Mario Tozzi: “Le alluvioni sono il segno di una crisi ambientale legata all’azione umana”
Mario Tozzi è chiaro: il rischio alluvioni è in tutta Italia e per prevenire ulteriori disastri, è necessario ridare spazio alla natura
Le alluvioni che hanno recentemente colpito l’Emilia-Romagna, insieme ad altre aree d’Italia, sono il segno di una crisi ambientale profondamente legata all’azione umana, come sottolinea il geologo e divulgatore Mario Tozzi. Questi eventi non sono solo il risultato del cambiamento climatico, ma sono aggravati dall’eccessiva urbanizzazione e cementificazione, che ha trasformato il nostro territorio in una trappola per l’acqua.
Le alluvioni in Emilia-Romagna
L’Emilia-Romagna è stata la più colpita nelle ultime settimane, con interi comuni devastati dalle piogge torrenziali che hanno causato l’esondazione di molti fiumi. Le città di Faenza, Ravenna e Forlì sono state sommerse dall’acqua, con migliaia di abitazioni allagate, infrastrutture distrutte e una forte perdita di vite umane. Il quartiere Romiti di Forlì, ad esempio, è diventato un simbolo della distruzione, con molte persone che hanno perso tutto, mentre le istituzioni e i soccorritori si trovavano a fronteggiare un disastro di proporzioni immani.
Le parole di Mario Tozzi risuonano con forza in questo contesto: l’uomo ha costretto i fiumi dentro argini artificiali, costruendo su territori naturali che avrebbero dovuto essere riservati all’acqua. In Italia ci sono circa 12.000 chilometri di corsi d’acqua che sono stati seppelliti sotto strati di asfalto e cemento. Quando si verificano piogge eccezionali, come quelle di queste settimane, l’acqua non ha più dove defluire e inizia a distruggere tutto ciò che incontra sul suo cammino.
Tozzi sottolinea che la cementificazione, l’urbanizzazione incontrollata e la mancanza di una corretta pianificazione territoriale sono tra i principali fattori che hanno aggravato la situazione. Ad esempio, il geologo ricorda che le cosiddette “bombe d’acqua” — anche se il termine è improprio — sono eventi estremi che ormai non sono più così rari. Fenomeni simili sono già stati osservati negli ultimi decenni, come la catastrofe in Versilia nel 1996, ma il problema si è intensificato con l’aumento delle emissioni di gas serra e il riscaldamento globale.
La furia dell’acqua intrappolata
Un aspetto cruciale delle riflessioni di Tozzi riguarda il modo in cui abbiamo gestito i corsi d’acqua: fiumi che una volta si potevano espandere nelle loro piane naturali sono stati incanalati, coperti o sbarrati. Questa pratica, diffusa in tutta Italia, ha ridotto lo spazio che l’acqua aveva per espandersi naturalmente, con il risultato che, in caso di piogge forti, le esondazioni sono diventate inevitabili. “Se togli spazio a un fiume, prima o poi se lo riprende”, afferma il geologo. È esattamente ciò che è successo in Emilia-Romagna: il fiume ha trovato nuovi percorsi distruttivi, travolgendo ogni barriera.
Un altro fattore chiave è stato l’abbandono della manutenzione delle opere idrauliche. Gli investimenti per mantenere efficienti dighe, argini e sistemi di drenaggio sono stati insufficienti. Le bonifiche del passato sono state dimenticate e ora la natura si sta ribellando. Inoltre, l’espansione delle zone industriali e residenziali, spesso a ridosso dei corsi d’acqua, ha contribuito a rendere le inondazioni più pericolose.
Aree a rischio: non solo Emilia-Romagna
Sebbene l’attenzione sia rivolta principalmente all’Emilia-Romagna, la situazione a rischio si estende a tutto il territorio italiano, incluse le zone del Lazio e di Roma. Qui, i fiumi Tevere e Aniene sono costantemente monitorati per il rischio di esondazione, e numerosi quartieri della capitale si trovano in aree potenzialmente pericolose. La fragilità del territorio è tale che eventi meteorologici intensi, sempre più frequenti, potrebbero causare gravi danni anche in queste zone.
Le soluzioni: una nuova pianificazione territoriale
Mario Tozzi è chiaro: per prevenire ulteriori disastri, è necessario ridare spazio alla natura. Questo significa non solo rimuovere edifici e infrastrutture costruite in aree a rischio, ma anche pianificare una nuova gestione del territorio che tenga conto delle dinamiche naturali dei corsi d’acqua. La sfida è enorme, e richiede decisioni politiche coraggiose, soprattutto perché interventi di questo tipo potrebbero scontrarsi con interessi economici e urbanistici radicati.
Ripensare l’urbanizzazione significa anche abbandonare l’idea che nuove infrastrutture possano sempre contenere la furia dell’acqua. L’esperienza dell’Emilia-Romagna dimostra che l’unica via d’uscita sostenibile è quella di ripristinare lo spazio naturale per l’acqua, consentendo ai fiumi di seguire il loro corso senza incontrare ostacoli artificiali.
Un problema che riguarda tutti
Le alluvioni in Italia non sono solo un problema di chi vive nelle zone più colpite, ma un fenomeno che riguarda l’intero Paese. Le fragilità idrogeologiche della nostra penisola sono state evidenziate più volte e, senza interventi mirati, disastri simili a quello dell’Emilia-Romagna si ripeteranno sempre più spesso. L’unica speranza, come conclude Tozzi, è quella di imparare dal passato e agire subito per limitare i danni futuri.