M5S, Di Maio in peggio dopo l’esito del voto su Rousseau
Gli iscritti sconfessano la linea del capo politico imponendo la corsa alle Regionali. MoVimento in rivolta, c’è chi chiede la testa di Giggino
Un paio d’anni fa, tra i meme che maggiormente impazzavano sui social vi erano quelli che ritraevano l’allora allenatore del Milan, Vincenzo Montella, puntualmente e paradossalmente colto a sorridere dopo ogni sconfitta della propria squadra. Ci è tornato in mente perché in questi giorni c’è un corregionale dell’Aeroplanino che si comporta in modo molto simile, sfoggiando un sorrisino simil-paretico che però non ha alcuna ragion d’essere.
Ci riferiamo al capo politico grillino Luigi Di Maio, le cui uscite pubbliche ricordano a volte Alì il Comico (al secolo, Mohammed Said al-Sahaf), l’ex Ministro dell’Informazione di Saddam Hussein che farneticava della sconfitta delle truppe U.S.A. mentre i carri armati americani entravano a Baghdad. Giggino era reduce dall’umiliazione subita dagli iscritti a Rousseau che, in sequenza, prima hanno snobbato la consultazione da lui voluta in fretta e furia (alla fine i votanti sono stati circa un quarto del totale), e poi hanno addirittura sconfessato, con percentuali inoppugnabili (il 70,6%) la sua linea politica sulle Regionali di gennaio in Emilia-Romagna e Calabria.
A nulla è valso (anzi, magari è stato controproducente) il tentativo di confondere le acque con una formulazione del quesito a dir poco contorta, in cui per dire “No” bisognava votare “Sì” e viceversa: “Vuoi che il MoVimento 5 Stelle osservi una pausa elettorale fino a marzo per preparare gli Stati Generali ed evitando di partecipare alle elezioni di gennaio in Emilia Romagna e Calabria?” (Sulla sintassi stendiamo un velo pietoso).
La débâcle ha definitivamente abbattuto le dighe del malcontento, che hanno travolto soprattutto lo status del leader M5S come uomo solo al comando, messo ormai apertamente in discussione anche da alcuni maggiorenti del MoVimento. Come la deputata Roberta Lombardi (tradizionalmente critica col Ministro degli Esteri), per cui «il ruolo del Capo politico singolo ha fallito», o il presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, che ha affermato «la necessità di gestire il Movimento in maniera più collegiale e plurale»; mentre la vicepresidente del Senato Paola Taverna si è limitata a un più sobrio – e originalissimo: «Houston, abbiamo un problema».
In effetti, sorrisi di circostanza a parte, è proprio contro i notabili pentastellati che si è scatenata la furia del titolare della Farnesina: «Incredibile. Gli altri big del MoVimento, da Taverna a Fico, mi hanno lasciato solo. Anche loro. Siccome era troppo impopolare dire quello che pensano tutti nessuno ha avuto il coraggio di uscire pubblicamente» ha urlato uscendo dal CdM.
Grida che facevano da contraltare al silenzio assordante di Beppe Grillo, pure evocato più volte dal capo della diplomazia italiana per giustificare la prospettiva di non presentarsi alle Regionali. Il Garante non si è espresso, ma alcuni rumours lo hanno descritto come stanco e infuriato per il calo dei consensi e le posizioni poco chiare assunte dai vertici Cinque Stelle, e consapevole che «così finisce male».
Sono soprattutto le mosse del Fondatore a essere attese, mentre si rincorrono le voci su una possibile estromissione di Giggino dalla leadership del partito a vantaggio di Paola Taverna, che assumerebbe la reggenza. E così, Di Maio in peggio, l'ex vicepremier potrebbe ritrovarsi come il monello de I Miserabili Gavroche, finito col naso nel rigagnolo per colpa di Rousseau. Era un altro Rousseau, ça va sans dire. Ma questo magari non glielo diciamo.