Prima pagina » Cronaca » M come Meloni, la figlia del secolo

M come Meloni, la figlia del secolo

M è brava, anzi bravissima. M come Machiavelli, capace di gestire al meglio l’involuzione inarrestabile del pensiero politico, morale e naturale della nostra società

Mussolini_Meloni

Mussolini_Meloni

Alla precisa distanza di un secolo dalla nascita del Governo Fascista (31 Ottobre 1922), più precisamente il 22 Ottobre 2022, Giorgia Meloni diventava Premier della nostra Italia.

La fine della Destra italiana

Nessuno in quel momento, sia l’entusiasta popolo della Destra, sia il livoroso arcipelago di isole della Sinistra, (non più abituati agli scranni riservati all’Opposizione e troppo spesso al Governo senza dover vincere democratiche elezioni), aveva capito che ci trovavamo di fronte alla fine della Destra Italiana, almeno per come l’avevamo sempre conosciuta e immaginata.

Mentre i guitti della Sinistra, ormai poco radical e molto chic, si affannavano ad allertare la popolazione tutta sui pericoli di svolte anti democratiche determinati dall’ex missina della Garbatella al Governo e, in ogni dove, riesumavano con pratiche esorcistiche busti mussoliniani, saluti romani, croci celtiche ed uncinate, Giorgia Meloni, detentrice anch’ella del fattore EMME, con sagacia e con naturalezza provvedeva sua sponte a mettere in soffitta (tanto buia quanto poco accessibile), nel baule più impolverato e inaccessibile dei ricordi, l’intera storia della Destra Italiana e con essa l’ideale stesso su cui si era forgiata, alimentata e a volte anche avvelenata.

Brava, anzi bravissima, è lei la Regina incontrastata dell’Italia repubblicana del terzo millennio. Sacerdotessa della realpolitik, capace di assumere atteggiamenti e comportamenti all’insegna del pragmatismo più radicale al servizio degli immediati interessi dell’azione politica, anche in modo cinico e opportunistico.

Machiavellica Giorgia

Un comportamento, nella sua azione politica, sempre sul filo, in bilico tra la rinuncia ai propri ideali e l’ambiziosa determinazione nel trarre la massima utilità dalle situazioni e dalle opportunità dettate dal momento.  Cavallo di razza (“cavalla” suonerebbe obiettivamente irriguardoso seppur realizzando la parità di genere) dello scacchiere internazionale, è comunque disposta a trainare la diligenza del potere anche nelle file di retrovia.

Scaltramente mansueta nel ricevere languidi baci o tenere carezze dal cocchiere di turno ( si chiami esso Biden o Trump). Così come è capace nel fare percorsi (quasi) netti superando brillantemente gli ostacoli che i burocrati di una appassita Europa le frappongono. E contemporaneamente, esibirsi in un “dressage” perfetto agli occhi compiaciuti della emergente (ormai invero del tutto “emersa”) tecno-plutocrazia mondiale guidata dal contraddittorio post elettrico Mister X e dal suo biondissimo e divinato “Apprentice”.

In Italia poi, M, scorrazza al gran galoppo, non curante degli steccati di cartapesta che i suoi avversari, gli ormai nostalgici sinistrorsi, ogni giorno si affannano ad alzare tanto inutilmente quanto cocciutamente, dovendo attingere oltre ogni limite a tutti i residuati del Potere (Magistratura e Media) ereditati nel tempo grazie al grave errore di spartizione commesso dalla defunta Democrazia Cristiana.

Brava, bravissima M

Certo che M, per essere brava è brava, anzi bravissima. Così attenta a non cadere nelle tagliole predisposte dai suoi stessi alleati, così accorta nel tenere nella giusta considerazione gli avvertimenti della lussuosa carrozza berlusconiana che aveva invece travolto in passato il suo vecchio anfitrione Gianfranco Fini determinandone la propria fine politica. Così prodiga nel concedere un parcheggio sicuro al “carroccio” salviniano, appena sufficiente per non farlo finire in sosta vietata e non essere rimosso forzatamente dal “Piazzale della Politica”.

Ebbene sì, M è brava, anzi bravissima. M come Machiavelli, capace di gestire al meglio l’involuzione inarrestabile del pensiero politico, morale e naturale della nostra Società, a tutto favore delle èlite finanziarie e tecnologiche.

M ha dimostrato in più occasioni che l’unica dottrina politica vincente è quella che ti consente di governare la realtà, accettandone lo stato fattuale. Non conta determinare la Storia attraverso l’affermazione di un ideale; ciò che conta è governarla accettando i dogmi di chiunque ti consenta di rimanere a capo della mandria.

Il real-governismo della Meloni

Ecco che ogni cosa, se pur non condivisibile, diventa “accettabile” fin quando proviene da un tuo “Sponsor”. Che sia geniale lungimiranza o bieco opportunismo, quella applicata da M è una pratica di “real-governismo” che non riguarda solo i massimi sistemi o le questioni internazionali, bensì si estende alla quotidianità delle “spicce” questioni nostrane.

Dalla sempiterna tutela spropositata ai gruppi bancari (a scapito però del cittadino sempre più incolpevolmente “imbuffato”) alla ritrovata “armonia” con le lobbies dell’immobiliare su cui far affluire nuova linfa tramite continue e incontrollate “super” trasfusioni. Dall’attuazione sistematica di logiche spartitorie “familistiche” in barba al disprezzato amichettismo ( termine coniato espressamente per rappresentare un male tipico della Sinistra), alla chiusura di entrambi gli occhi sulle gestioni aziendali di qualche socio di partito (leggi Ministro Santanchè) forse perché abbagliati da sbrilluccicanti centrotavola natalizi.

Eppure è non senza ammirazione che osserviamo l’azione di M. Così capace, così determinata, così vincente. Con grande plauso osserviamo tale fulgido esempio di “leader” sempre al passo con i nostri tempi.

La fine di un’epoca della politica

Con tristezza e con un certo disagio però registriamo la fine di un’epoca della politica, quella orgogliosa dei propri simboli, della propria storia e dei successi ottenuti con immane sacrificio (anche di vite umane). Ma ancor più fiera delle sconfitte subite con l’onore di colei che mai aveva abiurato alle proprie ideologie, quindi a se stessa.

A noi romantici, ancora “accecati” dallo sturm und drang delle nostre idee, non resta forse che il ruolo di spettatori obbligati. Comparse in un’era priva di sogni realizzabili, schiava invece di regimi in cui non è possibile riconoscersi neanche per la parte peggiore di noi stessi. Noi che ancora rifiutiamo ( e sempre rifiuteremo) di pronunciare la “galileiana abiura” e che mai sapremo partecipare alla spartizione di prebende ed incarichi che altri con facilità acquisiscono da sempre senza meriti né competenze. A noi, per cui “… l’America è lontana, dall’altra parte della luna…”

P.S. Pensare a un uomo, in carcere per una pena iniqua per quanto giudizialmente lecita, è una ferita che brucia. Parafrasando Wiesenthal, sarò il suo compagno di cella. E tutto ciò che faranno a lui lo avranno fatto anche a me. (Dedicato a Gianni Alemanno).