Made in Italy: la leggenda e la realtà industriale. Una legge non basta
Il futuro del Made in Italy dipenderà dalla capacità di innovarsi mantenendo inalterata la qualità che ha fatto innamorare il mondo dell’italianità
Il marchio “Made in Italy” evoca immagini di artigianato meticoloso, design di alta classe e una qualità senza compromessi. Famoso in tutto il mondo per settori come la moda, l’automobile e l’alimentare, il sigillo italiano è sinonimo di eccellenza. Tuttavia, la realtà oggi è più sfaccettata e meno idilliaca e solleva interrogativi sulla veridicità delle etichette e sulla reale provenienza dei prodotti.
In un’era di globalizzazione accelerata e di pressioni economiche crescenti, molti produttori italiani si sono trovati costretti a delegare parte della produzione all’estero, pur mantenendo in Italia fasi cruciali come il design e il controllo finale della qualità. Questo ha portato a una diluizione del concetto di “Made in Italy”, che ora spesso indica più un marchio di stile che non un vero e proprio attestato di provenienza.
La Legge sul Made in Italy non basta
Il decreto legislativo n. 135 del 2009, meglio conosciuto come la “normativa Made in Italy”, impone che per apporre la marcatura “Made in Italy” su un prodotto, la parte sostanziale della sua manifattura debba essere eseguita sul suolo italiano. Ma cosa significa “parte sostanziale”? E come viene verificata questa condizione? Le ambiguità legislative e le difficoltà nei controlli rendono queste domande particolarmente insidiose.
Il caso della moda
Nel settore della moda, ad esempio, capi d’abbigliamento possono essere etichettati come Made in Italy anche se tagliati e in parte cuciti in Paesi dove la manodopera costa meno. Spesso, le operazioni finali di assemblaggio, finitura e controllo qualità avvengono in Italia, permettendo così di apporre l’etichetta desiderata. Questo processo, noto come “outsourcing”, solleva però dubbi sulla genuinità del marchio.
L’alimentare e l’agricoltura
Nel settore alimentare, la situazione è comunque complessa. Ingredienti provenienti da tutto il mondo vengono trasformati in prodotti “italiani” solo nella fase finale. Questo è particolarmente vero per prodotti come olio d’oliva e conserve, dove le materie prime possono non essere autoctone ma il processo produttivo segue le tradizioni italiane.
Creatività vs commercializzazione
Nonostante le criticità, la creatività italiana continua a essere un faro di innovazione e maestria. Designer e artigiani italiani sono maestri nel trasformare materiali comuni in opere di alto valore aggiunto, mantenendo viva una reputazione di eccellenza estetica e funzionale. La sfida sta nel bilanciare questa eredità con le esigenze di un mercato globale sempre più competitivo.
Il “Made in Italy” rimane un pilastro dell’identità italiana nel mondo. Ma per proteggere la fiducia dei consumatori e l’integrità di questo marchio prestigioso, è essenziale una maggiore trasparenza e rigorosi controlli sulla catena di produzione. Solo così si potrà garantire che il valore attribuito al “Made in Italy” sia non solo percepito, ma anche profondamente radicato nella realtà dei fatti.
Il futuro del “Made in Italy” dipenderà dalla capacità di innovarsi mantenendo inalterati gli standard di qualità che hanno fatto innamorare il mondo dell’italianità, in una danza sempre più complicata tra globalizzazione e tradizione.