Manovra: “Alla UE si sono offesi”. Grazie Prodi, che ce lo spieghi…
L’ex premier va in tv dalla Annunziata e sciorina la sua versione: colpa del governo che non è “saggio”
Ve lo ricordate pure voi, il Prof. Romano Prodi ai tempi dell’Ulivo? Andava in tv e usava toni pacati, suadenti, cardinalizi. Il messaggio destinato agli italiani era quello tipico del centrosinistra di derivazione democristiana: “State buoni e lasciateci fare”. Sottinteso: perché noi sappiamo come, e voi no.
Adesso, durante la puntata di ieri di “1/2 ora in più, la trasmissione di quell’altra “migrante della politica” che è Lucia Annunziata (l’ennesima che è nata incendiaria ed è finita pompiera: bye bye compagni, but now I like USA), l’ex presidente del Consiglio ci spiega che il vero problema con la Commissione UE non sono tanto i numeri della Manovra quanto i toni. Detto alla romana, e non alla Romano, se so’ incazzati.
Come mai? Ma è chiaro, santissimo Iddio. Si sono indispettiti (detto alla Romano e non alla romana) perché il governo Conte-Salvini-DiMaio non si è mostrato collaborativo e rispettoso. Perché, sintetizza Prodi, “dire non cambiamo una virgola della manovra è una provocazione, non è saggezza”. A Renzi e Gentiloni, infatti, sono stati concessi 30 miliardi di flessibilità “perché allora si era trattato, stavolta si è minacciato”.
Manovra e non solo: inchinatevi alla Commissione UE
La lezioncina è proseguita così: “Gli insulti non sono tollerabili in politica. Serve coerenza: la politica deve dare un messaggio che viene capito, questa è la saggezza. Non siamo in rapporti di normalità perché ogni giorno ci sorprende una dichiarazione”.
A Romà (detto alla romana): ma che, fai finta de nun capì?!
La semplicissima, e terrificante, verità è tutt’altra: è che se stai a cuccia e assecondi i piani di Juncker & Partners loro ti gettano, ogni tanto, un osso da rosicchiare. Se invece ti metti di traverso, e vuoi seguire altre strade, allora non ti danno scampo: prima gli avvertimenti, poi le mazzate.
Quello che davvero “ci chiede l’Europa” non è di mettere a posto i conti pubblici. Ma di utilizzare il debito, aumentato a dismisura nei bei decenni dei governi più o meno centristi, per spazzare via i diritti sociali faticosamente conquistati in passato. Dalla tutela del lavoro dipendente alle pensioni, come sta già succedendo. E dalla sanità alla scuola, come succederà in futuro.
Parafrasando uno slogan sessantottino (te ricorda niente, Annunzià?!) hanno in mente un deserto e lo chiamano pareggio di bilancio.