Mafia Capitale 19 mesi dopo: tra degrado politico e collusioni
Insomma siamo arrivati alla mercificazione legale dell’essere umano
A Roma puoi lasciarti trasportare e sentire il fluire della storia quella grandiosa, puoi riempirti ammirando opere d’arte uniche al mondo, l’essenza dell’idea di bellezza. Un passato che forse non tornerà mai più e un presente sicuramente indegno, tra degrado politico e collusioni malavitose. È palese lo stretto legame consolidato tra le mafie, la politica, la pubblica amministrazione, l’imprenditoria e il terzo settore. Una ragnatela talmente fitta e radicata, da rendere difficile un’analisi completa del fenomeno.
Corruzione, estorsione, traffico di droga e prostituzione procurano il cosiddetto capitale alle famiglie mafiose, le quali in cerca di nuovi territori da conquistare, sbarcano ormai da alcuni decenni, nelle più importanti città italiane. La spartizione di intere regioni da parte delle varie mafie evita contrasti tra loro, ma soprattutto rende il fenomeno mafioso delocalizzato rispetto ai luoghi d’origine: oggi si può tranquillamente affermare che l’Italia intera è sottoposta al controllo delle organizzazioni criminali. A Roma poi bisogna aggiungere la presenza di varie famiglie Rom che hanno l’egemonia su interi quartieri e in provincia.
Una mafia decisamente più colta, più evoluta che si rivolge al politico utile di turno non più o non solo con le minacce, ma in modo più subdolo: attraverso la tentazione dell’anima, paventando denaro, successo, potere. E in una società in cui questi sono diventati valori essenziali per “essere”, è molto semplice cadere. Il politico accetta dunque di favorire nelle gare d’appalto quelle società spesso fittizie e dirette da prestanomi, senza sentirsi psicologicamente costretto. Spesso poi il contorno che fa da sfondo a questo rapporto, lusinga: cene sfarzose, conoscenze importanti, donne disponibili, alcool e droga. Si agisce in nome di una storia vecchia quanto l’uomo e cioè in nome di tutte le debolezze dell’essere umano e una volta dentro è impossibile uscirne.
Ma il gioco della corruzione in questi ultimi anni, è andato ancora più avanti, insinuandosi perfino tra le maglie della pubblica amministrazione, nella logica che ovunque c’è qualcosa da prendere. E così anche posti di lavoro per persone segnalate dalle stesse famiglie mafiose diventano punti strategici di controllo, facendo forza sul vincolo della parentela o, ancor di più, della gratitudine. Comprando l’anima della politica ed immettendo nell’apparato amministrativo persone che in qualsiasi momento si riveleranno fedeli, le organizzazioni malavitose hanno in mano la gestione del nucleo portante di una struttura statale. Laddove lo Stato si rivela mancante, le mafie tessono le loro trame, s’insinuano e addirittura appaiono come risolutive per tante problematiche inascoltate.
Investire i capitali illeciti resta il passaggio più semplice: riciclare in attività commerciali o edili, in immobili, in operazioni finanziarie con l’ausilio di schiere di imprenditori, commercialisti, avvocati ricoperti di denaro, rappresenta l’ultimo anello di questa catena indissolubile. In un periodo di forte stagnazione, con un tasso di disoccupazione importante, il riciclaggio di fondi illegali crea opportunità di lavoro e questo rende accettabile qualunque cosa ci sia dietro un’impresa o un’attività commerciale.
La necessità di occupazione rende l’opinione pubblica più disponibile ad accogliere determinate logiche e spegne la curiosità di chiedere e la determinazione ad indignarsi. In un mondo in cui ognuno di noi ha un valore economico computato secondo tante variabili, l’ennesima frontiera varcata da questo sistema è il terzo settore: il settore dei servizi, dell’assistenza, della solidarietà, guarda caso il settore dove lo Stato, in pieno clima di restrizioni, è carente. Ed ecco allora che, mentre gli schieramenti politici gettano fumo negli occhi dell’opinione pubblica ponendo l’attenzione sul problema di fermare o meno gli sbarchi di migliaia di profughi facendone un discorso ideologico, le organizzazioni malavitose allacciano rapporti sempre più stretti con le cooperative che si occupano di accoglienza spartendosi, con il sostegno di quello stesso mondo politico, denaro pubblico e fondi dell’Unione europea.
Insomma siamo arrivati alla mercificazione legale dell’essere umano. Il convincimento che il nostro sistema funzioni con certe regole dove corruzione ed illegalità sono elementi impliciti nel fare politica e nell’amministrare la cosa pubblica, la rassegnazione che determinati comportamenti non avranno mai fine perché insiti nell’essenza del potere, creano quel terreno fertile dove le mafie e i disonesti agiscono indisturbatamente, all’ombra di una tacita abulia generale. In fondo l’assopimento delle coscienze, la distrazione delle menti è il dramma dei nostri tempi, che ci fa illudere di essere liberi, ci riempie di niente e ci fa sentire mai abbastanza decisivi per cambiare le cose e vivere quella libertà.