Manifattura romana in crisi: scomparse 4.000 imprese e 8.000 posti di lavoro in cinque anni
A denunciare la situazione è Andrea Rotondo, presidente di Confartigianato Roma, che parla apertamente di una “vera e propria emergenza”
Il settore manifatturiero di Roma e del Lazio sta vivendo una delle crisi più pesanti degli ultimi decenni. Una realtà produttiva che si sta progressivamente sgretolando, tra la concorrenza delle importazioni, l’assenza di politiche industriali mirate e il peso di una burocrazia spesso insostenibile.
I numeri, appena diffusi da Unioncamere, sono allarmanti: in cinque anni il comparto ha perso il 20% delle imprese, passando dalle 18.812 del 2019 alle 14.754 di oggi. Quattromila aziende scomparse, insieme a 8.000 posti di lavoro.
A denunciare la situazione è Andrea Rotondo, presidente di Confartigianato Roma, che parla apertamente di una “vera e propria emergenza”. La capitale, sempre più, si sta trasformando in un mercato per le produzioni provenienti da altre regioni e paesi, anziché essere un motore produttivo autonomo.
Un settore in declino: la manifattura pesa sempre meno nell’economia romana
Oltre alla drastica riduzione del numero di aziende, i dati mostrano un altro fenomeno preoccupante: il peso della manifattura sull’economia romana si sta riducendo sempre di più.
Se nel 2019 il comparto rappresentava il 5,1% delle imprese della Capitale, oggi è sceso al 4,1%. Un dato che pone Roma in forte svantaggio rispetto ad altre grandi città italiane, come Milano, Napoli e Palermo, dove il settore manifatturiero continua a rappresentare quasi il doppio in termini percentuali.
Questo ridimensionamento della produzione locale non solo svuota di valore il tessuto economico romano, ma rende la città sempre più dipendente dalle importazioni per la fornitura di beni e servizi, con effetti negativi sulla competitività e sull’occupazione.
Quali settori stanno soffrendo di più?
La crisi non ha colpito tutti i comparti in modo uniforme, ma ha affondato le radici soprattutto in alcuni settori storici della manifattura romana.
I settori più in difficoltà
- Articoli in pelle: -40% di imprese (da 275 a 165).
- Elettronica: -39% (da 645 a 395).
- Tessile: -33% (da 254 a 170).
- Lavorazione del ferro: -21% (da 2.794 a 2.204).
- Legno: -31% (da 1.842 a 872).
- Confezione di abbigliamento: -31% (da 1.842 a 1.263).
- Fabbricazione di mobili: -26% (da 556 a 406).
- Lavorazione del marmo: -19,9% (da 882 a 706).
- Imprese alimentari: -10,5% (da 2.256 a 2.019).
L’unico settore in controtendenza è quello delle industrie delle bevande, che registrano una crescita del 9%, passando da 88 a 96 imprese.
Le cause della crisi: concorrenza esterna e assenza di politiche industriali
Il problema non è solo il declino strutturale della manifattura, ma anche la mancanza di strategie di rilancio e protezione del settore da parte delle istituzioni locali.
Un caso emblematico è stato il periodo del Superbonus 110%, che ha rappresentato un’opportunità per molti settori legati all’edilizia, come infissi, serramenti e carpenteria metallica. Eppure, come denuncia Confartigianato, quasi tutti questi prodotti sono stati acquistati fuori dal Lazio, a dimostrazione del fatto che le imprese locali non sono state messe nelle condizioni di beneficiare di questa occasione.
Il risultato? Mentre le aziende del Nord Italia hanno visto crescere gli ordinativi, le imprese romane e laziali hanno continuato a chiudere.
Confartigianato: “Serve un piano di rilancio urgente”
Di fronte a questo scenario preoccupante, Confartigianato Roma chiede interventi concreti e immediati da parte di Regione e Comune, affinché si avvii un vero piano di risanamento e sviluppo per le aree produttive della Capitale.
Tra le misure più urgenti richieste dagli imprenditori:
Valorizzazione delle aree industriali: serve un piano di sviluppo per rendere le zone produttive più attrattive per le aziende, anche attraverso infrastrutture adeguate.
Riduzione della burocrazia: troppe imprese chiudono o rinunciano a investire perché le procedure amministrative sono eccessivamente complesse e lente.
Abbassamento della pressione fiscale: per permettere alle aziende romane di competere con le realtà di altre regioni e di attrarre nuovi investimenti.
Incentivi per la produzione locale: per evitare che Roma diventi sempre più un mercato di prodotti provenienti da fuori, anziché un centro di produzione autonoma.
Senza interventi, il rischio è un’ulteriore desertificazione produttiva
Se il trend attuale non verrà invertito, Roma rischia di perdere definitivamente il suo settore manifatturiero, con conseguenze drammatiche sul piano economico e occupazionale.
La Capitale non può continuare a essere solo una città di servizi e turismo: senza una base produttiva solida, il rischio è quello di una dipendenza totale dalle importazioni e di una progressiva perdita di posti di lavoro qualificati.