniti d’America con 4,5 miliardi tonnellate, l’India con 2,3 miliardi di tonnellate, la Russia 1,6 miliardi e il Giappone 1,2. Poi c’è la Germania con 8,1 tonnellate dovuta alla sua dipendenza dal carbone e dal gas, poi c’è l’Iran con 6,7 tonnellate e l’Italia con 5,4.

La Francia si salva per via delle centrali nucleari ma ha al suo attivo 4,6 tonnellate di CO2. Questi dati ci fanno capire che ci sono più e meno responsabili ma soprattutto che lo sforzo per ridurre spetta a tutti, principalmente a quei paesi che oggi inquinano di più. Qui sta il problema. Gli Stati Uniti non intendono rinunciare ai propri privilegi e allo stile di vita sprecone che li caratterizza. I cinesi, che da pochi anni, sono arrivati a certi livelli di produttività, non vogliono pagare il prezzo per l’inquinamento accumulato nei decenni precedenti dagli Occidentali.

Gli scenari futuri: modelli che prefigurano il nostro destino

Gli scienziati hanno previsto diversi scenari possibili, dai più ottimistici ai più catastrofici, per ridurre le emissioni di gas serra e ridurre l’incremento del riscaldamento del clima. Tutti questi scenari vertono sulla iniziativa comune dei vari Stati di ridurre fortemente la dipendenza dall’energia fossile. Quanto meglio e prima saremo in grado di farlo, tanto meglio e prima potremo scongiurare questo innalzamento del riscaldamento globale con tutte le conseguenze metereologiche che il fenomeno comporta. Fino a porre a rischio la nostra stessa esistenza sul pianeta.

In tutti questi quattro scenari “sono previste riduzioni rapide e profonde e nella maggior parte dei casi immediate delle emissioni di gas serra in tutti i settori”. Le strategie di mitigazione per seguire questi percorsi includono “la transizione dai combustibili fossili senza CCS (cattura e stoccaggio del carbonio)  a fonti energetiche a bassissimo o nullo contenuto di carbonio, come le energie rinnovabili o i combustibili fossili con CCS, le misure sul lato della domanda e il miglioramento dell’efficienza, la riduzione delle emissioni non CO2 e l’impiego di metodi di rimozione del biossido di carbonio (CDR) per controbilanciare le emissioni residue di gas serra”.